L'idea, lanciata dal direttore generale Francesca Mariotti mentre il governo si appresta a rendere obbligatorio il certificato verde per accedere ai luoghi aperti al pubblico, mette in inedita sintonia il ministro del Lavoro, il presidente della Camera Fico, il leader della Lega, i sindacati e Coldiretti. Tutti ritengono inaccettabile la richiesta degli industriali
Tutti contro la proposta di Confindustria sul green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro in chiave di prevenzione dei contagi da Covid e dunque per evitare in futuro nuove restrizioni alle attività. L’idea, lanciata dal direttore generale Francesca Mariotti mentre il governo si appresta a rendere obbligatorio il certificato verde per accedere ai luoghi aperti al pubblico, mette in inedita sintonia il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il presidente della Camera Roberto Fico, il leader della Lega Matteo Salvini, i sindacati e Coldiretti. Tutti concordi nel dire, con diverse sfumature e vari gradi di polemica, che la proposta unilaterale delle aziende è inaccettabile.
Se per Salvini intervistato dal Giornale “parlare di licenziamenti è incredibile” – ma Mariotti aveva ipotizzato solo lo spostamento ad altra mansione o la sospensione – Fico definisce “sui generis l’idea che uno per andare a lavorare deve esibire il green pass”. Orlando si limita a chiedere “confronto costante” mentre Maurizio Landini (Cgil) attacca: “Non sono le aziende che devono stabilire chi entra e chi esce. Certamente una scelta di questo tipo la può compiere solo il governo”. Sulle barricate anche la Cisl, per cui “porre dei vincoli di accesso ai luoghi di lavoro mediante il green pass non rientra nel perimetro del protocollo” siglato in aprile “ed in ogni caso è una modalità discriminatoria di controllo che non può essere imposta con una circolare alle aziende”.
Coldiretti dal canto suo avverte che l’eventuale obbligo di green pass sul lavoro mette a rischio le forniture alimentari del Paese “dove solo la metà della popolazione è completamente vaccinata” e ci sono “difficoltà per l’arrivo di stagionali dall’estero dai quali dipende un quarto dei raccolti Made in Italy”.
In compenso gli imprenditori manifatturieri non arretrano. Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, in un’intervista al Corriere della Sera dice di non capere polemiche e sorpresa. “Forse chi lavora in un’azienda non ha diritto alla tutela della propria salute? Un anno fa non avevamo i vaccini. Oggi per fortuna ci sono. Le aziende sono comunità di persone che vivono a stretto contatto. La salute di tutti va tutelata. E poi non possiamo rischiare di trovarci nella stessa situazione di un anno fa al ritorno dalle vacanze”. Quindi “si potrebbe tenere conto dei settori e dell’eventuale possibilità di garantire la sicurezza in altro modo. Ma il green pass in azienda non deve essere un tabù”.
Brunello Cucinelli, fondatore dell’omonima azienda del cachemire, alla Stampa e a Repubblica dice di esser pronto a proporre a quell’1% di dipendenti che non si è immunizzato (la sua è stata tra le prime aziende a organizzare le inoculazioni nella sede di lavoro) “un’aspettativa di sei mesi retribuita e poi si vedrà”. Perché “Finché posso cercherò di convincerli sotto il profilo umano poi, se chi fa le norme non prende provvedimenti, mi muoverò io. Ho il dovere morale di essere il custode di questa impresa e del 99% delle persone che ci lavorano”.