Trasferire d’urgenza Paolo Storari da Milano per la “serenità di tutti i magistrati del distretto” e impedirgli di lavorare ancora come pubblico ministero. La richiesta-bomba arriva dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura e titolare dell’azione disciplinare nei confronti del magistrato, che ad aprile 2020 consegnò a Piercamillo Davigo (allora consigliere) i verbali dell’ex avvocato Eni Piero Amara: atti in cui il faccendiere siciliano, indagato per depistaggio in relazione al caso Eni-Nigeria, sosteneva l’esistenza di un circolo massonico chiamato “loggia Ungheria”, formato da politici, magistrati e alti funzionari statali, tra cui due membri dello stesso Csm. Storari ne inviò a Davigo una copia non firmata in formato Word, spiegando poi di averlo fatto per tutelarsi dall’inerzia dei propri dirigenti (il procuratore di Milano Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio) che esitavano ad aprire un fascicolo d’indagine su quelle dichiarazioni. In relazione alla vicenda sia Storari che Davigo sono indagati a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio.
Salvi contesta a Storari “tre gravi scorrettezze” sul piano discipliare. La prima è che la consegna dei verbali, “informale e irrituale”, sia stata fatta “a un singolo consigliere” e “all’insaputa del procuratore di Milano”, violando le regole formali che impongono la consegna in plico riservato al Comitato di presidenza del Csm. La seconda – basata su una relazione del procuratore Greco del 7 maggio scorso – è che il pm non avesse “formalizzato alcun dissenso sulle presunte lentezze o manchevolezze dell’indagine”, chiedendo per iscritto attività istruttorie e iscrizioni di indagati soltanto dopo aver condiviso i verbali con Davigo. In questo modo, scrive Salvi, i dirigenti dell’ufficio, “non messi anticipatamente al corrente di un effettivo e formalizzato dissenso sulla conduzione dell’indagine”, sono stati “oggetto di una sotterranea campagna di discredito oggettivamente posta in essere da Storari, per giunta all’interno del Csm”.
Infine, il pg della Cassazione ricorda che quando a ottobre 2020 il giornalista del Fatto Antonio Massari avvisò i pm di Milano di aver ricevuto a propria volta i verbali (spediti dall’assistente di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto), Storari non si astenne dal fascicolo aperto sulla vicenda insieme all’aggiunto Pedio. E invece – è l’accusa – avrebbe dovuto dire ai superiori che in aprile era stato lui a consegnare gli atti a Davigo dando origine alla fuga di notizie. Salvi, in particolare, sottolinea l’accusa che Pedio muove al sostituto nella relazione del 6 maggio: cioè quella di aver “rallentato” e “ostruito” le indagini sulla rivelazione di segreto omettendo di incaricare un perito informatico per analizzare i pc della Procura e capire da dove fossero uscite le carte. L’udienza in camera di consiglio della Sezione disciplinare del Csm che deciderà sul trasferimento è fissata a venerdì 30 luglio.
Storari – che non si farà difendere da un magistrato, come d’usanza per i procedimenti disciplinari, ma dal proprio legale Paolo Della Sala – ha annunciato il deposito di una memoria articolata in cui si difenderà spiegando, “capitolo per capitolo” le proprie ragioni e ricostruendo nel dettaglio i contrasti con i superiori, come già fatto quando è stato interrogato a Brescia. Produrrà, per esempio, le mail inviate a Greco e Pedio per chiedere di indagare e alle quali mai sarebbe stata data risposta, e anche quella in cui a maggio 2020 ha trasmesso ai dirigenti una scheda per procedere alle iscrizioni, ricevendo da loro un’aspra risposta in cui definivano il gesto “gravissimo”. Nel frattempo, riporta l’Ansa, vari colleghi della procura di Milano hanno inviato privatamente a Storari messaggi di solidarietà: “Sono senza parole. Ti conosco come un ottimo pm e la stima che tu hai fra di noi penso debba darti l’energia per superare tutto questo”, è un esempio riportato dall’agenzia.