“Spesso si è detto in questi giorni che i processi per mafia e terrorismo andranno in fumo. Non è cosi: i procedimenti puniti con l’ergastolo non sono soggetti ai termini dell’improcedibilità”. Lo ha detto nel corso del question time alla Camera la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, a proposito del meccanismo dell’improcedibilità introdotto dalla sua riforma della prescrizione. La ministra ha così replicato alle critiche arrivate ieri sia dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri , sia dal procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho, entrambi ascoltati in commissione Giustizia. In particolare Gratteri aveva sottolineato come, con le nuove norme, “il 50% dei processi rischia di finire sotto la scure della improcedibilità“. Tra questi anche “i 7 maxi processi” contro la ‘ndrangheta in corso a Catanzaro. Secondo la ministra i timori dei pm antimafia sono infondati, poiché, ha spiegato, “i procedimenti puniti con l’ergastolo non sono soggetti ai termini dell’improcedibilità”. Cartabia però sembra dimenticare che né l’associazione mafiosa né quella terroristica prevedono l’ergastolo. E con la riforma l’appello della gran parte dei processi alla criminalità organizzata si estinguerebbe in tre anni. Basti pensare anche a due casi recentissimi, quelli dell’ex senatore Antonio D’Alì e dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, condannati rispettivamente a 6 e 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. In nessuno dei due procedimenti erano contestati reati puniti con l’ergastolo (ad esempio omicidio o strage). Nel primo caso, il processo d’Appello (bis) ha occupato 3 anni e 7 mesi, nel secondo ben 5 anni e con le nuove regole quindi le condanne non sarebbero mai diventate realtà.