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Peperoncino, ma quanto fai bene? Ecco le proprietà realmente confermate dalle ricerche mediche

Una pianta oggetto di elevate passioni gastronomiche e salutistiche. Salita di nuovo alla ribalta della cronaca come uso per spray di autodifesa. Ecco le proprietà realmente confermate dalle ricerche mediche

di Vita&Salute per il Fatto

L’utilizzo del peperoncino nella medicina e nella cucina popolare vanta una tradizione molto antica e, come capita spesso in questi casi, un numero piuttosto vasto di indicazioni. Concentriamoci su quelle cardiovascolari, maggiormente confermate dalla ricerca scientifica. Buon apportatore di vitamina C, sostanze antiossidanti protettive, acidi grassi polinsaturi (nei semi, macinati insieme al frutto): per tutto questo il peperoncino ha effetti benefici sulla salute cardiovascolare, riduce il colesterolo “cattivo” e aumenta quello “buono” (British Journal of Nutrition, 2017). La capsaicina, responsabile del sapore piccante, migliora il controllo di appetito e sazietà (European Journal of Pharmacology, 2013). Inoltre, la capsaicina ha anche altre proprietà benefiche per cuore e vasi: stimola infatti il rilascio di ossido nitrico da parte della parete arteriosa, una sostanza che agisce positivamente sulla pressione arteriosa.

La dose terapeutica – Mentre non è in discussione la generale salubrità dell’uso gastronomico del peperoncino (con qualche prudente precauzione per gastritici, ulcerosi e colitici), non è ancora stata identificata con chiarezza la dose giornaliera necessaria per ottenere effetti terapeutici tangibili. Secondo diversi ricercatori, si tratterebbe di una dose di peperoncino in polvere che dovrebbe variare, in relazione alle diverse esperienze, da 1 g fino a 5-8 g al giorno. Quantitativi, questi ultimi, certamente da collocarsi non più nell’ambito della gastronomia, ma della vera e propria farmacologia. La questione è dunque ancora aperta.

Per forza piccante? – La piccantezza è la caratteristica più amata dagli assatanati devoti del peperoncino. Mentre invece è spesso mal sopportata da coloro che sono semplicemente estimatori delle sue proprietà salutistiche. Occorre dire che l’equivalenza tra piccantezza e salubrità non vale in assoluto. Infatti, l’aggressiva capsaicina non è l’unica responsabile dei vantaggi per la salute che derivano dal consumo del Capsicum. Nei peperoni non piccanti, per esempio, sono contenuti preziosi nutrienti come la vitamina C (quasi 230 mg/100 g; il limone ne contiene circa 50 mg), antiossidanti, minerali, ecc., ma anche il capsiato e i suoi diidroderivati, che hanno dimostrato di avere la capacità di indurre in laboratorio la morte spontanea nelle cellule tumorali (European Journal of Nutrition, 2003). Esattamente come la pungente capsaicina.

Mr. Scoville, il misuratore – Come misurare la piccantezza di un peperoncino? Se ci affidiamo semplicemente alle imprecazioni o al visibilio di chi lo consuma saremmo in grande difficoltà: lo stesso cibo può produrre sensazioni assai sgradevoli e perfino dolorose in qualcuno, percezioni paradisiache in altri. Evidentemente di mezzo c’è molta soggettività. Ha cercato di porvi rimedio nel 1912 il chimico statunitense Wilbur Lincoln Scoville che mise a punto un metodo di valutazione della piccantezza chiamato appunto Scala Scoville. Il nostro fece provare a un gruppo di cinque assaggiatori soluzioni di un estratto del peperoncino da testare progressivamente diluite in acqua e zucchero fino a quando il bruciore non fosse più percettibile. Il grado di diluizione (che arbitrariamente Scoville fissò a 16 milioni per la capsaicina pura), rendeva con un numero il valore di piccantezza. Un valore pari a zero per il peperone dolce (cioè non piccante, anche senza diluizione) fino a più di 2 milioni per peperoncini piccantissimi.

Un metodo non esente da imperfezioni. I valori di piccantezza, all’interno della stessa specie, possono infatti variare anche di dieci volte a causa di fattori ambientali e delle tecniche di coltivazione; inoltre, forse ancora più importante, anche il test di Scoville si basa su sensazioni organolettiche soggettive, che possono cambiare da persona a persona anche del 50%. Attualmente la piccantezza massima (2.200.000) appartiene al peperoncino di origine statunitense Carolina Reaper. In attesa di nuovi record. Il nostro peperoncino calabrese, tanto temuto e osannato da molti, si colloca intorno al valore di 30.000.

Si noti che lo spray al peperoncino in dotazione alle forze di polizia ha un valore Scoville che varia dai 3 ai 5 milioni e per questo è in grado di provocare tosse e forti irritazioni a occhi, naso e bocca, ma anche gravi crisi respiratorie nei soggetti predisposti. Di minore potenza offensiva gli spray in vendita come arnesi legali per l’autodifesa, che hanno un valore Scoville variabile da 800 mila a 2 milioni.

Le cinque varietà più importanti – Le varietà coltivate di peperoncino sono veramente numerose, anche per la facilità con la quale le diverse specie si ibridano. Le cinque specie più comuni sono: Capsicum annuum, probabilmente la più diffusa nel nostro Paese, che comprende oltre a diverse varietà di peperoncino piccante anche i peperoni dolci; Capsicum baccatum; Capsicum chinense, proveniente dall’Amazzonia a dispetto del nome e con alcune varietà che arrivano anche a due metri di altezza; Capsicum frutescens, cioè “a forma di arbusto”; Capsicum pubescens, molto coltivato in America del Sud. Esistono altre decine di specie meno diffuse e che si caratterizzano per splendide variazioni della colorazione dei fiori, dei frutti e, ovviamente, della piccantezza.

Il ricettario – Le ricette che prevedono l’impiego del peperoncino, a dosi generose oppure con tocco appena percettibile, sono infinite e arcinote. Scegliamo questa volta tre preparazioni infuocate, provenienti da aree del mondo conosciute anche per la passione sfrenata per il piccante: il nostro Sud (e la Calabria in particolare), l’Africa che si affaccia sul Mediterraneo e il Messico, dove tutto ebbe inizio. Si tratta di salse che si prestano ad usi assai variabili: dal consumo tal quale, a cucchiaini (da riservare però solo a eroici buongustai), alla preparazione di tartine infuocate fino (questa volta a dosi misuratissime) alla caratterizzazione di primi piatti, verdure, formaggi, legumi. In apparenza molto simili, si distinguono per la presenza di ingredienti caratteristici delle diverse aree culturali. Il grado di piccantezza delle salse può essere in parte regolato dosando la quantità dei semi: se li lasciate tutti avrete il massimo della piccantezza, eliminandoli completamente la piccantezza sarà moderata. Un ultimo avvertimento: quando maneggiate grandi quantità di peperoncini, proteggetevi sempre con guanti in lattice durante tutta la preparazione.

Crema di peperoncini

250 g di peperoncini freschi piccanti

1 spicchio di aglio

1 bicchiere scarso di olio extravergine d’oliva

sale grosso q.b.

Specialità tipica della Calabria, ma molto conosciuta anche in Sicilia. Lavate i peperoncini sotto acqua fresca corrente, apriteli a metà, togliete i semi. Coprite un vassoio con un canovaccio e cospargete con un po’ di sale. Sistematevi i peperoncini e cospargete ancora con sale. Proteggete con un altro canovaccio. Dopo un paio di giorni con uno spazzolino rimuovete il sale in eccesso. Frullate tutti gli ingredienti fino a ottenere una crema liscia e omogenea. Si conserva in frigo per qualche giorno.

Harissa

250 g peperoncino

2 spicchi di aglio

1 cucchiaino di semi di cumino

1 cucchiaino di semi di coriandolo

1 ciuffo di foglie di menta

olio di oliva extravergine d’oliva q.b.

sale q.b.

La harissa (dall’arabo harasa, pestare: è il pesto dei nostri dirimpettai) è tipica dell’Africa mediterranea. Si prepara semplicemente tritando (o pestando in un mortaio) tutti gli ingredienti, fino a ottenere una crema omogenea di colore rosso carico.

Pico de gallo

2 peperoncini piccanti verdi

2 pomodori rossi maturi

1 cipolla rossa

1 spicchio di aglio

succo di lime (o limone) q.b.

un mazzetto di coriandolo fresco

sale q.b.

Sarebbe da piluccare con gentilezza dalla ciotola comune con l’aiuto del pollice e dell’indice, proprio come fa il gallo quando raccoglie con il becco (pico) il suo cibo. Gli ingredienti di questa salsa messicana sono tutti crudi. Niente mixer o frullatore, questa volta, ma occorre lavorare di coltello. Pulite dai semi e tagliate i pomodorini a dadini, togliete i semi anche dai peperoncini e affettateli. Riducete a dadini la cipolla. Spremete il lime e tritate il coriandolo e l’aglio. Riunite il tutto in una ciotola, salate e mescolate con cura. Riponete in frigo per un paio d’ore prima di gustare.

Articolo di Paolo Pigozzi per Vita&Salute
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