La più antica area marina protetta d’Europa. L’isola di Ustica vanta questo primato. Istituita nel 1986, è stata una scommessa nella conservazione del Mediterraneo. Dopo 35 anni, il direttore lancia un’altra sfida: si svolgerà dal 23 al 25 luglio il primo Festival “Ustica Blue Days”, una tavola rotonda unica nel suo genere tra politici, scienziati, campioni sportivi (anche paralimpici), “una tre giorni per far riparlare dell’isola di Ustica in una veste nuova”, dichiara Davide Bruno. Sì, ma quale veste? “Da quest’isola deve partire un messaggio, ossia che l’economia della crescita è sbagliata, serve un’economia del benessere, un benessere che necessariamente deve passare dalla salute dell’ambiente in cui viviamo”.
“I cambiamenti climatici sono già in atto nel Mediterraneo. Negli ultimi cinque anni, la temperatura superficiale dell’acqua ha raggiunto il massimo storico di 31 gradi centigradi quando la media stagionale è tra 20,4 e 27,9, non c’è più tempo da perdere”, esorta Bruno a Ilfattoquotidiano.it. “Se nel Recovery Plan il 37% della spesa è destinato alla transizione ecologica dei sistemi produttivi, allora dobbiamo pretendere un cambio di rotta”.
Al festival ci saranno tanti protagonisti della vita di mare sotto aspetti completamente diversi. Da Checco Bruni, timoniere di Luna Rossa, a Cristina De Tullio, già nuotatrice paralimpica che promuove lo sport come strumento inclusivo e di crescita sociale. Tra gli scienziati c’è Marco Faimali, direttore dell’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Cnr, e Paolo Dario, Prorettore all’innovazione della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e direttore scientifico ARTES 4.0.
Ustica festeggia un compleanno con 35 candeline, ma il direttore non può non lamentare che “c’è una carenza di soldi per le aree marine protette. Se si pensa ai Parchi nazionali terrestri che hanno finanziamenti diretti, le zone tutelate marine non ne hanno o le hanno in misura nettamente minore”. E poi c’è una carenza di personale. “Ci sono 29 aree marine più due parchi marini e il personale alle dipendenze del ministero dell’Ambiente è composto esclusivamente dai 31 direttori – denuncia Bruno – Non penso sarebbe una spesa stratosferica se lo Stato assumesse per ogni area marina due persone, un amministrativo e un biologo marino. Il direttore da solo non può fare tutto”.
Ad oggi, infatti, il sistema delle aree marine va avanti con la sola forza degli enti gestori, spesso insufficiente perché si tratta di piccoli Comuni. E fa sorridere che le aree marine siano senza dipendenti. Eppure, siamo in emergenza sovrapesca: le risorse ittiche sono al collasso e le aree marine protette sono le uniche zone di tregua, in cui il pescato si rigenera e sostiene le aree circostanti. Lo hanno capito anche i pescatori: “Qui ad Ustica c’è una comunità di una ventina di pescatori dediti alla pesca artigianale e sono loro a chiedere più fermi biologici – spiega il direttore – Perché se si rispettano i tempi di riproduzione dei pesci a guadagnarci sono i pescatori con pescati più proficui”. Ad esempio, servirebbe un fermo per la ricciola o per il pesce San Pietro. “Certo che non si possono nemmeno abbandonare i pescatori e servono indennizzi e misure di sussistenza per venirsi incontro”, aggiunge.
Oggi sembra che ci sia un’attenzione crescente alla salvaguardia dell’ambiente, ma il direttore sostiene che dietro questa si nasconda anche “tanto greenwashing e dietro certe pubblicità c’è sempre un sistema di profitto insostenibile per l’ambiente. Non lo dico io, ma le certificazioni di pesca sostenibile dei grandi marchi industriali sono false, la sola pesca sostenibile è quella sotto costa artigianale”. Anche nell’Isola di Ustica non è mancato qualche sabotaggio. “Abbiamo dovuto fare una denuncia a ignoti per dei cavi di ormeggio tranciati e per un ancoraggio d’acciaio smontato a 18 metri di profondità, si tratta di fatti chiaramente dolosi e di notte, poi, è difficile proteggere le zone interdette alla pesca, servirebbero maggiori controlli”.
Dall’ombelico del Mediterraneo si parlerà di robotica e di alta tecnologia a servizio dell’ambiente: “È di questi giorni l’avvio del progetto ambizioso firmato dall’Area marina e dall’università Lumsa di Palermo, con il suo incubatore di start up Lumsa Digital Hub. Il progetto prevede l’installazione di un campo boe intelligenti per l’ormeggio lungo il periplo dell’isola, dotate di telecamera sommersa e di centraline per il monitoraggio ambientale dei fondali”.
Ustica è considerata come le Hawaii del Mediterraneo. “Sono in pochi a sapere che dal punto di vista magmatologico l’isola è più simile alle Hawaii che alle vicine Eolie, essendo un punto caldo di risalita di magmi”. Ma tra le sue unicità non si può non ricordare “che il territorio è un caleidoscopio di colori e sfumature, scrigno di tipicità agroalimentari come la lenticchia o la fava, per non parlare dello zafferano e dello zibibbo”, racconta Bruno. “Ci sono sentieri dove passeggiare tra il lentisco, la ginestra e l’artemisia, travolti dai sensi dell’olfatto e della vista, espressione di un turismo lento ed esperienziale. Oppure ci sono percorsi sommersi nuotando tra archeologia e natura”.
Unico neo, un paradiso come questo ha ancora una centrale elettrica alimentata da gruppi elettrogeni a gasolio. “Il passaggio al fotovoltaico è in corso, servirà ancora un po’ di tempo”, chiarisce Bruno, mentre “ci si sta impegnando a essere sempre più plastic free e la prossima settimana si inaugurerà la Casa dell’acqua per abbattere il consumo delle acque minerali imbottigliate”.
E chissà, tra boe intelligenti e un futuro sempre più green forse si potrà anche sperare in un ritorno stanziale della foca monaca, il mammifero più raro del Mediterraneo: “Le cronache dei pescatori ci confermano avvistamenti recenti – conclude Bruno – Di sicuro abbiamo le grotte semi sommerse con spiaggetta interna che, si sa, sono la loro casa ideale”.
Credito fotografico Vincenzo Ambrosiano, Usticafoto