Parlamento sospeso per 30 giorni, revocata l’immunità dei suoi componenti e dimissioni forzate del primo ministro Hichem Mechichi e di alcuni suoi ministri. La mossa a sorpresa del presidente della Repubblica, Kaïs Saïed, getta nel caos la Tunisia ma il capo dello Stato assicura che “non si tratta di un colpo di Stato” e di aver agito nei limiti della Costituzione del Paese. Questo nonostante abbia anche deciso di imporre il coprifuoco notturno dalle 19 alle 6 in tutto il Paese e lo stop al lavoro dei dipendenti pubblici per due giorni. “Ho deciso di assumere il potere esecutivo con l’aiuto di un capo di governo che nominerò io stesso – ha detto Saïed in un intervento alla tv di Stato – Secondo la Costituzione, ho adottato le decisioni richieste dalla situazione per salvare Tunisi, lo Stato e il popolo tunisino. Chi parla di colpo di Stato dovrebbe leggere la Costituzione o tornare al primo anno di scuola elementare, io sono stato paziente e ho sofferto con il popolo tunisino”. Il presidente non ha escluso l’adozione di altre misure e nel suo discorso ha detto di non volere nuovi spargimenti di sangue a dieci anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini: “Chi punta un’arma diversa da quella della legittimità troverà un’arma, ma non voglio una sola goccia di sangue“. E nella tarda mattinata arriva un’altra notizia che preoccupa per la tenuta democratica del Paese: Saïed ha fatto chiudere la sede locale della tv panaraba al-Jazeera, storicamente vicina alla Fratellanza Musulmana che a sua volta è legata anche al partito islamista Ennahda che in queste ore si sta opponendo alle mosse del capo dello Stato. Una decisione che può essere interpretata come un tentativo di silenziare le voci critiche in Tunisia.
Una mossa che rappresenta l’epilogo di uno stallo prolungato che affligge il Paese da mesi, con il capo dello Stato e del governo che non hanno mai trovato un punto d’incontro dopo il rimpasto dell’esecutivo del gennaio scorso mai accettato da Saïed. La situazione si era poi ulteriormente complicata, con i deputati arrivati più volte allo scontro fisico all’interno dell’aula. Così il presidente della Repubblica ha deciso di porre rimedio con un colpo di spugna sull’esecutivo, dopo le proteste di ieri organizzate in rete dal Movimento del 25 luglio, nel giorno del 64esimo anniversario della proclamazione della Repubblica tunisina che ha portato in piazza centinaia di giovani e attivisti. Ieri gli attivisti hanno sfilato sotto un sole cocente e una temperatura di 40 gradi intonando come slogan principale “il popolo vuole lo scioglimento del Parlamento”. Tra le altre richieste del movimento anche che venisse fissata una data per le elezioni anticipate. Imponente lo schieramento delle forze dell’ordine che ha transennato tutte le vie di accesso alla sede del parlamento e alla centrale Avenue Bourguiba della capitale. Gli agenti hanno usato gas lacrimogeni per disperdere alcuni dei dimostranti che avevano lanciato oggetti contro di loro e hanno effettuato diversi arresti. Si sono verificati scontri in molte città, in particolare a Nabeul, Sousse, Kairouan, Sfax e Tozeur.
In seguito alla decisione del presidente, i militari hanno circondato il Parlamento, dopo aver vietato nella notte l’accesso al presidente dell’Assemblea, Rached Ghannouchi, leader del partito islamico Ennahda, che si era presentato davanti all’ingresso insieme alla vicepresidente Samira Chaouachi, Noureddine Bhiri e altri deputati della stessa fazione e della coalizione islamista Al Karama. “Non siamo stati consultati, respingiamo le decisioni annunciate da Kaïs Saïed e faremo appello alle organizzazioni nazionali e a quelle della società civile per contrastarle”, ha dichiarato lo stesso Ghannouchi dopo la riunione d’emergenza del movimento in tarda notte. “Riteniamo che il Parlamento non sia stato sciolto e rimarrà in seduta permanente. Il capo dello Stato ha applicato erroneamente le disposizioni dell’articolo 80. Ciò che il capo dello Stato ha appena annunciato non può essere qualificato come altro che un colpo di Stato. È un colpo di Stato contro la costituzione e le istituzioni statali”. Saïed ha invece dichiarato di aver avvertito della decisione presa sia il premier che il presidente del Parlamento, ma quest’ultimo ha risposto dicendo che “è vero che il capo dello Stato mi ha contattato per dirmi che avrebbe annunciato lo stato di emergenza, ma in nessun modo mi ha detto che stava preparando un golpe e che aveva in mente di cambiare il regime democratico presente in modo dispotico e unilaterale regime”.
In serata l’ormai ex primo ministro Hichem Mechichi ha pubblicato una dichiarazione sulla sua pagina ufficiale Facebook in cui fa il punto sul suo operato e annuncia di fatto di accettare le decisioni adottate dal capo dello Stato. “Trasmetterò le mie responsabilità alla persona che sarà nominata dal Presidente della Repubblica secondo le tradizioni dello Stato, augurando successo alla nuova squadra di governo”, afferma. “Viva la Tunisia, libera sempre e gloria al suo popolo”, conclude la dichiarazione.
Nel pomeriggio di lunedì è stata poi diffusa una nota ufficiale dell’ufficio di presidenza del Parlamento tunisino in cui si afferma che tutte le decisioni annunciate dal presidente sono “nulle” perché “vanno contro la Costituzione e persino l’articolo 80, che è stato mal interpretato”. Il Parlamento, continua la nota, resterà “in riunione permanente a causa di una situazione particolarmente delicata” e invita “le forze dell’ordine e l’esercito a stare al fianco del popolo tunisino, proteggere la Costituzione, sostenere lo Stato di diritto e preservare il prestigio dello Stato e delle istituzioni”.
I militari e gli elicotteri delle forze dell’ordine monitorano la situazione nella capitale per paura di una sommossa popolare che potrebbe portare a pesanti scontri, ma è già mistero sulle sorti del primo ministro Mechichi che, dopo l’annuncio del capo dello Stato, non si è più fatto vedere in pubblico. Secondo alcuni media locali, i dirigenti di Ennahda sostengono che si trovi in stato di arresto e intanto anche la sua visita a Roma, in programma dal 28 al 30 luglio, è saltata. Il presidente ha deciso di silurare anche il ministro della Difesa, Brahim Berteji, e la ministra della Giustizia, Hasna Ben Slimane.
Ennahda sta riflettendo sul deposito di una mozione di sfiducia contro Saïed con l’obiettivo di destituirlo. E a questo proposito Ghannouchi ha detto che “questo colpo di Stato non ripristinerà i diritti sociali del popolo tunisino” e ha invitato la gente a manifestare pacificamente per riprendere la democrazia. E i primi disordini si sono già registrati davanti alla sede dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo a Tunisi. Il sito di notizie TunisieNumerique riferisce di scontri tra “cittadini e membri del movimento Ennahda e della coalizione Al Karama” e parla di alcuni feriti a causa del lancio di pietre. Sul suo sito web, la radio Mosaique Fm riferisce di “sostenitori di Ennahda che hanno preso d’assalto” e dell’intervento delle forze di sicurezza che “stanno mediando con i manifestanti”.
Intanto, il presidente Saïed si è fatto vedere in strada ed è stato acclamato dalla folla. Non è ancora chiaro se il Movimento del 25 luglio, di cui poco si conosce ma che è attivo da qualche settimana sul web, sia formato da sostenitori del capo dello Stato che hanno così spinto per il suo intervento o se, viceversa, la volontà del presidente di dare una svolta nell’ambito dello scontro col governo si sia tradotta in un invito ai manifestanti a scendere in piazza per giustificare la sua mossa. Una tattica sicuramente agevolata dalla grave crisi economica che la Tunisia si trova ad affrontare ormai da tempo, acuita dalla pandemia, che ha portato gran parte della popolazione all’esasperazione.
Arrivano anche le prime reazioni dei partiti, che la notte scorsa hanno tenuto vertici per valutare la situazione. Oltre alla scontata posizione contraria di Ennahda, anche il suo alleato di governo, Qalb Tounes, ha definito la mossa del presidente “una grave violazione della Costituzione e delle disposizioni dell’articolo 80”. Tounes ha anche invitato il capo del governo ad assumere le sue funzioni “legittime” e a non creare un vuoto nella presidenza del governo. Preoccupa gli osservatori il fatto che Saïed abbia deciso di avocare a sé anche la carica di Procuratore generale della Repubblica, con la facoltà dunque di poter esercitare l’azione penale. Ciò gli consentirebbe di arrestare anche i deputati, visto che è stata tolta loro l’immunità. Sempre secondo le stesse fonti, nei confronti di Ghannouchi e di altri 64 deputati, che hanno cause pendenti con la giustizia, sarebbe già stato comunicato il divieto di viaggiare all’estero.
A livello internazionale, invece, la Commissione europea fa sapere che Palazzo Berlaymont “segue con attenzione gli ultimi sviluppi. Chiediamo a tutti gli attori di rispettare la Costituzione, le istituzioni e lo Stato di diritto”, come dichiarato dalla portavoce del servizio diplomatico dell’Ue, Nabila Massrali. “Chiediamo anche a tutti di restare calmi e di evitare ogni ricorso alla violenza, per preservare la stabilità del Paese”, conclude. Mentre da Mosca fanno sapere che “stiamo seguendo le notizie che arrivano dalla Tunisia. Certamente auspichiamo che nulla minacci la stabilità e la sicurezza delle persone in questo Paese”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Anche l’Italia ha detto di seguire “con grande attenzione l’evolvere della situazione in Tunisia. La portata e la natura delle decisioni assunte nelle scorse ore dovrà essere attentamente valutata. L’Italia esprime altresì preoccupazione per la situazione e per le sue potenziali implicazioni e rivolge un appello alle istituzioni tunisine affinché venga garantito il rispetto della Costituzione e dello stato di diritto – si legge in una nota della Farnesina – In un momento in cui la crisi politico-economica nel Paese è esacerbata dal recente deterioramento del quadro epidemiologico, l’Italia conferma il proprio sostegno a favore della stabilità politica ed economica della Tunisia e ribadisce la propria sincera vicinanza all’amico popolo tunisino”. “Non possiamo che mostrare grande preoccupazione per quello che sta avvenendo in queste ore in Tunisia. Noi confidiamo nel fatto che questa crisi si possa risolvere nell’argine democratico degli strumenti che hanno a disposizione le Istituzioni e il popolo tunisino”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio intervenendo in collegamento all’evento “Ponza Prima-Med”.
L’Onu invece chiede di “esercitare moderazione, astenersi dalle violenze e garantire che la situazione rimanga calma”. Il portavoce Farhan Haq, in una nota, ha quindi espresso “sgomento” per la notizia di un raid da parte delle forze di sicurezza all’interno della sede di al-Jazeera di Tunisi. “Auspichiamo che tutti i giornalisti, compresi quelli di al-Jazeera, possano svolgere il loro lavoro senza subire maltrattamenti”.