L'epilogo giudiziario, per il momento, è costituito dal rinvio a giudizio di due persone, filmate mentre affiggevano i volantini pieni di accuse infamanti alle porte delle chiese tra Rialto e San Marco
Dopo che nel gennaio 2019 un misterioso Fra.Tino aveva tappezzato Venezia di manifestini, denunciando corruzioni e malcostume (sessuale) del clero, il patriarca Francesco Moraglia interpretò il ruolo dello 007 per smascherare gli autori di un dossier da scandalo. Incontrò due donne che avevano adombrato possibili ritorsioni nel caso il presule non avesse ridato una chiesa a un parroco ribelle rimosso. Alla presenza di altri quattro sacerdoti, ascoltò le due fedeli (una è una marchessa) e cercò di stimolarle per rivelare quello che sapevano sul misterioso documento in cui sarebbero stati scritti nomi, cognomi e circostanze compromettenti per alcuni rappresentanti del clero veneziano. Fece registrare con il telefonino dal proprio segretario circa un’ora di colloquio, mentre anche i carabinieri, che erano stati avvertiti, erano in ascolto.
La scena sembra tratta da una moderna commedia goldoniana ed emerge, con toni a tratti grotteschi, dagli atti del procedimento per diffamazione scaturito dai volantini firmati Fra.Tino. In questa storia ci sono nobildonne, l’Ordine dei Cavalieri di Malta, un’insurrezione dei parrocchiani del centro storico di Venezia, un prete spretato per i suoi affari alquanto terreni e per insubordinazione clericale.
L’epilogo giudiziario, per il momento, è costituito dal rinvio a giudizio di due persone, filmate mentre affiggevano i volantini pieni di accuse infamanti alle porte delle chiese tra Rialto e San Marco. Si tratta di Enrico Di Giorgi, 76 anni, milanese, ex dirigente della Montedison, con casa a Venezia, e di Gianluca Buoninconti, 55 anni, tecnico informatico lombardo. Sullo sfondo rimane il misterioso mandante, ma nessuno è stato indagato per tale ruolo, anche se la campagna di pubblicità negativa e di denuncia si inseriva nella guerra scatenata dal trasferimento di don Massimiliano D’Antiga, parroco di San Zulian e San Salvador. Di Giorgi è un grande amico del prete (ora ridotto allo stato laicale) e sono stati intercettati alcuni dialoghi tra i due piuttosto allusivi. D’Antiga però non è mai stato indagato per i volantini.
All’udienza si sono costituite una quindicina di parti civili, tirate in ballo dai tazebao a sfondo religioso. In primo luogo c’è monsignor Moraglia, con il Patriarcato di Venezia. L’elenco prosegue con il vicario Angelo Pagan e con altri sacerdoti. Infine, il grande fustigatore di don D’Antiga, il docente di scienze religiose Alessandro Tamborini, che per anni ha accusato D’Antiga di gestione perlomeno disinvolta dei beni parrocchiali e perfino di alcune eredità. Il parroco fu trasferito l’8 dicembre 2018, ma non si piegò. Gruppi di parrocchiani manifestarono sotto la Curia e chiesero di incontrare Moraglia. A gennaio 2019 i volantini. Due mesi dopo l’episodio del vescovo-detective, che si sente tirato in ballo perché Fra.Tino affermava che egli aveva insabbiato gli scandali a sfondo sessuale del clero.
Ed ecco le due donne. Una di loro è una nobildonna, la marchesa Barbara Berlingieri Cicogna Mozzoni, palazzo in Canal Grande, dama dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. L’altra è Gisella Tommasi di Vignano, moglie di un avvocato. Due parrocchiane ferventi, seguaci di don D’Antiga. La Berlingeri l’11 marzo 2019 incontra il sacerdote don Roberto Donadoni, di San Moisè. In quell’occasione, come riporta un verbale dei carabinieri, “la Berlingieri aveva affermato che esiste un dossier sui preti di Venezia che sarebbe stato utilizzato qualora non venisse concessa una chiesa a don D’Antiga”. Sembra un ricatto. Per questo don Donadoni va dal Patriarca che avverte i carabinieri del Nucleo Operativo. Scatta la trappola.
Il Patriarca concede udienza alle signore il 2 maggio 2019, dalle 18.10 alle 19.10. Sono presenti Moraglia, il suo segretario particolare don Morris Pasian (che registra tutto con il cellulare), don Donadoni e il vicario don Angelo Pagan. I carabinieri si sono raccomandati con il patriarca di chiedere con voce chiara il nome delle interlocutrici, in modo che non vi siano dubbi di identità. Il vescovo sta al gioco: “Come si chiamano queste signore?” scandisce in modo interrogativo. Ne scaturisce un’ora di colloquio che però non sembra assumere i toni del ricatto. La marchesa spiega “che voleva far sapere al Patriarca dello scontento che aleggia tra i fedeli”. A quel punto don Donadoni chiede conto del dossier. I carabinieri sintetizzano: “La donna obietta che le è stato detto che esiste un dossier e lei lo riferisce al Patriarca per informarlo, quindi proferisce queste parole non come minaccia, ma come utile informazione”.
Moraglia risponde che “se parla di un dossier contenente comportamenti penalmente perseguibili, ci si deve recare dagli organi giudiziari, altrimenti gli si chiede di insabbiare qualcosa e lui non lo ha mai fatto”. A quel punto, incalzate, “le due donne dicono che non hanno nulla da poter mostrare, ma che ci sono persone decise, molte persone scontente”.
Del ruolo avuto dalle signore e da una loro amica, titolare di un bar in piazza San Marco, si è occupato anche il professor Tamborini. “Lodevole l’intervento del Patriarca che ha dimostrato di non cedere ai ricatti. Furono Barbara Berlingieri e Anna Paola Rey a introdurre il D’Antiga nella sede dell’Ordine di Malta a Venezia nel 2017 e, dopo mie denunce, lo stesso fu estromesso nel 2018”. Risultava, infatti, essere assistente spirituale dell’organizzazione. Tamborini si è rivolto ai vertici romani dell’Ordine, raccontando queste circostanze imbarazzanti.