Avevano deciso di rimanere senza acqua né cibo da fine maggio: quasi 500 lavoratori stranieri si sono rinchiusi in una chiesa nel centro della capitale belga per chiedere di essere regolarizzati. 400 artisti hanno anche firmato una lettera aperta contro il governo guidato da de Croo, che ha rischiato di cadere davanti alla protesta. Alla fine, l'esecutivo ha accolto la richiesta dei protestanti. Ma rimane fermo sulle sue regole di gestione dell'immigrazione, nonostante lentezze burocratiche e processi di accettazione molto complessi
Uno sciopero della fame per ottenere i documenti di residenza dopo anni vissuti senza un permesso di soggiorno. È successo a Bruxelles, dove 476 persone hanno deciso di rimanere senza cibo né acqua per due mesi barricandosi dentro la chiesa di San Giovanni Battista al Beghinaggio nel centro della città. L’azione di protesta ha creato dibattiti e divisioni all’interno del governo belga, fino all’ultimo deciso a non cedere. La tensione si è protratta fino a mercoledì 21 luglio, quando dal Palazzo della Nazione hanno deciso di accogliere la richiesta di regolarizzazione degli scioperanti.
Hundreds of undocumented migrants in Belgium’s capital continue a weeks-long hunger strike to demand legal recognition and access to work and social services. More photos: https://t.co/7Dxz2szw9e ???? Yves Herman pic.twitter.com/pUm6OgjRLf
— Reuters Pictures (@reuterspictures) July 20, 2021
La manifestazione è iniziata alla fine di maggio. Dopo aver trasportato coperte, materassi e tutto il necessario per creare giacigli di fortuna, i quasi 500 sans papier (cioè persone prive di documenti regolari) hanno smesso di bere e mangiare. Una forma di protesta drastica e assoluta, che ha portato alcune persone a condizioni fisiche e mentali disperate: come riporta Politico, infatti, alcuni scioperanti si sono fisicamente cuciti la bocca per riuscire a continuare a portare avanti l’azione. Altri, invece, hanno tentato il suicidio. I 476 immigrati provenivano da Paesi tutti diversi (Maghreb, Pakistan, Brasile) e in Belgio esercitavano da anni le professioni più disparate, dall’elettricista all’artigiano, passando per l’infermiere e il parrucchiere. Nonostante questo, il governo belga non aveva mai rilasciato loro un permesso di soggiorno regolare a causa di lentezze burocratiche e processi di accettazione molto complessi che possono durare anche anni.
All’avanzare dello sciopero è cresciuto anche l’interesse nazionale e internazionale verso la causa. Oltre alle personalità politiche belghe che hanno fatto visita agli scioperanti per ascoltare le loro richieste e accertarsi delle loro condizioni, ci sono stati attivisti e celebrità da tutto il mondo che hanno espresso solidarietà. Ma dal governo nessuna risposta. Intanto le condizioni delle persone dentro la chiesa hanno cominciato a peggiorare giorno dopo giorno, con alcuni scioperanti che hanno necessitato di soccorsi ospedalieri. Più di 400 tra artisti e intellettuali hanno così lanciato una lettera aperta per fare pressioni sul governo affinché accogliesse le richieste degli uomini e delle donne in protesta. “I loro corpi hanno consumato tutta l’energia e ora stanno consumando gli organi, il pericolo di morte è concreto”, si legge nel comunicato pubblicato sul quotidiano belga De Morgen. “Il governo deve agire subito, prima che sia troppo tardi”. Anche due membri delle Nazioni Unite si sono uniti all’appello per convincere l’amministrazione guidata da Alexandre De Croo a concedere un permesso di soggiorno almeno temporaneo.
La questione dell’immigrazione è in Belgio molto delicata. Secondo alcune stime, i sans papier sarebbero più di 150mila. Il governo belga è da anni privo degli strumenti necessari a far fronte l’emergenza migratoria che ha colpito l’Europa intera e il problema era già stato causa della caduta di un esecutivo nel 2018 in occasione della sottoscrizione del Global Compact con le Nazioni Unite, l’accordo comunitario per gestire la crisi tanto discusso anche in Italia. L’attuale amministrazione De Croo è composta da una coalizione eterogenea e frammentata, fatta di sette partiti tutti diversi. Davanti allo sciopero, la maggioranza si è spaccata: da un parte i socialisti e i Verdi che hanno minacciato di abbandonare l’esecutivo qualora ci fosse anche una sola vittima; dall’altra, il sottosegretario per l’asilo e la migrazione Sammy Mahdi ha continuato per settimane a rifiutare di scendere a patti con gli scioperanti.
Al 60simo giorno di sciopero, però, il governo belga ha ceduto alle pressioni sia interne che esterne. I 457 rinchiusi nella chiesa di Bruxelles hanno annunciato mercoledì 21 luglio di porre fine al loro sciopero dopo l’annuncio delle autorità di cominciare con loro il processo di regolarizzazione. Gli immigrati sono stati immediatamente soccorsi e trasportati in ospedale; una volta ristabiliti, potranno inoltrare delle domande di regolarizzazione individuali.
Il governo ha però rifiutato di concedere loro un’amnistia collettiva, ribadendo nelle parole di Mahdi che non intende rivedere le proprie regole di immigrazione e ottenimento del permesso di soggiorno: “Si tratta di rispettare le regole che ci sono”, ha twittato il sottosegretario, “la nostra procedura è corretta e umana”. Parole dure anche dal premier De Croo: “Un governo non può accettare un ricatto“, ha commentato, aggiungendo che “non sarebbe giusto nei confronti delle persone che hanno seguite le regole in modo corretto”.