Tiziana Maniscalchi ha da poco riposto il camice nell’armadietto, ha salutato i colleghi ed è tornata a casa. “Solo oggi pomeriggio ne abbiamo ricoverati 7-8, siamo di nuovo in salita. Stiamo ricominciando e fa rabbia, perché dovremmo occuparci di altre malattie”. I pazienti dell’ultima settimana sono “tutti non vaccinati”, racconta, confermando quello che le statistiche del monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità fotografano in maniera limpida: “La vaccinazione completa presenta un’efficacia molto elevata, particolarmente protettiva per ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi. Oggi la curva dei casi per chi ha uno status di non vaccinato è evidente, mentre per i vaccinati con ciclo completo è quasi non percepibile“, ha spiegato il presidente Silvio Brusaferro. I medici sul campo lo vedono giorno per giorno, in anticipo rispetto al report delle autorità sanitarie. Quello della dottoressa Maniscalchi è un osservatorio “privilegiato”. È la primaria del pronto soccorso dell’ospedale Cervello di Palermo, hub covid dell’azienda ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello. La prima linea della Sicilia occidentale nella lotta alla nuova ondata, una coda lunga evitabile: “Stiamo garantendo a tutti la possibilità di vaccinarsi – dice Maniscalchi – Quindi si tratta di pazienti che oggi non dovrebbero rimanere in ospedale”.
Invece nelle ultime settimane il flusso è tornato a crescere: “E giorno dopo oggi osserviamo che negli accessi in pronto soccorso diminuisce la percentuale di persone ‘coperte’ e sale quella di pazienti che non sono vaccinati”. Con una differenza sostanziale, rimarca la primaria (foto a sinistra, ndr): “I contagiati che hanno effettuato una dose o il ciclo completo vengono sistematicamente rimandati a casa dopo gli accertamenti. E parliamo di over 60, spesso di persone con comorbilità. In altre parole, pazienti che senza vaccino avrebbero certamente subito un’evoluzione grave della malattia”. Un episodio per tutti: “Alcuni giorni fa abbiamo tranquillamente dimesso dal pronto soccorso una coppia, lei di 67 anni e lui 65enne, paziente broncopatico e cardiopatico, con diabete. Senza vaccino non sarebbe mai accaduto”, sottolinea Maniscalchi.
Viaggiando in altre Regioni, la situazione è identica. Lo conferma il professore Antonio Moschetta, internista in servizio nell’hub della Fiera del Levante di Bari, lo ribadisce Antonino Marchese, direttore sanitario Covid hospital 3 di Casalpalocco, alle porte di Roma. Chi arriva in ospedale è quasi esclusivamente non vaccinato. Nei reparti di sub-intensiva e terapia intensiva la percentuale dei nuovi accessi è totalmente spostata tra coloro che non hanno effettuato iniezioni. Anche giovani. Il racconto è sempre lo stesso. E Maniscalchi sottolinea: “Intanto la circolazione ferma anche chi è vaccinato, limitandone la libertà. A me farebbe piacere andare in vacanza a Santorini o a trovare mio fratello in Spagna, dopo quasi due anni lontani – si rammarica la primaria del Cervello – Invece devo ancora rinunciarci”.
La necessità di “cautela” è ribadita anche da Moschetta, ordinario di medicina interna del Policlinico di Bari da mesi impegnato nella sub-intensiva del centro allestito dalla Regione Puglia tra la prima e la seconda ondata: “Al momento abbiamo 8 persone, tutte non vaccinate, in ventilazione assistita non meccanica”. Una situazione che non riguarda solo gli anziani: “L’età è variabile, andiamo da un 80enne a due quarantenni fino a due atleti. Il fattore comune è la mancata vaccinazione e ora tutti loro si rendono conto che hanno sbagliato, ce lo dicono”, racconta. L’effetto di Pfizer, Moderna, Astrazeneca e Johnson&Johnson, insomma, è ben visibile. Un concetto sul quale il professore insiste: “Dobbiamo uscire dalla retorica del vaccino come la speranza. È già una certezza. Il paradigma della protezione siamo proprio noi operatori sanitari – spiega – Nei nostri reparti, durante la prima ondata, che in Puglia non è stata devastante, molti si sono ammalati con sintomi. Durante la seconda di marzo e aprile, violentissima, eravamo tutti vaccinati e abbiamo avuto zero operatori contagiati. Ripeto: zero”.
Le sacche di restii ad aderire alla campagna vengono definiti un fenomeno “allucinante” da Marchese, che nell’hub di Casalpalocco ha dovuto riconvertire anche le sale operatorie per arrivare a 120 posti riservati a pazienti Covid, di cui 40 di terapia intensiva e 18 di sub-intensiva. “Oggi ne abbiamo 36 occupati, dieci pazienti sono in terapia intensiva e 8 in sub-intensiva. Tutti non vaccinati”, dice tutto d’un fiato. Pentiti? “Non mi pare, l’idea è che restino sulla loro posizione contraria al vaccino”. Il direttore sanitario non usa metafore: “Sono senza parole, non ci sono obiezioni al dovere di vaccinarsi”. La dura uscita di Mario Draghi nel giorno dell’approvazione del decreto che introduce il green pass per accedere a diverse attività è stata accolta con favore nei reparti che in questi giorni iniziano a sentire le prime fibrillazioni scaturite dalla crescita dei contagi registrata nelle ultime due settimane: “Ha fatto bene – sottolinea Marchese – Adesso è il momento di far rispettare le regole introdotte con il green pass. Altrimenti il virus resterà un problema di tutti”.
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