La relazione annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto condanna come da attese Ungheria e Polonia – che reagiscono a muso duro – per le leggi che comprimono il pluralismo informativo e l’indipendenza del potere giudiziario. Ma anche l’Italia viene chiamata in causa, al solito, per i processi lumaca e il ritardo nel varare norme su conflitto di interessi, lobbying e porte girevoli tra politica e affari.
Corruzione, libertà dei media e indipendenza della giustizia sono gli ambiti che destano maggiore preoccupazione a Bruxelles. Oltre agli attacchi fisici, alle minacce di morte ad altre forme di intimidazione contro i giornalisti, anche il deterioramento delle condizioni di lavoro in questa categoria è sotto la lente dell’Ue. La relazione denuncia, infatti, un crescente gap tra giornalisti assunti e freelance, e una generalizzata riduzione degli staff nelle redazioni. In Polonia e Ungheria, poi, “la realtà è persino peggiore di quanto suggerisca il rapporto”, ha commentato in una nota l’eurodeputato si S&D, Domenec Ruiz Devesa che ha guidato la valutazione del Parlamento Ue del rapporto sullo Stato di diritto 2020.
Italia – L’indipendenza politica dei media in Italia, secondo l’esecutivo Ue, resta preoccupante (in particolare per il settore audiovisivo), in assenza di una legge efficace che regoli il conflitto di interessi. Nonostante la questione resti centrale nel Paese, i progetti di riforma sono infatti ancora pendenti in Parlamento. E sebbene i principali giornali non siano di proprietà diretta o indiretta di politici o partiti, le linee editoriali riflettono la forte polarizzazione della scena politica. Per questo il focus della Commissione sul pluralismo valuta l’indipendenza politica e l’autonomia editoriale a medio rischio.
Per quanto riguarda il sistema giudiziario italiano, mentre in Italia si infiamma il dibattito politico sulla riforma Cartabia nella relazione si riconosce che la giustizia “continua ad essere oggetto di una serie” di azioni “volte a migliorarne la qualità e l’efficienza, comprese le proposte di legge per lo snellimento delle procedure civili e penali, ancora in discussione in Parlamento”. Ma gli sforzi di contrato alla corruzione sono ancora “ostacolati dai tempi eccessivi dei processi penali”, soprattutto in appello. Processi lumaca e arretrati sono “serie sfide” a cui il Paese deve fare fronte. Per una maggiore efficienza, digitalizzazione e incremento delle risorse sono “particolarmente importanti”. Riguardo al disegno di legge relativo al Consiglio superiore della magistratura e ad altri aspetti del sistema giudiziario “è importante che queste riforme tengano conto delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa“, si augura la Commissione. Come già emerso dalla classifica sulla salute della giustizia nell’Ue pubblicata nelle settimane scorse, infatti, Bruxelles conferma la percezione di una scarsa indipendenza della giustizia dalla politica.
Sulla corruzione, “sebbene l’Italia continui a rafforzare il quadro legislativo” rimangono da approvare norme sul conflitto di interesse, il lobbying e le porte girevoli. In questo contesto, la pandemia ha aumentato significativamente il rischio che la corruzione e i crimini legati al fenomeno possano infiltrarsi ulteriormente nell’economia legale italiana.
Polonia – Con meno sorpresa arrivano le informazioni sul deterioramento dello Stato di diritto in Ungheria e Polonia, al centro delle preoccupazioni europee già da tempo. Dalle rilevazioni della Commissione, sul tema della libertà e del pluralismo dei media il governo polacco “dovrebbe adottare una legislazione per recepire la direttiva sui servizi di media audiovisivi per rafforzare l’indipendenza dei regolatori dei media”. La Commissione ha anche espresso preoccupazioni per l’ambiente giornalistico che dal 2020 subisce procedimenti giudiziari intimidatori, con la scarsa capacità di proteggere i giornalisti da azioni violente durante le proteste, “anche da parte delle forze di polizia”. Se il mercato dei media polacco è stato finora considerato diversificato, si temono adesso “impatti negativi” dall’acquisizione di Polska Press da parte della società statale Orlen. Transazione approvata dal garante della concorrenza, ma impugnata dal difensore civico che teme per una restrizione della libertà di stampa. Per quanto riguarda le libertà civili, nel rapporto si legge che “lo spazio della società civile è ancora vivace”, ma è stato ulteriormente colpito da problemi riguardanti i diritti delle donne e dagli attacchi ai gruppi Lgbti. Una procedura accelerata della legislazione continua spesso ad essere applicata anche al di là delle questioni legate alla pandemia, anche per riforme strutturali come quella della magistratura. Le riforme attuate dal 2015 hanno poi aumentato l’influenza dei poteri esecutivo e legislativo sul sistema giudiziario a scapito dell’indipendenza della magistratura e ha portato la Commissione ad avviare la procedura dell’articolo 7 del Tue, che permette di constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori dell’Ue.
Il portavoce del governo di Varsavia, Piotr Muller, su Twitter commenta che “l’Esecutivo analizzerà i documenti presentati dalla Commissione europea”. La Polonia, “come altri Paesi della Ue, sottolinea la necessità di rispettare le disposizioni dei trattati dell’Ue, che definiscono esplicitamente quali competenze sono delegate all’Unione e quali restano di competenza esclusiva dei Paesi”.
Ungheria – Anche nell’Ungheria di Orban “il pluralismo dei media resta a rischio”. La Commissione è preoccupata per l’indipendenza e l’efficacia dell’Autorità per i media, anche alla luce delle decisioni del Consiglio dei media che hanno portato a silenziare la radio indipendente Klubrádió. Anche la pubblicità è finita sotto la lente dell’Ue, dato che “quantità significative” di spazi pubblicitari sono stati acquistati dallo Stato consentendo al governo di esercitare “un’influenza politica diretta sui media”. Nel Paese poi, media e giornalisti indipendenti continuano a dover affrontare ostacoli e intimidazioni, si legge nel relazione. Sull’indipendenza della giustizia, “le nuove regole che consentono la nomina dei membri della Corte Costituzionale alla Corte Suprema (Kúria) al di fuori della normale procedura” sono entrate in funzione e hanno consentito l’elezione del nuovo presidente della Corte, nonostante un parere negativo del Consiglio giudiziario nazionale. In definitiva, la raccomandazione di rafforzare l’indipendenza della magistratura formulata nel contesto del semestre europeo, è rimasta irrisolta. Come anche la questione del finanziamento dei partiti politici. Sulla corruzione, la strategia messa in atto dal governo rimane limitata. Lobbysmo, clientelismo, nepotismo e il rischio di “porte girevoli” sono ancora riscontrabili nella pubblica amministrazione di alto livello. La relazione denuncia, dunque, “la mancanza di controlli sistematici e insufficiente supervisione”.
La ministra della Giustizia ungherese, Judit Varga, ha replicato con un post su Facebook e su Twitter in cui afferma che “il verdetto dell’ultimo rapporto è stato dato prima ancora di scrivere. La relazione riecheggia le critiche di quelle Ong contro l’Ungheria”. Quindi, per Varga, “Bruxelles usa un chiaro doppio standard contro” Budapest e il documento viene usato come uno “strumento di estorsione“.