Figlio di un emigrato da Massa Lubrense che ha aperto un ristorante di cucina italiana a Wellington, il difensore non è solamente un elemento di colore da derubricare nella sezione curiosità, ma un calciatore in ascesa reduce dalla sua prima, positiva stagione in Europa, continente che prima del suo trasferimento in Belgio al Sint Truiden, aveva visitato solo da turista, essendo nato e cresciuto dall'altra parte del mondo
Un emigrato campano che apre un ristorante di cucina italiana dall’altra parte del mondo e lo chiama La Bella Italia. È il cliché per eccellenza del nostro Paese, ma anche l’inizio della storia di Liberato Cacace, terzino della Nazionale olimpica neozelandese che ha esordito battendo la Corea del Sud nella prima giornata del torneo maschile. Cacace però non è solamente un elemento di colore da derubricare nella sezione curiosità, ma un calciatore in ascesa reduce dalla sua prima, positiva stagione in Europa, continente che prima del suo trasferimento in Belgio al Sint Truiden, aveva visitato solo da turista, essendo nato e cresciuto a Wellington. Dove, nel quale meridionale di Petone (dal maori pit-one, ovvero “fine della spiaggia di sabbia”), nel 1992 si è trasferito il padre Antonio con la famiglia. Gli agganci per lasciare Massa Lubrense, il comune sulla penisola sorrentina dal quale provengono i Cacace, sono arrivati dalla madre da Liberato, Luisa, neozelandese di origini italiane, ma anche dai ricordi dell’esperienza fatta dal bisnonno che nel 1927 si trasferì in Nuova Zelanda e vi rimase per tre anni, sperando un giorno di poter diffondere la cucina tricolore nel Paese. Nella terra dei kiwi il boom per i prodotti provenienti dall’Italia è scoppiato negli Anni Ottanta, quando numerosi locali tentarono una fusione tra le due culture culinarie creando il “kiwitalian”. Nel decennio successivo, Antonio Cacace ha quindi trovato un terreno fertile per il suo progetto imprenditoriale chiamato La Bella Italia.
In un’intervista al sito locale Stuff, Antonio ha raccontato di una telefonata ricevuta un giorno dal figlio. Era in aeroporto e gli comunicava che sarebbe partito per Sydney. Era stato aggregato ormai da sei settimane alla prima squadra del Wellington Phoenix, unica compagine neozelandese a giocare nel campionato australiano, e il genitore nemmeno lo sapeva. Nei piani della famiglia la passione per il calcio di Liberato era sempre stata incoraggiata, consapevoli che, nella probabile eventualità in cui le cose non fossero andate come sperato, ci sarebbe sempre stato il piano B legato al ristorante. Liberato era entrato nell’accademia dello Scots College, la più rinomata del Paese a livello calcistico, ma diventare un professionista in un paese calcisticamente periferico, dove il pallone viene dopo rugby e cricket (“Tra i 5 e i 17 anni – dice Cacace – il calcio è lo sport più popolare in Nuova Zelanda, ma l’idea di costruirsi una carriera non è considerata molto seriamente”), non era per niente facile. Il Wellington Phoenix era la squadra di famiglia, oltre ovviamente al Napoli, anche perché fondato (nel marzo 2007) e cresciuto anche nel ristorante dei Cacace. Quel viaggio a Sydney del febbraio 2018, con successivo debutto ufficiale nella Hyundai A-League, significava che per Liberato la prospettiva di una carriera nel mondo del pallone si stava facendo concreta. Quattro mesi dopo sarebbe arrivato anche il debutto in nazionale.
Nel 2020 Liberato Cacace ha vinto la Harry Kewell Medal, premio riservato al miglior under-23 dell’anno nel campionato australiano o al miglior under-23 australiano all’estero. Nel corso dell’estate è stato acquistato dal Sint Truiden, club della massima divisione belga che, essendo di proprietà giapponese, è particolarmente attivo a livello di scouting nella zona più orientale del continente asiatico, compreso il sud-est e l’area dell’Oceania. Sbarcato da “signor nessuno”, una volta riuscito a conquistare una maglia da titolare non è più uscito dal campo, finendo incluso tra le giovani rivelazioni stagionali della Pro League. Prestazioni solide e senza fronzoli lungo tutta la fascia sinistra, nonostante il ruolo prediletto rimanga quello di terzino. Un biglietto da visita che lo ha avvicinato a quell’Italia nella quale sogna di giocare, e finora visitata solamente durante i periodi di vacanza.
Liberato Cacace appartiene a una nuova generazione di calciatori sui quali la Nuova Zelanda punta molto per incrementare il proprio livello. Lo ha dichiarato il diretto interessato in un’intervista al settimanale belga Voetbalmagazine. Come capitato all’Australia anni fa, anche la Nuova Zelanda comincia ad avvertire il peso della scarsa, pressoché nulla competitività, delle nazionali dell’area oceanica, ed è in corso un dibattito riguardante la possibilità di seguire la strada degli Aussies e chiedere l’iscrizione alla Federazione asiatica (l’Australia si è affiliata nel 2006). Da un lato, ha spiegato Cacace, per i neozelandesi non è esaltante né “allenante” la prospettiva di affrontare ripetutamente i dilettanti di Tonga, Samoa o delle Figi. Dall’altro, la posizione geografica del Paese non aiuta l’organizzazione di amichevoli internazionali. “Chi vuole sobbarcarsi ore di volo aereo per giocare 90 minuti, oltretutto contro un’avversaria non certo di livello top, e tornare a casa?”, ha precisato, rilevando come dal 2019 a oggi la nazionale abbia disputato solamente due incontri. Mancano i soldi per le trasferte, manca soprattutto l’appeal per attirare nazionali importanti. Per questo la Federazione locale punta molto sulla capacità delle nuove leve (Cacace, Sarpreet Singh di proprietà del Bayern Monaco, Elijah Just, Callum McCowatt) di trovare spazio e costruirsi una carriera all’estero, innescando così un circolo virtuoso. Le Olimpiadi possono rappresentare un buon punto di partenza.