La regione Lombardia si prepara a votare un’altra pioggia di finanziamenti alla società di Pedemontana lombarda, ma grazie alla Corte dei Conti ora rischia di pagare anche chi vota in aula, e non solo le tasche dei cittadini
Il consiglio regionale della Lombardia si appresta a votare nei prossimi giorni l’ennesimo regalo a Pedemontana, il più grosso di sempre.
Nel collegato alla finanziaria regionale pronto per il voto in aula della settimana prossima è comparsa la trasformazione della garanzia voluta da Roberto Maroni nel 2017 in un prestito da 900 milioni di euro – che si andrebbe ad aggiungere ai 1.200 milioni già versati dallo Stato, e a mezzo miliardo di defiscalizzazione. In pratica, l’opera la paga al 70% lo Stato, e le banche ci mettono solo quello che porta soldi a loro, lasciando il rischio smaccatamente sulle spalle pubbliche. Un rischio grave, perché la Regione è controllante e socia di Pedemontana, e in questi casi se le cose vanno male i prestiti dei soci (che in questo caso sono erogati con i soldi dei contribuenti lombardi) sono gli ultimi ad essere garantiti.
Di questa gravità sono ben al corrente le banche, che non a caso non hanno ancora deliberato il finanziamento, e di fatto ricattano la Regione imponendo che si prenda lei (cioè i cittadini lombardi) la metà del debito e il 100% del rischio, se proprio vuole proseguire quest’opera inutile e insostenibile.
Se Pedemontana non fosse un pozzo di San Patrizio, ma un’opera credibile, ci sarebbe stata la coda dei finanziatori italiani ed esteri, come su tanti altri progetti, e non il deserto totale.
Una recente decisione della Corte dei Conti, però, può ancora cambiare qualcosa, agendo non sull’etica e men che meno sulla logica e sulla politica, ma sull’interesse personale dei consiglieri regionali chiamati a votare, più potente di ogni indicazione di partito.
I consiglieri regionali di maggioranza pronti ad alzare la mano per approvare questo attentato alle finanze pubbliche, dovrebbero infatti sapere che proprio in questi giorni la Corte dei Conti di Milano ha deciso di chiedere non solo alle banche, ma anche alla Giunta e ai consiglieri comunali dell’amministrazione di Giuliano Pisapia di restituire alla collettività i 78 milioni di euro di danno prodotti dall’investimento in titoli derivati.
Un principio che in futuro potrebbe essere applicato anche a Pedemontana, che resta una partita persa perché pure quest’ultima valanga di soldi pubblici non basterà a sostenere i nuovi prezzi del contratto assurdamente assegnato a Webuild oltre un anno fa, ma servirà solo a pagare per anni gli interessi alle banche e gli stipendi di Pedemontana (120 addetti contro i 20 di BreBeMi e TEM, ma quelle sono società private).
In più, il sindaco di Seveso si è appena dimesso per protesta contro i rischi da diossina che ancora minacciano il territorio proprio dove Pedemontana dovrebbe passare, ed è pronto il ricorso dei cittadini contro l’illegittima proroga degli espropri garantita da CAL quando il Ministero se ne è lavato le mani, che sarà sostenuto da molti sindaci. Si tratta di quasi 25 mila cittadini proprietari di terreni, case e fabbriche che non possono disporre delle loro proprietà da 12 anni.
Il voto di oggi può trasformarsi in debito domani: di questo dovrebbero ricordarsi i consiglieri regionali. Quanto fa 900 milioni diviso il numero dei votanti? Se anche si votasse all’unanimità sarebbero 10 milioni di rischio sulle spalle di ognuno. Vale la pena rifletterci, prima di fare l’ennesimo inutile regalo alle banche. Decidendo magari, invece, di investire questi soldi sul trasporto pubblico che in questi mesi di pandemia ha dimostrato tutte le sue carenze.
Il tutto grazie alla Corte dei Conti, che ha affermato il principio che chi decide della cosa pubblica decide su qualcosa che è di tutti, e non di pochi privilegiati.