Cronaca

Genova, Autostrade non sposta più le 29 famiglie che vivono sotto il viadotto che cade a pezzi: offre (al massimo) 20mila euro d’indennizzo

GENOVA - Dal viadotto Bisagno, il ponte autostradale sull'A12, precipita di tutto: a marzo cinque passerelle da venti chili l'una, a giugno un blocco di cemento staccato da un new jersey. Lo scorso anno l'accordo per trasferire gli abitanti a spese di Autostrade sembrava cosa fatta, ma poi la concessionaria si è tirata indietro e ora offre poche decine di migliaia di euro. Il Comitato residenti: "Non servono a metterci in salvo, intervengano Toti e Bucci"

“Ventimila euro per pagarci il funerale!“. Lo striscione in via delle Gavette 54, all’ombra dei piloni del viadotto Bisagno, è un po’ rozzo ma fa passare il messaggio. Siamo a Staglieno, popoloso quartiere della Valbisagno, la zona di Genova percorsa dal torrente che dà il nome anche a quel disastrato ponte autostradale sull’A12. Da cui, da anni, precipita di tutto: bulloni, lamiere, fascette metalliche, passerelle e dischi diamantati, da ultimo – a inizio giugno – un blocco di cemento grosso quanto un palmo, staccatosi da un new jersey. Le 29 famiglie dei quattro civici sottostanti, temendo per la propria incolumità, chiedono soltanto di andarsene di lì. E, un anno fa, l’accordo per trasferirli – a spese di Autostrade per l’Italia – sembrava chiuso. Poi però la concessionaria si è tirata indietro e martedì scorso, all’ultimo dei tavoli convocati dalla Regione, ha offerto loro un misero indennizzo una tantum: ventimila euro a nucleo familiare per i residenti dei quattro palazzi a ridosso del viadotto, la “zona rossa”, poi, a scendere in base alla distanza, diecimila per quelli della “zona arancione” e duemila per quelli della “zona gialla”. E nemmeno per i disagi subiti negli ultimi anni, bensì per quelli che dovranno ancora arrivare.

Dopo il disastro del ponte Morandi, la pericolosità della struttura – nota a chiunque ci abitasse sotto – è tornata più volte all’ordine del giorno della politica, locale e non solo. Già a fine 2019 le immagini del fattoquotidiano.it mostravano il calcestruzzo sfarinato delle pile, i ferri delle armature esposti e corrosi, le cascate d’acqua dai giunti sconnessi dell’autostrada. In seguito a quella denuncia, all’inizio del 2020, la controllata di Aspi Pavimental affida la manutenzione a una ditta specializzata, la Sadis, che subito circonda di ponteggi i tre piloni sul lato est. Ma i lavori non partiranno mai: in compenso, lo scorso 11 marzo, dal cantiere a 75 metri d’altezza precipitano cinque passerelle di metallo del peso di venti chili ciascuna, una delle quali si abbatte sulla persiana di un appartamento, fracassandola e spaventando a morte una ragazzina che seguiva le lezioni a distanza. Pavimental, assediata dalle polemiche, annulla il contratto con Sadis e affida la ristrutturazione totale del Bisagno a una nuova ditta, che lunedì ha iniziato le opere preparatorie ai lavori, della durata prevista di almeno due anni. Ed è proprio per risarcire – in anticipo – i residenti dai probabili danni dovuti al nuovo cantiere che Autostrade ha messo sul tavolo gli indennizzi da (massimo) ventimila euro.

Nessuno di noi ha intenzione di accettare, in particolare se ci chiederanno un impegno a rinunciare ad azioni legali future”, dice al fattoquotidiano.it Chiara Ottonello, 39enne biotecnologa e presidente del Comitato abitanti sotto il ponte Bisagno. “Ventimila euro non servono a metterci al sicuro. Loro dicono che chi vuole può usarli per trovare una sistemazione temporanea per tutta la durata dei lavori. Ma prevedere quanto dureranno davvero, al di là degli impegni, è impossibile. Anche il vecchio cantiere doveva durare un anno, e dopo un anno non era nancora iniziato. Qui abbiamo paura, perfino gli ingegneri di Autostrade ammettono che c’è un “rischio ragionevole” di nuovi incidenti”. Gli abitanti di quelle quattro palazzine insistono a chiedere ciò che era loro stato promesso – forse troppo presto – dall’allora ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli: “Nei prossimi giorni la soluzione vedrà la luce”, assicurava a settembre 2020, “le 29 famiglie si trasferiranno in un’area scelta da loro, una zona migliore della città, per evitare loro i problemi che hanno avuto fino adesso”. Le spese per le nuove sistemazioni e per demolire gli edifici sotto il ponte, scriveva il Mit in una lettera al sindaco di Genova Marco Bucci, sarebbero dovute arrivare da Autostrade nell’ambito dell’accordo raggiunto con il Governo sulla concessione.

Non è andata così: “Nei mesi successivi abbiamo scritto a chiunque per sapere che fine avesse fatto quell’impegno: nessuno ci ha risposto“, racconta Chiara. E il nuovo ministro Enrico Giovannini, finora, non ha dato segno di volersi interessare della vicenda. Ma i fondi necessari a sbloccare la situazione possono arrivare solo da Roma. “Per gli espropri delle nostre case e i relativi indennizzi servono 4 o 5 milioni. Bruscolini, rispetto ai 9 miliardi che Autostrade ha incassato dall’accordo con il Governo. Si possono ricavare in tanti modi”. Per questo, quando la scorsa settimana gli abitanti delle Gavette hanno protestato al grido di “basta case sotto i ponti” di fronte alle sedi del Consiglio regionale e del Comune di Genova, tra gli altri striscioni ce n’era uno con la scritta “ministro Giovannini, tiri fuori il nostro dossier“. “Ma senza un impegno dei vertici delle istituzioni locali, Bucci e il governatore Toti in primis – attacca la portavoce – possiamo ottenere ben poco. Il giorno della protesta il sindaco, che non si era mai fatto vedere sotto il Bisagno, mi ha chiamato. Ha preso impegni, mi ha chiesto tempo”. L’ultima ipotesi è destinare alle 29 famiglie una parte dei soldi che Aspi verserà al Comune nel probabile accordo stragiudiziale (il sindaco non ha annunciato di volersi costituire parte civile nel processo) per i danni dovuti al crollo del ponte Morandi. Loro, intanto, aspettano. Con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto.