E' il più importante esempio di architettura orientalista in Italia, realizzato nella seconda metà dell'Ottocento dal marchese Panciatichi Ximenes d'Aragona: uno spettacolo per gli occhi come suggerisce una scritta in una delle sale, "Non plus ultra". Da oltre 20 anni è abbandonato e in mano a privati (stranieri). Ora una petizione su Change riaccende il dibattito per recuperarlo. Il vicepresidente del Fondo Ambiente si rivolge al ministro: "Gli aiuti Ue sono un'occasione irripetibile"
“Salvate il castello di Sammezzano“. Il suggestivo edificio di Reggello, in Valdarno, il più importante esempio di architettura orientalista in Italia, realizzato tra il 1850 e il 1890 per volontà del marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, torna protagonista delle cronache. A spingerlo una petizione su Change.org rivolta al governo con l’obiettivo di salvare il gioiello dall’inarrestabile degrado. Dal 1999 il castello è di proprietà di una società inglese che si è sempre lamentata della burocrazia italiana, a suo dire l’ostacolo principale alla corretta gestione dell’immobile, un edificio largo una cinquantina di metri e profondo almeno venti, che si estende per centinaia e centinaia di metri quadrati, su tre piani e che all’interno propone innumerevoli stili di architettura.
Più di un anno fa sulla vicenda intervenne Andrea Carandini, presidente del Fai, il Fondo Ambiente Italiano, con un appello dal titolo “Lo Stato salvi il Castello di Sammezzano”, rivolto al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, affinché lo Stato intervenisse in favore di uno dei monumenti più a rischio della Toscana, a pochi chilometri da Firenze, da decenni in stato di completo abbandono. “Vedo questo straordinario monumento che dice ‘salvatemi’ – disse Carandini – È un monumento enorme, curiosissimo. Il Fai non potrà mai sobbarcarsi una cosa del genere. Solo lo Stato può intervenire. Quindi faccio un appello al ministro Franceschini perché lo Stato acquisti questo straordinario monumento che merita assolutamente di essere salvato”. Nel 2020 il castello giunse secondo tra i “Luoghi del cuore del Fai” più votati (alle spalle della Ferrovia Cuneo-Ventimiglia). Adesso la petizione – rivolta al Governo affinché eserciti la tutela sui beni (se pur) privati, ma vincolati, e alle istituzioni locali – sta per raggiungere la soglia delle 25mila firme e sempre dal Fai giungono proposte concrete e giuste osservazioni.
Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo, parla del Castello di Sammezzano come di “un unicum europeo, una grande opera dell’Ottocento, un bene da salvare come bene pubblico perché testimonianza della cultura europea. Per cui suggerisco che il ministero della Cultura sfrutti il Piano nazionale di ripresa e resilienza per trovare il modo di acquisire il bene. Anzi, il mio è proprio un appello a Franceschini affinché proponga una vendita a prezzo congruo del bene in questione perché ora i soldi ci sarebbero; insomma si tratta di un’occasione irripetibile da non perdere”.
Un aggiornamento sulla questione arriva da Federica Armiraglio, responsabile della campagna del Fai-I luoghi del cuore: “Per la prima volta dopo tanto tempo – afferma – la soprintendenza fiorentina ha previsto degli interventi di tutela che riguardano il parco che circonda il castello, la cosiddetta ‘casina cinese’ e un ponte. Non è molto, ma qualcosa si muove. Certo, il fatto che si tratti di un bene privato rappresenta l’ostacolo maggiore per cui sono d’accordo con Magnifico nel ritenere che l’unica strada percorribile sia convincere la proprietà a vendere il bene e che questo diventi patrimonio dello Stato. Ma ovviamente questo non basta. A parer mio, in questa operazione deve svolgere un ruolo fondamentale anche il rapporto tra pubblico e privato perché lo Stato da solo non può avere la capacità d’acquisto, il progetto di recupero e la volontà di trovare una nuova destinazione d’uso. Per cui è auspicabile un cambio di mentalità nel rapporto tra pubblico e privato nella gestione dei beni culturali. Se i privati sono pronti a collaborare con l’istituzione pubblica e trova interesse nel farlo, allora si possono fare acquisti, progetti, stabilire obiettivi. Senza queste premesse sarà difficile poter salvare il Castello di Sammezzano e altri beni che stanno soffrendo per il degrado e il disinteresse”.
Per capire di cosa parliamo: nell’edificio, prima che cadesse nell’abbandono, era leggibile Non plus ultra, una scritta in latino, bianca su fondo blu nella cosiddetta Sala dei Gigli, che sintetizza il fascino del luogo, cioè il limite estremo, il massimo, della perfezione, dell’eleganza, dell’arte con cui si è realizzato un lavoro in un luogo da fiaba. Da ormai oltre vent’anni, però, il castello è preda dell’abbandono e se guardiamo alle leggi vigenti e ai risultati che queste dovrebbero produrre (ma ciò non accade), si comprende la necessità, non più procrastinabile, sia di salvare il Castello di Sammezzano, sia di cambiare le norme che regolano la tutela dei beni culturali, quelli pubblici e quelli privati. Ne va del nostro patrimonio, ne va della nostra civiltà.
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