Cronaca

Vaccino anti-Covid, i numeri dell’Iss: “Tra chi lo ha fatto l’incidenza dei casi è dieci volte più bassa che tra i non vaccinati”

Di fronte a una campagna vaccinale che rischia di rallentare e una nuova ondata di casi spinti dalla variante Delta, l'Istituto Superiore di Sanità interviene con una serie di chiarimenti sul proprio sito: "Più il virus circola, maggiore è il rischio che il virus venga trasmesso a soggetti a rischio di malattia severa anche se vaccinata e favorire il fenomeno della comparsa di nuove varianti"

I vaccini funzionano, meno persone protette ci sono più è alto il rischio di trasmissione a chi potrebbe subire uno sviluppo grave della malattia e maggiore è la possibilità che compaiano nuove varianti. E non deve sorprendere se, con livelli alti di copertura, il numero assoluto di casi, ospedalizzazioni e decessi è simile tra vaccinati e non: è un effetto paradosso, la cui chiave di lettura è però nell’incidenza (rapporto popolazione/positivi) che risulta essere 10 volte più bassa tra i vaccinati rispetto a chi invece non si è immunizzato. Di fronte a una campagna vaccinale che rischia di rallentare e una nuova ondata di casi spinti dalla variante Delta, l’Istituto Superiore di Sanità interviene con una serie di chiarimenti sul proprio sito. L’intento è chiaro: combattere fake news, interpretazioni distorte dei dati e chiarire perché i livelli di immunizzazione raggiunti finora sono insufficienti per garantire l’addio alle restrizioni ancora in piedi.

“Se le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura si verifica l’effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati”, spiega l’Iss ricordando come in “questi casi, l’incidenza, però, (intesa come il rapporto tra il numero dei casi e la popolazione), è circa dieci volte più bassa nei vaccinati rispetto ai non vaccinati”. In altre parole: “Questi numeri se letti correttamente, quindi, ribadiscono quanto la vaccinazione sia efficace”.

I dati, del resto, parlano chiaro: “La vaccinazione anti-Covid-19, come accade per tutte le vaccinazioni, non protegge il 100% degli individui vaccinati – ricorda l’Istituto Superiore di Sanità – Attualmente sappiamo che la vaccinazione anti-Covid-19, se si effettua il ciclo vaccinale completo, protegge all’88% dall’infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale della malattia”. Le cifre, ricorda l’Iss, rendono “possibile” e “atteso” che “un limitato numero di casi di infezione, di ricoveri ospedalieri, di ricoveri in terapia intensiva e di decessi” avvenga “anche tra i vaccinati”, ma – la differenza è essenziale – “in numero estremamente più basso se confrontati a quelli che si verificano tra i soggetti non vaccinati”.

Ritornando sul tema centrale dei chiarimenti, l’Istituto specifica: “Con l’aumentare della copertura vaccinale decresce il numero dei casi proprio per l’efficacia della vaccinazione: questo comporta che i pochi casi tra i vaccinati possano apparire proporzionalmente numerosi”. In altri termini: “In gruppi di popolazione con una copertura vaccinale altissima, la maggior parte dei casi segnalati si potrebbe così verificare in soggetti vaccinati, solo perché la numerosità della popolazione dei vaccinati è molto più elevata di quella dei soggetti non vaccinati”. Un “paradosso, atteso e ben conosciuto”, che “bisogna saper riconoscere per evitare preoccupazioni e perdita di fiducia nella vaccinazione”. Senza dimenticare, sottolinea l’Iss, che i “sistemi di sorveglianza, inoltre, non rendono evidenti i casi di malattia evitati dalla vaccinazione ma fanno emergere solo quelli che si ammalano malgrado la vaccinazione”.

In definitiva, con il completamento del ciclo, il vaccino è “efficace a proteggere la popolazione”. Tuttavia, conclude l’Iss, “va ricordato che più il virus circola, ad esempio, per una copertura vaccinale non ottimale in tutte le fasce di età e/o per il non rispetto delle restrizioni, maggiore è il rischio che il virus venga trasmesso a soggetti a rischio di malattia severa anche se vaccinata e favorire il fenomeno della comparsa di nuove varianti”.