A novembre 2016 nove anni di carcere in primo grado. Ora 10 anni nell’appello di un processo che sarebbe morto se fosse già entrata in vigore la Riforma Cartabia. È la decisione dei giudici della quarta sezione del Corte d’Appello di Napoli, che hanno condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore regionale del Pdl Campania. La sentenza è stata pronunciata al termine del processo Eco4, dal nome del consorzio che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in diversi comuni del Casertano. In primo grado Cosentino, assistito dagli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, era stato condannato a 9 anni di carcere (la richiesta era di 16 anni) e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione camorristica, con sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 17 novembre 2016, dopo oltre 140 udienze. La richiesta della Procura generale di Napoli, espressa nel corso dell’udienza dello scorso 9 dicembre, era di 12 anni di reclusione. Prima di oggi, l’ultima volta che il nome di Cosentino era ricomparso nelle pagine di cronaca giudiziaria era per l’assoluzione del 29 settembre 2020 nell’appello del processo ‘Il Principe e la Ballerina’. In quella occasione, esprimendo soddisfazione per la sentenza, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini (capogruppo forziste a Montecitorio e Palazzo Madama) denunciarono il cattivo funzionamento della giustizia, descrivendo Cosentino come vittima di un processo politico. Oggi, dopo la condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione camorristica, nessun forzista ha finora commentato.
Le accuse nei confronti dell’ex esponente di Forza Italia
La vicenda da cui nasce la condanna odierna è quella relativa al cosiddetto processo “Eco4” che descrive Cosentino – di questo sono convinti i magistrati della procura generale di Napoli che avevano chiesto 12 anni di carcere – come il referente politico nazionale del clan dei casalesi, con il quale l’ex sottosegretario avrebbe stretto un patto di ferro per ottenere appoggio elettorale in cambio di un contributo ai camorristi. Fra le accuse, da qui il nome dell’inchiesta, ci sono i presunti favori relativi all’appalto vinto nel 1999 dai fratelli Orsi, imprenditori ritenuti vicini al clan Bidognetti. La gara cui fa riferimento il processo è quella indetta dal Ce4, consorzio di 20 Comuni del Casertano che si occupava del ciclo dei rifiuti. Secondo i pm, è stato proprio Cosentino a permettere ai fratelli Orsi di associarsi al consorzio creando la società mista Eco4 che ottenne poi affidamenti diretti. Ma se in primo grado Cosentino è stato riconosciuto come il “referente nazionale del clan dei Casalesi” almeno fino al 2004, la Dda di Napoli ha presentato appello sostenendo che l’appoggio dell’ex sottosegretario ai Casalesi fosse andato avanti almeno fino al 2007-2008. Da qui la richiesta di una pena maggiore di quella decisa in primo grado. Un processo, quello a Cosentino, basato anche sulle parole dei collaboratori di giustizia, e che lo vede, stando alle accuse, come il dominus del Ce4, all’interno del quale l’ex sottosegretario avrebbe fatto assumere molta gente nei periodi pre-elettorali, così ‘controllando’ il risultato di varie elezioni, soprattutto nei Comuni rientranti nel bacino del consorzio. Il tutto, sempre stando ai pm, con la consapevolezza che i fratelli Orsi fossero vicini ai clan.
Le posizioni di pubblica accusa e difesa
Argomentazioni, quelle della pubblica accusa, rintuzzate dagli avvocati difensori di Cosentino, Stefano Montone, Agostino De Caro ed Elena Lepre, convinti che non esistano segni della prestazione di un contributo di Cosentino al clan in 25 anni di attività politica. Per i legali, non c’è un solo segno di un effettivo contributo elettorale che la camorra avrebbe dato a Cosentino, anche perché in passato, quando il clan si è schierato a favore di un candidato alle elezioni politiche, gli esiti sono stati del tutto evidenti. E quest’accusa, voti in cambio di favori, hanno spiegato gli avvocati, è una delle gambe dell’accordo sinallagmatico che la procura sostiene, ma allo stato – secondo i difensori – non c’è traccia che Cosentino abbia ricevuto i voti della camorra, mentre per quanto riguarda i favori, i legali hanno rammentato non solo che nel frattempo Cosentino è stato assolto negli altri processi dove era imputato con l’aggravante mafiosa, ma anche che nelle decine di altri processi contro il clan dei Casalesi su appalti, grandi opere e così via, non è emerso nessun ruolo di Cosentino. Circostanza, questa, che per i legali porta a concludere che l’ex sottosegretario non può essere il referente nazionale dei Casalesi. Stando ai legali, inoltre, allo stato c’è solo il dato dell’interessamento di Cosentino nelle vicende della società mista Eco4, ma si tratta di vicende nelle quali Cosentino interviene nella sua qualità di politico. La società Eco4 – hanno argomentato i difensori di Nick ‘0 mericano – è il braccio operativo del consorzio Ce4, e questo, a valle delle elezioni del 1999, si sposta come riferimento dal centrosinistra al centrodestra, ed è dunque normale che Cosentino e Landolfi ne assumano il controllo, trattandosi di un organismo di tipo politico. Organismo che opera attraverso la Eco4 che Cosentino, hanno spiegato i legali, ‘eredita’, in quanto gli Orsi la costruiscono indipendentemente e prima che Cosentino si affacci sulla scena. Quanto alle fonti dichiarative, per i legali sono state chiaramente sconfessate. Da ultimo, a parte il ‘pentito’ Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, che in aula si è contraddetto, anche altri collaboratori di giustizia, sostengono i difensori di Cosentino, sono stati smentiti. L’ultimo dei quali, Luigi Guida, che accusa Cosentino de relato, in una diversa sentenza è stato ritenuto inattendibile e mendace quando parla di un incontro al quale avrebbe fisicamente partecipato e che, in realtà, non si è mai verificato.
Condanne e assoluzioni: tutti i guai giudiziari dell’ex sottosegretario berlusconiano
Sono più d’uno i processi, le condanne e le assoluzioni per Nicola Cosentino, ex sottosegretario del governo Berlusconi. L’ultima sentenza in ordine di tempo prima di quella di oggi per concorso esterno, è datata 29 settembre 2020 ed è relativa al processo “Il principe e la scheda ballerina“, conclusosi con l’assoluzione. Ma ancora prima l’ex coordinatore campano di Forza Italia era stato assolto (in via definitiva) anche nel processo cosiddetto “Carburanti“. Cosentino, inoltre, ha anche subìto una condanna definitiva per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria mentre era detenuto e un’altra, per diffamazione, nell’ambito dell’inchiesta “P3”. Nello specifico, l’ex sottosegretario è stato assolto nel processo d’appello “Il principe e la scheda ballerina” dall’accusa di tentativo di reimpiego di capitali illeciti, con l’aggravante mafiosa, in relazione alla costruzione di un centro commerciale (mai edificato) voluto dal clan dei Casalesi a Casal di Principe (in primo grado Cosentino era stato condannato a 5 anni dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Nelle motivazioni alla sentenza di assoluzione, i giudici hanno evidenziato che Cosentino non aveva interesse a realizzare il centro commerciale, mentre le ricostruzioni dei collaboratori di giustizia (fra i quali Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone) sono state giudicate generiche, non riscontrate e in molti casi smentite in dibattimento.
Nel giugno del 2019, poi, Cosentino è stato assolto dalla Cassazione (che ha rigettato il ricorso della procura generale) nell’ambito del processo “Carburanti”. In questo caso l’ex sottosegretario era alla sbarra insieme ai fratelli Giovanni e Antonio e ad altri imputati, accusati a vario titolo di estorsione e concorrenza illecita aggravati dalle modalità mafiose. I fatti facevano riferimento all’azienda di famiglia dei Cosentino, l’Aversana Petroli. Nell’ottobre del 2018 già la Corte d’Appello di Napoli lo aveva assolto, mentre in primo grado Cosentino era stato condannato a 7 anni e sei mesi di carcere. Definitiva, invece, la condanna a 4 anni di reclusione per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria del carcere di Secondigliano allo scopo di introdurre in cella generi alimentari, vestiti e un ipod. Infine, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “P3”, Cosentino è stato condannato a 10 mesi non per i reati connessi all’associazione a delinquere ma per diffamazione e violenza privata nei confronti dell’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.
Un anno fa l’esultanza di Gelmini e Bernini per l’assoluzione
A settembre scorso, il nome di Cosentino fu utilizzato dai suoi colleghi di partito per rinvigorire la richiesta di riformare la giustizia italiana, storico cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. “Dopo nove anni di calvario giudiziario, l’ex sottosegretario di Forza Italia Nicola Cosentino è stato assolto in Appello da tutte le accuse di collusione con la camorra – disse in quella occasione Anna Maria Bernini – È uno dei casi più sconvolgenti di uso politico della giustizia, che conferma quanto sia urgente una profonda riforma che scongiuri il massacro preventivo di imputati che poi risultano innocenti”. Sullo stesso tono il commento della capogruppo di Fi alla Camera Mariastella Gelmini: “L’assoluzione di Nicola Cosentino, la cui colpa principale a quanto pare è stata di essere un dirigente e parlamentare di Forza Italia, è un emblematico esempio di malfunzionamento della giustizia, di uso improprio della custodia cautelare e di creazione di veri e propri processi politici. La vita di un uomo, la sua carriera politica, i suoi affetti – sentenziò la Gelmini – sono stati devastati dall’accusa di collusione con la camorra e dall’applicazione di una carcerazione preventiva per reati infamanti che non esistevano. Verrebbe da gioire, per Cosentino, per la sua famiglia, per la storia di Forza Italia e per il fatto che, giustamente, la Camera all’epoca respinse la richiesta d’arresto per l’evidente fumus persecutionis di quella inchiesta. Dopo nove anni però è difficile perfino gioire, nella consapevolezza che niente e nessuno potrà risarcire Nicola Cosentino e i suoi affetti”. A distanza di meno di un anno, però, per l’ex responsabile politico di Forza Italia in Campania è arrivata la condanna più pesante, per l’accusa più pesante, nel processo più complesso della vicenda giudiziaria di Nick ‘o mericano.
Giustizia & Impunità
Nicola Cosentino condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa nell’appello del processo Eco4
Secondo l'accusa l'ex sottosegretario berlusconiano era il referente politico nazionale del clan dei casalesi, con il quale l'esponente politico aveva stretto un patto di ferro per ottenere appoggio elettorale in cambio di un contributo ai camorristi. Questo processo sarebbe morto se fosse già entrata in vigore la Riforma Cartabia
A novembre 2016 nove anni di carcere in primo grado. Ora 10 anni nell’appello di un processo che sarebbe morto se fosse già entrata in vigore la Riforma Cartabia. È la decisione dei giudici della quarta sezione del Corte d’Appello di Napoli, che hanno condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore regionale del Pdl Campania. La sentenza è stata pronunciata al termine del processo Eco4, dal nome del consorzio che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in diversi comuni del Casertano. In primo grado Cosentino, assistito dagli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, era stato condannato a 9 anni di carcere (la richiesta era di 16 anni) e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione camorristica, con sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 17 novembre 2016, dopo oltre 140 udienze. La richiesta della Procura generale di Napoli, espressa nel corso dell’udienza dello scorso 9 dicembre, era di 12 anni di reclusione. Prima di oggi, l’ultima volta che il nome di Cosentino era ricomparso nelle pagine di cronaca giudiziaria era per l’assoluzione del 29 settembre 2020 nell’appello del processo ‘Il Principe e la Ballerina’. In quella occasione, esprimendo soddisfazione per la sentenza, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini (capogruppo forziste a Montecitorio e Palazzo Madama) denunciarono il cattivo funzionamento della giustizia, descrivendo Cosentino come vittima di un processo politico. Oggi, dopo la condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione camorristica, nessun forzista ha finora commentato.
Le accuse nei confronti dell’ex esponente di Forza Italia
La vicenda da cui nasce la condanna odierna è quella relativa al cosiddetto processo “Eco4” che descrive Cosentino – di questo sono convinti i magistrati della procura generale di Napoli che avevano chiesto 12 anni di carcere – come il referente politico nazionale del clan dei casalesi, con il quale l’ex sottosegretario avrebbe stretto un patto di ferro per ottenere appoggio elettorale in cambio di un contributo ai camorristi. Fra le accuse, da qui il nome dell’inchiesta, ci sono i presunti favori relativi all’appalto vinto nel 1999 dai fratelli Orsi, imprenditori ritenuti vicini al clan Bidognetti. La gara cui fa riferimento il processo è quella indetta dal Ce4, consorzio di 20 Comuni del Casertano che si occupava del ciclo dei rifiuti. Secondo i pm, è stato proprio Cosentino a permettere ai fratelli Orsi di associarsi al consorzio creando la società mista Eco4 che ottenne poi affidamenti diretti. Ma se in primo grado Cosentino è stato riconosciuto come il “referente nazionale del clan dei Casalesi” almeno fino al 2004, la Dda di Napoli ha presentato appello sostenendo che l’appoggio dell’ex sottosegretario ai Casalesi fosse andato avanti almeno fino al 2007-2008. Da qui la richiesta di una pena maggiore di quella decisa in primo grado. Un processo, quello a Cosentino, basato anche sulle parole dei collaboratori di giustizia, e che lo vede, stando alle accuse, come il dominus del Ce4, all’interno del quale l’ex sottosegretario avrebbe fatto assumere molta gente nei periodi pre-elettorali, così ‘controllando’ il risultato di varie elezioni, soprattutto nei Comuni rientranti nel bacino del consorzio. Il tutto, sempre stando ai pm, con la consapevolezza che i fratelli Orsi fossero vicini ai clan.
Le posizioni di pubblica accusa e difesa
Argomentazioni, quelle della pubblica accusa, rintuzzate dagli avvocati difensori di Cosentino, Stefano Montone, Agostino De Caro ed Elena Lepre, convinti che non esistano segni della prestazione di un contributo di Cosentino al clan in 25 anni di attività politica. Per i legali, non c’è un solo segno di un effettivo contributo elettorale che la camorra avrebbe dato a Cosentino, anche perché in passato, quando il clan si è schierato a favore di un candidato alle elezioni politiche, gli esiti sono stati del tutto evidenti. E quest’accusa, voti in cambio di favori, hanno spiegato gli avvocati, è una delle gambe dell’accordo sinallagmatico che la procura sostiene, ma allo stato – secondo i difensori – non c’è traccia che Cosentino abbia ricevuto i voti della camorra, mentre per quanto riguarda i favori, i legali hanno rammentato non solo che nel frattempo Cosentino è stato assolto negli altri processi dove era imputato con l’aggravante mafiosa, ma anche che nelle decine di altri processi contro il clan dei Casalesi su appalti, grandi opere e così via, non è emerso nessun ruolo di Cosentino. Circostanza, questa, che per i legali porta a concludere che l’ex sottosegretario non può essere il referente nazionale dei Casalesi. Stando ai legali, inoltre, allo stato c’è solo il dato dell’interessamento di Cosentino nelle vicende della società mista Eco4, ma si tratta di vicende nelle quali Cosentino interviene nella sua qualità di politico. La società Eco4 – hanno argomentato i difensori di Nick ‘0 mericano – è il braccio operativo del consorzio Ce4, e questo, a valle delle elezioni del 1999, si sposta come riferimento dal centrosinistra al centrodestra, ed è dunque normale che Cosentino e Landolfi ne assumano il controllo, trattandosi di un organismo di tipo politico. Organismo che opera attraverso la Eco4 che Cosentino, hanno spiegato i legali, ‘eredita’, in quanto gli Orsi la costruiscono indipendentemente e prima che Cosentino si affacci sulla scena. Quanto alle fonti dichiarative, per i legali sono state chiaramente sconfessate. Da ultimo, a parte il ‘pentito’ Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, che in aula si è contraddetto, anche altri collaboratori di giustizia, sostengono i difensori di Cosentino, sono stati smentiti. L’ultimo dei quali, Luigi Guida, che accusa Cosentino de relato, in una diversa sentenza è stato ritenuto inattendibile e mendace quando parla di un incontro al quale avrebbe fisicamente partecipato e che, in realtà, non si è mai verificato.
Condanne e assoluzioni: tutti i guai giudiziari dell’ex sottosegretario berlusconiano
Sono più d’uno i processi, le condanne e le assoluzioni per Nicola Cosentino, ex sottosegretario del governo Berlusconi. L’ultima sentenza in ordine di tempo prima di quella di oggi per concorso esterno, è datata 29 settembre 2020 ed è relativa al processo “Il principe e la scheda ballerina“, conclusosi con l’assoluzione. Ma ancora prima l’ex coordinatore campano di Forza Italia era stato assolto (in via definitiva) anche nel processo cosiddetto “Carburanti“. Cosentino, inoltre, ha anche subìto una condanna definitiva per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria mentre era detenuto e un’altra, per diffamazione, nell’ambito dell’inchiesta “P3”. Nello specifico, l’ex sottosegretario è stato assolto nel processo d’appello “Il principe e la scheda ballerina” dall’accusa di tentativo di reimpiego di capitali illeciti, con l’aggravante mafiosa, in relazione alla costruzione di un centro commerciale (mai edificato) voluto dal clan dei Casalesi a Casal di Principe (in primo grado Cosentino era stato condannato a 5 anni dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Nelle motivazioni alla sentenza di assoluzione, i giudici hanno evidenziato che Cosentino non aveva interesse a realizzare il centro commerciale, mentre le ricostruzioni dei collaboratori di giustizia (fra i quali Nicola Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone) sono state giudicate generiche, non riscontrate e in molti casi smentite in dibattimento.
Nel giugno del 2019, poi, Cosentino è stato assolto dalla Cassazione (che ha rigettato il ricorso della procura generale) nell’ambito del processo “Carburanti”. In questo caso l’ex sottosegretario era alla sbarra insieme ai fratelli Giovanni e Antonio e ad altri imputati, accusati a vario titolo di estorsione e concorrenza illecita aggravati dalle modalità mafiose. I fatti facevano riferimento all’azienda di famiglia dei Cosentino, l’Aversana Petroli. Nell’ottobre del 2018 già la Corte d’Appello di Napoli lo aveva assolto, mentre in primo grado Cosentino era stato condannato a 7 anni e sei mesi di carcere. Definitiva, invece, la condanna a 4 anni di reclusione per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria del carcere di Secondigliano allo scopo di introdurre in cella generi alimentari, vestiti e un ipod. Infine, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “P3”, Cosentino è stato condannato a 10 mesi non per i reati connessi all’associazione a delinquere ma per diffamazione e violenza privata nei confronti dell’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.
Un anno fa l’esultanza di Gelmini e Bernini per l’assoluzione
A settembre scorso, il nome di Cosentino fu utilizzato dai suoi colleghi di partito per rinvigorire la richiesta di riformare la giustizia italiana, storico cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. “Dopo nove anni di calvario giudiziario, l’ex sottosegretario di Forza Italia Nicola Cosentino è stato assolto in Appello da tutte le accuse di collusione con la camorra – disse in quella occasione Anna Maria Bernini – È uno dei casi più sconvolgenti di uso politico della giustizia, che conferma quanto sia urgente una profonda riforma che scongiuri il massacro preventivo di imputati che poi risultano innocenti”. Sullo stesso tono il commento della capogruppo di Fi alla Camera Mariastella Gelmini: “L’assoluzione di Nicola Cosentino, la cui colpa principale a quanto pare è stata di essere un dirigente e parlamentare di Forza Italia, è un emblematico esempio di malfunzionamento della giustizia, di uso improprio della custodia cautelare e di creazione di veri e propri processi politici. La vita di un uomo, la sua carriera politica, i suoi affetti – sentenziò la Gelmini – sono stati devastati dall’accusa di collusione con la camorra e dall’applicazione di una carcerazione preventiva per reati infamanti che non esistevano. Verrebbe da gioire, per Cosentino, per la sua famiglia, per la storia di Forza Italia e per il fatto che, giustamente, la Camera all’epoca respinse la richiesta d’arresto per l’evidente fumus persecutionis di quella inchiesta. Dopo nove anni però è difficile perfino gioire, nella consapevolezza che niente e nessuno potrà risarcire Nicola Cosentino e i suoi affetti”. A distanza di meno di un anno, però, per l’ex responsabile politico di Forza Italia in Campania è arrivata la condanna più pesante, per l’accusa più pesante, nel processo più complesso della vicenda giudiziaria di Nick ‘o mericano.
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La Consulta: inammissibile il referendum sull’Autonomia. Sì a 5 quesiti: anche quelli su Jobs Act e cittadinanza per gli extracomunitari
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Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Il Jobs Act è una legge che ha creato oltre un milione di posti di lavoro, più della metà a tempo indeterminato, e che ha introdotto tutele fondamentali come l’eliminazione delle dimissioni in bianco. La decisione della Corte Costituzionale che dà il via al referendum relativo al Jobs Act ci trova quindi pronti: spiegheremo ai cittadini quanto sarebbe sbagliato cancellare queste conquiste che creano posti di lavoro, sviluppo e tutele". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
"Quanto al referendum sull’autonomia, accettiamo il verdetto della Consulta che dopo la precedente pronuncia sulla legge Calderoli appariva pressoché scontata. Ogni modifica sull’autonomia differenziata passerà dal Parlamento, e lì ci faremo trovare pronti e determinati".
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Le mie più sentite congratulazioni al presidente Trump per l’inizio del suo secondo mandato. Il popolo americano ha fatto una scelta chiara, che riflette l’impegno per la crescita economica, la sicurezza e la sovranità nazionale”. Lo scrive su X il Co-Presidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini dí Fratelli d’Italia.
“Noi dell'Ecr condividiamo molte delle priorità delineate dal presidente Trump: contrastare l'immigrazione clandestina, garantire comunità più sicure, tagliare le tasse e la burocrazia e ripristinare la competitività economica. Queste non sono solo priorità americane, ma anche europee”.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro. Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano”. Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - “Sul referendum sulla cittadinanza daremo battaglia nel nome dell’estensione dei diritti e per superare una legislazione particolarmente arretrata. Si tratta di un referendum promosso da un vasto arco di soggetti, tra cui numerose associazioni dei nuovi cittadini, persone a cui per troppo tempo è stata tolta la voce. Lotteremo al loro fianco”. Così in una nota Pierfrancesco Majorino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Immigrazione.
Washington, 20 gen (Adnkronos) - Non è stato un blitz come quello di Mar a lago, rivelatosi determinante per la liberazione di Cecilia Sala, ma una intera giornata quella che Giorgia Meloni ha dedicato, per la seconda volta in un mese, a Donald Trump. La premier non è voluta mancare all'inauguration day del presidente americano, sottolineando quanto sia importante "dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare" la relazione Italia-Usa.
E questa "testimonianza" la premier l'ha data plasticamente già di primo mattino, quando insieme alla famiglia Trump, a quella del vice presidente Vance e pochi altri, ha preso parte alla messa di 'benedizione' del neo commander in chief alla chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca. Poi il trasferimento alla Rotonda del Campidoglio, a Capitol hill, per il giuramento spostato al chiuso a causa dell'ondata di gelo che ha stretto Washington. Con lei, oltre ai diplomatici, la fida Patrizia Scurti in delegazione.
Meloni siede sotto lo sguardo della statua di Abramo Lincoln, nei posti riservati ai capi di Stato e di governo invitati da Trump. Una sparuta elite che comprende la presidente del Consiglio (unica leader Ue) e, tra i pochi altri, il presidente argentino Javier Milei, con cui Meloni chiacchiera a lungo inquadrati più volte dalle telecamere di Fox news, che non ha perso una battuta della giornata-evento.
(Adnkronos) - A pochi passi, i 'big tech Ceo' che Trump ha voluto come ospiti vip della cerimonia e che l'hanno sostenuto nel suo cammino di ritorno alla sala ovale: Tim Cook, Jeff Bezos, Sandor Picahi, Sam Altman, Mark Zuckenberg e ovviamente Elon Musk. Sui social, è il capo delegazione di FdI-Ecr all'Europarlamento Carlo Fidanza, a Washington con un piccola pattuglia di parlamentari italiani ospiti dei Repubblicani Usa, a dare il senso politico della 'foto di Capitol hill' della Meloni: "La nostra presidente è ormai riconosciuta da tutti come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa".
Nella sua valutazione del Trump day, Meloni al mattino è più ecumenica: "Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti dare una testimonianza della volontà di continuare e se mai rafforzare quella relazione in un tempo nel quale le sfide sono globali e interconnesse", spiega prima di lasciare l'albergo.
Più tardi su X augura buon lavoro a Trump e assicura: "Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa", per poi sottolineare: "L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
(Adnkronos) - Per il ministro dell'Ue Tommaso Foti, la missione di Meloni a Washington "conferma il ruolo cruciale che, nel prossimo futuro, la nostra Nazione intende giocare nelle relazioni transatlantiche, ponendosi come ponte strategico tra Europa e America".
In questo contesto, e anche per il rigido protocollo che governa l'insediamento del presidente americano, si stempera anche l'attesa per un faccia a faccia Meloni-Trump, prima auspicato e poi annunciato alla vigilia anche da Fidanza. "Non era previsto, non era il contesto e non ci sarà problema a farlo in futuro", è il senso del ragionamento dell'entourage della premier. Così, direttamente lasciando ad un certo punto le lunghe celebrazioni, Meloni può salutare e tornare subito in Italia.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Consulta che ha sancito l’ inammissibilità del referendum abrogativo sull’autonomia conferma che la riforma scritta dal ministro Calderoli è, come sapevamo, coerente e corretta nel rispetto delle previsioni costituzionali. Per cui avanti con l’iter della riforma e con i negoziati con le regioni che hanno già richiesto le prime materie ‘non Lep’, come la Lombardia. Avanti tutta con l’autonomia!”. Lo dichiara il segretario regionale della Lega Lombarda Salvini Premier e presidente dei senatori della Lega Salvini Premier, senatore Massimiliano Romeo.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile il referendum sull’autonomia, perché ‘l’oggetto e la finalità del quesito sono poco chiari’, ha bocciato l’opposizione. D’altra parte, cosa ci si può aspettare da una sinistra incapace anche di scrivere i quesiti da sottoporre ai cittadini per una consultazione popolare? Per quanto ci riguarda, noi andiamo avanti con il percorso riformatore, nell’interesse dell’Italia”. Così la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.