di Ilaria Muggianu Scano

In poche ore dall’anticamera dell’Ade alla vera magia sarda: “sa paradura”. La pratica, espressione ancestrale della solidarietà nell’isola, è un atto di volontà fraterna che indica l’importanza dei rapporti, la gratuità delle relazioni. Sa paradura è un antico vincolo pattizio e tacito che dichiara: “pastore siamo tutti coinvolti nella tua catastrofe e non ti lasceremo solo”.

In queste ore la Sardegna migliore, senza troppo clamore, vede pastori e contadini che trasferiscono balle di fieno, regalano capi di bestiame, mangimi, mettono a disposizione ovili per il ricovero delle greggi sopravvissute alla furia ingorda del fuoco degli ultimi giorni, che ad ampie fauci ha divorato il nord ovest della Sardegna, lasciando l’Italia in uno stato di profondo cordoglio e decisa solidarietà. Millecinquecento gli sfollati, intere greggi arse vive, venti mila ettari di bosco ridotti in cenere dalla furia indomabile delle fiamme nel fine settimana più torrido e ventilato dell’estate, con delle condizioni meteoclimatiche del tutto avverse alle attività di spegnimento.

L’allarme della Coldiretti: “Serviranno quindici anni per ricostruire i boschi devastati dal fuoco”. In passato, l’antica consuetudine di sa paradura era un automatismo specie in caso di abigeato o fenomeni atmosferici avversi che riducevano sull’orlo della disperazione intere famiglie che nell’allevamento e nelle coltivazioni riponevano gli unici introiti economici.

La solidarietà sarda si estende storicamente anche al di là dei confini dell’isola, in caso di terremoti o alluvioni nel “continente” frequente è stato l’invio di tir che dalla Sardegna trasportavano migliaia e migliaia di pecore destinate ai pastori più sfortunati dello stivale, che le contingenze atmosferiche o telluriche obbligavano a partire letteralmente da zero.

All’alienazione dell’atto piromane si oppone insomma la volontà di ripresa del mutuo soccorso. All’abisso umano della distruzione si oppone il gesto civico per eccellenza. Il rito sacro di sa paradura avviene per estrazione, con l’atto de “su stumbu”: un bimbo bendato estrae la destinazione dell’offerta, la modalità per garantire maggiore trasparenza e gratuità al gesto antico e spontaneo.

Paradura significa alla lettera “mettere a disposizione” e urla la dicotomia antropologica di un’isola dalle mille contraddizioni in cui ora unica voce è la staffetta di ogni sardo, davvero nessuno escluso, anche con gesti molto piccoli come l’ospitalità verso gli sfollati, la consegna d’acqua da bere e altri generi di prima necessità per volontari e vittime del rogo, chi può mette a disposizione camion trasporto animali e mezzi refrigerati. Una terra prostrata che cerca a fatica di rialzarsi mentre il fuoco divora tuttora inarrestabile. Una terra che non ama stare in ginocchio ma ha bisogno di tutti. Adesso.

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