Tornare alla riforma Orlando con termini aggiustati, riesumare il "lodo Conte-bis" di inizio 2020 o tenersi l'improcedibilità, ma calcolata dalla prima udienza del grado d'Appello: sono le proposte più importanti nei 916 emendamenti pentastellati. Il Pd ne mette in campo solo 21: "Non ci mettiamo di traverso". Il principale allunga fino al 2024 i termini superati i quali scatta l'improcedibilità, in Appello e in Cassazione, rispettivamente a tre e due anni
Tornare alla riforma Orlando, ma con termini aggiustati: prescrizione sospesa per due anni dopo la sentenza di primo grado, per un anno dopo l’appello. Oppure riesumare il “lodo Conte-bis”: stop alla prescrizione dopo il primo grado, ma solo se la sentenza è di condanna. O ancora, come extrema ratio, tenersi l’improcedibilità ma facendo scattare il conto alla rovescia dal giorno in cui inizia il processo di secondo o di terzo grado (e non più da quello dell’impugnazione). Ecco, in sintesi, le principali modifiche proposte dal Movimento 5 stelle al testo della riforma Cartabia per scongiurare la mannaia della nuova prescrizione, che fa estinguere il processo dopo due anni in Appello e uno in Cassazione. Tra i 917 emendamenti depositati dal M5s – più della metà del totale – quelli di contenuto “sostanziale” sono 111: i più importanti sono i 19 che intervengono proprio sul meccanismo dell’improcedibilità, con l’obiettivo di approvare la legge neutralizzando quelle “soglie di impunità” evocate dal neo-leader Giuseppe Conte dopo l’incontro con Draghi.
Addio improcedibilità: il ritorno alla prescrizione-Orlando (con aggiustamenti) o al lodo Conte-bis – Due delle proposte puntano ad abolire del tutto la tagliola processuale voluta dalla Guardasigilli. La prima vorrebbe tornare allo schema varato dall’ex ministro Andrea Orlando nel 2017 e superato due anni dopo dalla legge Spazzacorrotti: la prescrizione (del reato) è sospesa per due anni dopo la sentenza di primo grado e per un anno dopo quella d’Appello (la riforma Orlando fissava entrambi i termini a 18 mesi). Una modifica che si vorrebbe far partire dal 1° gennaio 2024: gli effetti, quindi, non si vedrebbero prima di un decennio. La seconda invece ripropone l’accordo di inizio 2020 fra Pd e 5 stelle (il “lodo Conte-bis”, dal deputato di Liberi e uguali Federico Conte), mai trasformato in legge: lo stop alla prescrizione voluto dall’ex Guardasigilli Bonafede vale soltanto per i condannati in primo grado, non per gli assolti. Se l’assoluzione arriva in appello, il tempo di estinzione non conteggiato si “recupera” in modo retroattivo. Nella versione presentata oggi dai 5s, però, c’è un’aggiunta fondamentale: il conto alla rovescia è sospeso anche in caso di assoluzione impugnata, “se almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro un anno” dall’impugnazione stessa. Un modo per scoraggiare i frequenti appelli dilatori proposti al solo scopo di arrivare alla prescrizione.
L’alternativa: far partire la clessidra dalla prima udienza – Se una mediazione di questo tipo non dovesse riuscire, però, è già pronta l’exit strategy. I grillini – come dimostra il terzo emendamento depositato sul tema – sono disposti anche a “ingoiare” l’improcedibilità, a patto di far decorrere il termine non più dall’impugnazione (come prevede il testo del Governo) ma dalla prima udienza del grado d’appello o di Cassazione. Una proposta che Cartabia sarebbe in seria difficoltà a non accogliere: è la stessa partorita dalla commissione Lattanzi che ha elaborato per lei il progetto di riforma, ed è stata pure caldeggiata dai vertici dell’Associazione nazionale magistrati durante le audizioni in Commissione giustizia alla Camera. Lo ha ribadito martedì, ascoltato a Montecitorio, anche il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: i termini previsti da Cartabia per il processo d’Appello “oltre a essere ridottissimi, decorrono dal 90esimo giorno dal deposito della sentenza di primo grado, mentre per la trasmissione del fascicolo in Appello o in Cassazione in genere ci vuole molto più tempo. Quindi il termine per lo svolgimento del giudizio inizia a decorrere quando il giudice non ha ancora il fascicolo“, ha spiegato. Con questo emendamento, invece, eliminando dal conteggio i “tempi morti” necessari perché un fascicolo approdi dai Tribunali alle Corti d’Appello – e da queste alla Cassazione – è probabile che buona parte dei 150mila processi a rischio estinzione potrebbero salvarsi.
Ampliare le “eccezioni” per i reati più gravi – Sempre in tema di improcedibilità, altri emendamenti intervengono sull'”eccezione” già portata a casa dai 5 stelle in Consiglio dei ministri: si propone di ampliare l’elenco dei reati per cui i termini sono allungabili rispettivamente a tre anni (in Appello) e 18 mesi (in Cassazione), di eliminare la discrezionalità attribuita al giudice nell’allungarli e/o di portare la possibilità di allungamento fino a quattro anni (in Appello) e due (in Cassazione). Ancora, i pentastellati vorrebbero escludere l’improcedibilità (e quindi mantenere il blocco della prescrizione dopo il primo grado), oltre che per i reati puniti con l’ergastolo, anche per quelli di cui all’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario: cioè i cosiddetti “reati ostativi” (quasi tutti i reati contro la pubblica amministrazione, ma anche estorsione e rapina aggravata, furto in abitazione, sequestro di persona a scopo estorsivo) per cui sono previsti limiti nell’accesso ai benefici carcerari. E infine, di applicare l’intera riforma (ammesso che un’operazione del genere sia possibile) non più ai reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, ma a partire dal 1° gennaio 2025.
Gli emendamenti del Pd – Solo 21, invece, gli emendamenti presentati dal Partito democratico: “È ridicolo che ci si voglia dipingere come quelli che si mettono di traverso“, provoca il capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli, “vedo che altri partiti che si atteggiano a maestri ne hanno presentati di più”. Il più importante allunga, fino al 31 dicembre 2024, i termini superati i quali scatta l’improcedibilità, in Appello e in Cassazione, rispettivamente a tre e due anni. Altri allargano, a loro volta, il novero dei reati per i quali è possibile l’allungamento a tre anni e a 18 mesi, oppure eliminano del tutto l’elenco, attribuendo al giudice la possibilità di chiedere la deroga per qualsiasi reato nei procedimenti più complessi. Emendamenti che, spiega Bazoli, “introducono una maggiore flessibilità e più discrezionalità per i giudici procedenti. Si tratta di emendamenti con ipotesi alternative tra loro che offriamo come spunto di riflessione”. Altre proposte dem riguardano la messa alla prova e i riti alternativi, “recuperando una serie di proposte uscite dalla Commissione Lattanzi” con lo scopo di deflazionare i carichi degli uffici giudiziari. Alla scadenza del termine delle 18, i subemendamenti presentati dai gruppi parlamentari agli emendamenti del governo sono in totale 1.631: oltre ai 917 dei 5 Stelle, 403 vengono da “L’alternativa c’è” (componente del Misto formata da ex pentastellati), 120 da Forza Italia, 65 da Italia viva, 39 da Fratelli d’Italia, 21 dal Pd e 12 dalla Lega.