Fermavano i mezzi pubblici in luoghi isolati, poi bloccavano le porte e davano sfogo a “condotte violente e minacciose”, a volte palpeggiando, altre arrivando ad avere rapporti sessuali completi. Otto autisti di Amat, l’azienda di trasporto pubblico di Taranto, sono indagati per violenza sessuale aggravata nei confronti di una ragazza disabile, una 20enne affetta da un evidente disagio psichico. Gli abusi sono andati avanti per circa due anni, da ottobre 2018 ad aprile 2020. Poi, a giugno del 2020, spinta dal suo fidanzato, la ragazza ha denunciato le violenze ai carabinieri.

A riportare la notizia è la Gazzetta del Mezzogiorno, che evidenzia anche la decisione del gip, Francesco Maccagnano, al quale la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari per gli indagati, tutti tra i 40 e i 62 anni. Il giudice, però, ha ritenuto sufficiente il divieto di avvicinamento alla ragazza e al suo fidanzato.

Gli otto sono accusati di violenza sessuale con le aggravanti, appunto, di aver agito su una persona sottoposta a limitazioni della libertà personale, visto che quasi sempre gli abusi avvenivano sugli stessi bus di linea ai quali gli autisti chiudevano le porte per impedire alla vittima di scendere, e per aver commesso il fatto in qualità di incaricati pubblico servizio. La ragazza, si legge negli atti, frequentava spesso gli autobus. Secondo le ricostruzioni i mezzi venivano parcheggiati sotto a un cavalcavia vicino al capolinea al porto mercantile, o vicino a una delle portinerie dell’Ilva. Qui, ricostruisce il giudice, le porte venivano bloccate e poi gli autisti approfittavano dell'”estrema vulnerabilità” della giovane vittima. Alcuni si sarebbero “limitati” a palpeggiare la ragazza, che aveva già subito una violenza sessuale quando aveva 14 anni da parte di un vicino di casa, condannato in via definitiva, mentre altri avrebbero avuto rapporti sessuali completi.

Nelle oltre 100 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice, riporta sempre la Gazzetta del Mezzogiorno, sono descritte le “condotte violente e minacciose” degli autisti, riferite dalla ragazza agli investigatori e a due psicologhe. Restavano da soli sui mezzi con lei e approfittavano della “fragilità ben nota agli indagati, che non hanno esitato a piegare a strumento di soddisfazione e godimento per le loro voglie sessuali“.

Immagine d’archivio

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