Dopo due anni e mezzo Carige torna in borsa. Domani il debutto sul listino ed è subito rischio baraonda. In vista dell’avvio delle contrattazioni Borsa italiana ha vietato l’immissione di ordini senza limiti di prezzo sulle azioni e sui warrant (opzioni di acquisto e/o vendita di titoli, ndr) di banca Carige. La disposizione, si legge in un avviso di Borsa, resterà in vigore “fino a successiva comunicazione” e mira ad arginare la volatilità che potrebbe interessare domani il titolo. Nel prospetto sulla riammissione Carige aveva avvertito che il prezzo che avranno azioni e warrant al rientro in Borsa “non è in alcun modo determinabile” e che “sussiste il rischio che, sin dalla riammissione alle negoziazioni, il prezzo delle azioni e quindi anche delle azioni emesse in esecuzione dell’aumento di capitale del 2019, possa fluttuare notevolmente”.

I titoli di Carige sono fuori dalle contrattazione dall’inizio del 2019, dopo il commissariamento da parte della Banca centrale europea. Il ritorno in borsa non significa che i guai della banca ligure siano finiti, anzi. Nonostante la gestione commissariale e una manovra patrimoniale da 900 milioni di euro. Senza una fusione “il futuro del piccolo istituto resta molto incerto” come si legge nello stesso prospetto di quotazione. Per rispettare i requisiti patrimoniali imposti dalla Bce la banca avrà in ogni caso bisogno di un’ulteriore ricapitalizzazione da 400 milioni.

“Il processo di risanamento e rilancio” della banca “non si è ancora concluso” per cui “sussistono significative incertezze in merito alla prospettiva della continuità aziendale”, si continua il documento, che sottolinea come la business combination rappresenti “un’azione essenziale da realizzare per concludere il percorso” di salvataggio della banca avviato dai commissari. Sebbene il Fitd (il fondo di tutela dei depositi bancari, ndr), che detiene l’80% del capitale, abbia dato mandato a Deutsche Bank di trovare un acquirente, “non vi è certezza circa se e quando” la fusione avrà luogo.

Il mercato guarda a Bper e Banco Bpm come possibili acquirenti. Ma per chiunque Carige rimane un dossier da maneggiare con estrema cautela. Gli obiettivi del 2021 del piano industriale, già ridimensionati prima a febbraio e poi a maggio, “non sono confermati”, non essendo Carige in grado di dire se riuscirà a colmare gli scostamenti accumulati, in particolar modo sul fronte dei ricavi. Il rosso di 84 milioni previsto per fine anno potrebbe rivelarsi più ampio. Quanto al 2022 e al 2023 restano confermati gli obiettivi di un risultato lordo positivo e di un ritorno all’utile (29 milioni) ma senza “certezza” sul loro conseguimento.

Non rasserena il quadro la contrapposizione con la famiglia Malacalza, che nell’istituto ligure ha bruciato centinaia di milioni. A novembre arriverà la sentenza della causa con cui l’ex socio di riferimento chiede 539 milioni di euro di danni, contestando la validità dell’assemblea sull’aumento da 700 milioni. Carige, che ha presentato una domanda riconvenzionale da 229 milioni, giudica il rischio di soccombenza “remoto” e non ha accantonato alcunché, escludendo una “evoluzione sfavorevole” del contenzioso dalle previsioni di piano.

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