I nomi e le medaglie che fanno tornare alla mente ricordi meravigliosi, oltre a renderci ancora orgogliosi del peso che la scherma ha avuto negli ultimi 30 anni per lo sport italiano. Giovanna Trillini, oro a Barcellona 1992, Valentina Vezzali argento e Trillini bronzo ad Atlanta 1996, dietro solo alla romena Laura Badea che trovò il giorno perfetto, Vezzali oro e Trillini ancora bronzo a Sydney 2000, Vezzali oro e questa volta argento di Trillini ad Atene 2004, Vezzali ancora oro e Margherita Granbassi bronzo a Pechino 2008, tris completo sul podio di Londra 2012, con Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Vezzali a spartirsi le medaglie e infine Elisa Di Francisca, argento dietro Inna Deriglazova a Rio de Janeiro 2016. Sono i nomi delle campionesse e delle medaglie che da 29 anni portavano all’Italia le atlete azzurre nella gara di fioretto individuale donne alle Olimpiadi. Oggi questa lunghissima striscia è finita.
L’ultima volta che una rappresentante italiana del fioretto femminile non era salito un podio olimpico nella gara individuale si disputavano le Olimpiadi di Seul 1988, quando a dominare erano le tedesche dell’Ovest, che presero tutti e tre i posti sul podio. Questa frase già da sola fa capire il tempo del dominio del nostro fioretto femminile. L’ultima volta che non abbiamo vinto una medaglia olimpica in questa disciplina c’era ancora il Muro di Berlino, i cellulari erano scatoloni che avevano in pochi e in tv c’era Domenica In… no, in realtà quella c’è ancora.
Prima di questa Olimpiade era stata già più volte segnalata un’assenza che ha riguardato la scherma azzurra. Per la prima volta dal 1976 mancava nella nostra Nazionale un atleta proveniente da Jesi, cittadina che grazie alla scuola del Palascherma di via Solazzi del maestro Troccoli ha creato campioni su campioni, dando lustro alla città e all’Italia intera. Ancora una volta i loro nomi sono proprio quelli di Vezzali, Di Francisca, Trillini e Cerioni, tutti ori olimpici in diverse edizioni.
Quest’anno però c’erano atleti, non nati a Jesi, ma tesserati per il glorioso Club Scherma Jesi, come la senese Alice Volpi. Alice ha iniziato il suo percorso nell’individuale da outsider e ha messo subito le cose in chiaro nei primi incontri. All’inizio ha battuto l’ungherese Kata Kondricz, con un perentorio 15-5, agli ottavi vittoria contro la tedesca Leonie Ebert per 15-13 e, come si immaginava fin dall’inizio nel momento in cui sono stati pubblicati i calendari, ai quarti è arrivata la sfida anche generazionale contro l’argento di Londra 2012, una delle poche non jesine a vincere nel fioretto femminile, Arianna Errigo. Il 10-0 con cui Alice Volpi ha letteralmente travolto la brianzola ha scioccato tutti perché in squadra e non solo c’era l’idea che Errigo fosse ancora superiore o almeno tra di loro ci fosse più equilibrio. In realtà Arianna Errigo ha cercato di ridurre la distanza, ma la più giovane Volpi ha chiuso il match con un netto 15-7.
In semifinale ha trovato Inna Deriglazova, oro olimpico in carica e sei volte campionessa del mondo tra individuale e gara a squadre. L’Everest da scalare toccava ad Alice che ha provato a infastidire la grande russa ma ha perso per 15-10. Restava però ancora una medaglia da vincere, per far perpetuare quella che ormai era una vera e propria tradizione dello sport mondiale, non solo italiano. La finale per il terzo posto era contro un’altra atleta russa, Larisa Korobeynikova, che in semifinale aveva perso contro l’americana Lee Kiefer, lei sì capace di scalare la montagna Deriglazova poi in finale e vincere l’oro. È stata una finale per il bronzo emozionante, piena di colpi di scena, cambi di decisioni arbitrali e tiratissima. Arrivate sul 14-14, Alice ha provato il colpo sulla schiena, mentre Korobeynikova sceglieva meglio il tempo e chiudeva il colpo al busto. Con il 15-14 si interrompeva un filo rosso che ha legato le migliori atlete non solo nella scherma che abbiamo mai avuto negli ultimi 30 anni in Italia.
Tutte le strisce si interrompono nello sport, lo sapeva anche Gregg Popovich quando lo scorso anno non ha portato i suoi San Antonio Spurs ai playoff dopo 23 anni di presenza ininterrotta. “Mi dovreste chiedere come è stato possibile farlo per tutti questi anni e non come mai questa volta non ci siamo riusciti”, disse alla stampa il grande allenatore. Per il nostro fioretto femminile dovremmo farci la stessa domanda. E da qui in avanti non tanto pensare a quello che questa volta non è stato, ma iniziare a guardare al futuro, per non ripetere la non medaglia anche nella prova a squadre e magari ancora più in là. Così in una sola volta ripartirebbero entrambe le tradizioni e il futuro continuerà nel segno del passato, un passato glorioso ma ripetibile.