Il componente del Cts entra nella polemica sulle immunizzazioni e lancia il paragone con l'evasione fiscale. E nello stesso giorno gli economisti Boeri e Perotti propongono di far pagare ai no-vax il costo sociale della loro scelta
“I no vax non vanno capiti. Sono come gli evasori fiscali: pretendono che gli altri paghino per qualcosa di cui loro poi beneficiano. Il non vaccinarsi è un’evasione“. E’ quanto ha detto Sergio Abrignani, docente di Immunologia all’Università Statale di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts). Nel pieno della polemica che spacca anche la maggioranza di governo, con il leader della Lega Matteo Salvini che continua a strizzare l’occhio agli scettici, per Abrignani è necessario “far vaccinare il più in fretta possibile il più alto numero di persone in tutte le fasce sociali”. Poi – dice – “c’è la realtà con i no vax, la politica, le mediazioni. Ma da un ricercatore ci si può aspettare solo una risposta: vacciniamo tutti il più in fretta possibile”. Soprattutto a fronte di quanto sta succedendo in Gran Bretagna: “La letalità di questa forma di Covid, quando si diffonde in una popolazione ampiamente vaccinata, con la maggior parte della popolazione over-60 vaccinata, diventa comparabile a quella dell’influenza“. Parlando di quanto sta avvenendo nel Regno Unito, Abrignani aggiunge: “A febbraio di quest’anno la letalità era del 2%. Ora ogni mille infettati ne muoiono uno o due, siamo al livello dell’influenza”.
“Non si deve pensare che tutto sia finito ma invece correre a vaccinarsi se non lo abbiamo ancora fatto ed essere accorti nei comportamenti e nel programmare le nostre vacanze per non esporci al rischio di ritrovarsi in situazioni difficili da gestire” è il monito di Abrignani. “L’esperienza di Paesi dove la variante Delta ha preso a diffondersi un mese prima dell’Italia ci indica che il Covid potrebbe essere declassato a un’influenza con un semplice gesto. Se tutta la popolazione si sbrigasse a vaccinarsi il rischio di piangere altri morti diventerebbe insignificante”, sottolinea. “Sono sempre 2,4 milioni gli over 60 scoperti, il 15%. Sono un grande problema” spiega l’immunologo, favorevole all’obbligo vaccinale, ma ”ci vorrebbe una legge ad hoc che porterebbe con sé polemiche infinite. Invece serve compattezza. Ecco allora che una forma di obbligo indiretto come lo strumento della certificazione verde appare un buon compromesso”.
Sulla stessa linea anche il professor Massimo Galli, direttore del reparto Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano: “Non vaccinare gli under 40 è una grandissima baggianata anche dal punto di vista scientifico. Gli under 40 rischiano meno degli over 40, ma in quasi tutte le rianimazioni d’Italia qualche persona molto giovane è attualmente ricoverata. Finché negli under 40 il virus continuerà a girare alla grande, non risolveremo la questione del virus”. Per Galli, “l’aumento dei contagi legato alla maggior circolazione della variante Delta è un evento atteso e i cui effetti saranno limitati da una vaccinazione imponente che stiamo facendo”. Ma questa vaccinazione, per quanto imponente, “vede ancora una grossa falla data da tanti giovani che non sono stati vaccinati, e che rappresentano il grosso delle nuove infezioni, e da un numero importante di anziani, che la vaccinazione non la hanno fatta o non la hanno voluta fare e che pagano il prezzo maggiore”.
“Ormai – ha proseguito Galli – mi dà quasi l’orticaria sentir parlare di immunità di gregge nelle condizioni in cui siamo adesso. Purtroppo di immunità di gregge si riesce a parlare quando, in seguito al fatto che un certo numero di persone di una nazione o di una regione, è stato vaccinato o comunque ha contratto la malattia, la malattia non riesce più a circolare, non riesce più a colpire neanche gli altri”. Il vaccino oggi disponibile però è “impostato sul virus che circolava nel marzo 2020 quindi non riusciamo a coprire completamente le nuove varianti. Ci permette di evitare il 95% di ricoveri e morte nei vaccinati ma la possibilità di evitare le infezioni è limitata a percentuali basse”. Inoltre va considerato che “una parte piccola ma significativa di vaccinati non risponde al vaccino, come le persone molto anziane o con alcune malattie. Dovremmo quindi fare anche molti più test sierologici”, che permettono di vedere la risposta immunitaria sviluppata, “e sarebbe importante che fossero prescrivibili da parte dei medici e non solo lasciati al privato, con le persone che se lo devono pagare di tasca propria”.
E a schierarsi contro i no vax non sono solo gli scienziati. Anche gli economisti si mettono a calcolare il costo sociale di chi rifiuta il vaccino, partendo dal famoso motto “la mia libertà finisce dove iniziano i diritti degli altri”. Nello specifico, scrivono su la Repubblica Tito Boeri e Roberto Perotti, chi non si immunizza deve almeno pagare i danni che provoca: “Rifiutare la vaccinazione significa creare esternalità negative sul resto della società”, scrivono. Per questo secondo Boeri e Perotti “è giusto sospendere i medici no vax”. E aggiungono che c’è, nel caso specifico, anche un problema di non riconoscibilità. Per questo “la società ha il diritto di proibire a un medico no vax di esercitare la professione”.