La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per il mancato recepimento della discussa direttiva Ue sul diritto d’autore sul web approvata dal Parlamento europeo nel 2019. In realtà, le direttive sono state approvate nell’aprile scorso, quindi nei termini fissati da Bruxelles. Quello che manca è la piena attuazione con un decreto legislativo che il governo deve ancora adottare e che è stato presentato il 12 luglio, fuori dai termini. Roma comunque non è sola: altri 20 Paesi hanno ricevuto la lettera di costituzione in mora per non aver comunicato in che modo hanno recepito la direttiva 2019/789 sui programmi televisivi e radiofonici online e la direttiva 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale. Il termine per il recepimento era il 7 giugno 2021.
Il provvedimento varato da Strasburgo prevede un riconoscimento dei diritti degli editori anche nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione. Uno dei punti più discussi è la definizione dei “massimi sforzi“. I prestatori di servizi di condivisione di contenuti online sono responsabili per atti non autorizzati di comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione del pubblico, di opere e altri materiali protetti dal diritto d’autore, a meno che non dimostrino di aver compiuto appunto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione o in ogni caso, aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata dai titolari dei diritti. Contro la nuova normativa Wikipedia aveva protestato oscurando le sue pagine. Erano a favore autori e grandi editori, mentre per i piccoli c’era il forte timore di una penalizzazione da parte dei motori di ricerca. Nel mirino due articoli: l’11, che introduce la cosiddetta link tax, un equo compenso da fornire all’autore per la pubblicazione di un cosiddetto snippet – un link con una manciata di caratteri di anteprima – di un articolo di un giornale online, e il 13, che obbliga le grandi piattaforme a installare sistemi di controllo per bloccare la condivisione di materiali coperti da copyright. Da queste misure sono esenti le enciclopedie online come Wikipedia, i meme, le parodie, le citazioni, i pastiche e anche i servizi di cloud.
Il governo dovrà disciplinare una serie di misure per rendere applicabile la direttiva. Dovrà definire che cosa si intende per “estratti molto brevi di testo” e quali sono le eccezioni o limitazioni, garantendo adeguati livelli di sicurezza delle reti e delle banche dati. Dovrà poi regolamentare le modalità e i criteri del meccanismo di adeguamento contrattuale per quanto riguarda artisti ed autori e tutta una serie di misure.
La lettera di Bruxelles è solo il primo passo della procedura di infrazione, che di solito non dà luogo a ulteriori passi se gli Stati rispondono adeguatamente e adottano le misure necessarie entro due mesi. La Commissione è intervenuta anche per quei Paesi come l’Italia che hanno recepito solo parzialmente la normativa Ue, fa sapere una portavoce dell’esecutivo Ue. La richiesta ha riguardato Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Croazia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia e Slovacchia.
Con la decisione di oggi della Commissione, salgono a 79 le procedure di infrazione che rimangono aperte contro l’Italia. Con l’ultima emissione di procedure di infrazione del 9 giugno, la Commissione europea aveva avviato sei nuove procedure e ne aveva chiuse dieci. Ora si attende il parere motivato da parte del governo con le misure che intende adottare per conformarsi alla normativa Ue.