Alcuni anni fa, dopo la maturità classica, come fatto da migliaia di ragazzi europei, partii per un interrail. Non c’era ancora l’euro, né internet, né navigatori: avevo uno zaino pesante e zavorrato da una cartina dei treni, annuario degli ostelli, qualche Traveller’s Cheque, taralli pugliesi, una raccolta degli U2 in musicassetta e tanta voglia di avventura. Un mese tra vagoni, pub, musei e milioni di risate: semplici e indimenticabili.
Oggi leggo di un certo stupore in Italia circa la compilazione del Passenger Locator Form (PLF) per arrivare in Grecia. Addirittura si stilano guide per la compilazione di quel foglio o mappe per districarsi nei mendri della burocrazia pre-partenza. Nessuna giungla, davvero. Andare in Grecia è molto semplice, per chi ha la pazienza di leggere tre righe: segnalo che è il PLF attivo dall’estate dello scorso anno e la notizia è pubblica su tutti i siti, italiani e non, compreso quello della nostra Ambasciata ad Atene.
Possibile che nell’era della iper digitalizzazione, dove per ogni microscopico quesito c’è chi si rivolge al cellulare anziché alzare la testa e farsi venire un’idea, nessuno dico nessuno sia sia preoccupato di leggere le disposizioni necessarie prima di partire?
Sbagliato e controproducente trovare appigli o giustificazioni, non è l’emergenza Covid ad aver fatto confusione o ad aver generato dubbi di sorta. E’ semplicemente la sindrome del “tutto pronto e subito”, è quella malattia che sta cambiando il dna di grandi e piccoli, tutti proni con la testa all’ingiù nell’usare in modo errato la tecnologia.
Il problema però non è lo strumento elettronico, ma l’uso che se ne fa e che, in molti casi, annebbia i riflessi, foraggia una certa pigrizia, elimina lo scatto di reni con cui capire al volo dinamiche e con cui “leggere” le situazioni da affrontare. E’ questa la nuova malattia dei tempi moderni che, senza retorica, non riguarda solo ragazzi e ragazze.
Anni fa, portando a spasso in Grecia un amico italiano, conversavamo di terme nell’antichità. Lui sosteneva che i greci non conoscessero le terme e, rispondendo alla mia contrarietà, si spellava le mani cercandone in rete le prove. Allora lo condussi a Dyon, villaggio ai piedi dell’Olimpo da dove Alessandro Magno partiva per le sue battaglie. Prima di imbracciare armi e armature, Alessandro si preoccupava di far trascorrere al suo esercito alcuni giorni di pieni piaceri: spettacoli teatrali, divertimento, cene abbondanti, intriganti compagnie e relax in terme primordiali. Erano fatte da blocchi di massi incandescenti poggiati sotto un pavimento da cui risalivano i fumi.
Un piccolo esempio per ribadire che l’autodeterminazione del singolo individuo, la percezione reale di fatti e circostanze, la capacità della carne e della mente di adeguarsi ai tratturi non può essere così svilita, come sempre più accade, sull’altare dell’apatia o di una stantìa prostrazione al mezzo meccanico. Che, per intenderci, non va demonizzato ma usato al meglio.
@FDepalo