Per le persone guarite dal Sars-Cov-2 è ipotizzabile anche la somministrazione di una sola dose di vaccino per considerarli pienamente immunizzati, purché questa avvenga non oltre i 12 mesi dalla guarigione. È questa una delle principali novità contenute nella circolare diffusa dal ministero della Salute e firmata dal direttore generale della Prevenzione, Gianni Rezza, chiamata Aggiornamento indicazioni sulla Vaccinazione dei soggetti che hanno avuto un’infezione da SARS-CoV-2.
L’estensione dei tempi, annunciata dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, diventa così ufficiale. Nel testo si legge infatti che “è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SARSCoV-2/COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione“.
Nella circolare uscita dal dicastero guidato da Roberto Speranza si specifica inoltre che la decisione riguardo la vaccinazione o meno del soggetto non dipenderà, come da indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), “dall’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus”.
Diversa invece la situazione di coloro che si trovano in “condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, in caso di pregressa infezione da SARS-CoV-2″. Nel loro caso “resta valida la raccomandazione di proseguire con la schedula vaccinale completa prevista”.
Una scelta, quella di prolungare i tempi vaccinali per i guariti, che, secondo Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene presso l’Università San Raffaele di Milano, “dal punto di vista scientifico ha senso”. Fino ad oggi molti erano i dubbi nella popolazione: “Abbiamo avuto un forte aumento delle segnalazioni su questo tema”, spiega Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. “Molti credono che i guariti non possono avere la Certificazione verde e molti altri non la stanno ricevendo per problemi di comunicazione tra il sistema informatico del medico di base e quello regionale e tra il sistema regionale e quello nazionale”. Uno dei problemi, chiarisce il sottosegretario Costa, è che “molti cittadini che hanno contratto il Covid-19 e che facevano una dose di vaccino, avevano poi difficoltà ad ottenere il Green pass perché in alcune regioni la dose era somministrata magari dopo i sei mesi previsti. Quindi la piattaforma del sistema non riconosceva l’unica dose come ciclo completo ma classificava in automatico quella vaccinazione come incompleta. Questo è un problema che ha riguardato già qualche migliaia di cittadini e ora lo abbiamo risolto”.
Dal fronte degli ospedali arriva inoltre una forte preoccupazione: i sanitari sono stati tra i primi ad essere sottoposti al vaccino e proprio a loro scadrà quanto prima la copertura, dunque saranno i più esposti al rischio contagi. “In effetti siamo davanti a un problema di carattere burocratico e a una questione di natura strettamente sanitaria – spiega Antonio Cascio, direttore dell’unità di malattie infettive del Policlinico di Palermo – Perché il green pass ha una scadenza precisa e quindi se scade viene in qualche modo impedita la libertà di movimento delle persone. Inoltre si pone il problema della possibilità che gli operatori sanitari, certamente molto più esposti a rischi di contagio, possano in qualche modo infettarsi quando la copertura vaccinale sarà più debole”.