Al 30 giugno 2021 sono 53.637 i detenuti nelle carceri italiane, con un tasso di affollamento reale del 113%, visti i 47.445 posti effettivamente disponibili. I dati sono riportati dall’associazione Antigone nel suo rapporto sulle condizioni di detenzione, intitolato “A partire da Santa Maria Capua Vetere, numeri, storie, proposte per un nuovo sistema penitenziario”. Fra gli istituti vi sono importanti differenze: 117 su 189 hanno un tasso di affollamento superiore al 100% e 11 carceri hanno un affollamento superiore al 150%, come quello di Brescia (200%) e Bergamo (168%). Il rapporto propone una fotografia della popolazione carceraria: al 30 giugno 2021, il 42,6% dei detenuti ha tra i 30 e i 49 anni, il 25,6% tra i 50 e i 69 anni e il 17% tra i 18 e i 29 anni. C’è un 1,7% di persone con più di 70 anni, nonostante le misure anti Covid abbiano ridotto la presenza di anziani e malati. Da inizio anno ci sono stati 18 suicidi, 4 di stranieri, 16 di italiani, il più giovane aveva 24 anni e il più anziano 56. Nel 2020 i suicidi sono stati 62, uno ogni 10mila detenuti, il tasso più alto degli ultimi anni.
“E’ necessario ripensare disposizioni che risalgono a un modello di carcere diverso da quello che le esperienze del nuovo millennio, comprese quelle della pandemia, permettono di configurare”, scrive l’associazione Antigone nella relazione che ha inviato a governo e parlamento con le proposte di modifica del regolamento penitenziario. Quello attuale è in vigore dal settembre 2000, “proponeva – sottolinea Antigone – un’idea di detenzione fondata sul rispetto della dignità della persona e sul progressivo riavvicinamento alla società esterna. Una parte delle norme ha sicuramente contribuito ad elevare gli standard”, “un’altra parte però necessita una rivisitazione” e “non poche disposizioni regolamentari sono rimaste lettera morta“. Le proposte di Antigone toccano molti ambiti: dalla prevenzione e repressione della violenza, alla prevenzione del rischio di suicidi. “Vogliamo che in tutti gli istituti ci siano – e funzionino – le telecamere, che coprano anche gli anfratti, le scale, le aree dell’isolamento disciplinare. E chiediamo i codici indentificativi: proprio l’irriconoscibilità a volte sta dietro le richieste di archiviazione delle indagini”, chiede Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Dobbiamo uscire da questo momento di crisi – ha aggiunto Gonnella, illustrando il rapporto -. Ci vuole una grande ripartenza del sistema carcerario. Pochi giorni fa è morto Nicolò Amato, a lui si deve l’idea del carcere della speranza. Occorre ripartire da lì, riaprire a partire dagli operatori penitenziari, assumendone altri: direttori, educatori, mediatori. Non vogliamo una logica di sola custodia, di sola polizia. Si può fare in un mese”.
SOVRAFFOLLAMENTO – Sono 53.637 le persone detenute al 30 giugno 2021, di cui 2.228 donne (4,2%) e 17.019 stranieri (32,4%), per 50.779 posti ufficialmente disponibili e un tasso di affollamento ufficiale del 105,6%. È quanto emerge dal report dell’Associazione Antigone che sottolinea come il tasso nazionale di occupazione sia superiore a quello ufficiale. Infatti il Garante nazionale dei detenuti a metà giugno 2021 aveva parlato di 47.445 posti disponibili e quindi un’occupazione reale pari al 113,1%. C’è di più, non sono tutti equamente distribuiti. Sono, infatti, 117 su 189 gli istituti penitenziari che registrano un sovraffollamento superiore al 100%. In particolare, 54 istituti hanno un affollamento fra il 100% e il 120%, 52 istituti si trovano nella fascia fra il 120% e il 150% e infine 11 istituti hanno un affollamento superiore al 150%. Nella top five dei peggiori ci sono Brescia (378 detenuti, 200%), Grosseto (27 detenuti, 180%), Brindisi (194 detenuti, 170,2%), Crotone (148 detenuti, 168,2%), Bergamo (529 detenuti 168%).
REATI LEGATI ALLE DROGHE – Dei detenuti totali il 15,1%, ovvero 19.260 persone, hanno violato il Testo unico sulle droghe. Di questi 658 sono donne e 18.602 sono uomini. Il 33% sul totale dei detenuti reclusi per droga è straniero, le donne sono il 3,4%, a fronte del 4,1% del totale della popolazione detenuta. Dunque la detenzione per droga in proporzione incide più sugli uomini che sulle donne. Nel corso del solo anno 2020, sono stati 10.852 i detenuti in ingresso negli istituti penitenziari per questo reato, il 30,8% sul totale.
PENE INFERIORI A TRE ANNI – Sono 7.147 le persone detenute in Italia a cui era stata inflitta una pena inferiore ai 3 anni (per 1.238 era addirittura inferiore all’anno, per 2.180 compresa tra 1 e 2 anni e per 3.729 tra i 2 e i 3 anni). Ancora, 8.236 detenuti avevano una pena inflitta compresa tra i 3 e i 5 anni, 11.008 tra i 5 e i 10 anni, 6.546 tra i 10 e i 20 anni e a 2.470 era stata inflitta una pena superiore ai 20 anni. Gli ergastolani erano 1.806 (erano 1.784 a fine 2020, 1.224 nel 2005). Per quanto riguarda invece il residuo pena, cioè la parte di pena ancora da scontare, al 30 giugno a 2.238 detenuti (di cui 1.806 ergastolani) restavano da scontare più di 20 anni; a 2.427 tra i 10 e i 20 anni, a 5.986 tra i 10 e i 5 anni, a 7.281 tra i 5 e i 3 anni e infine a ben 19.271 detenuti, il 36% del totale, meno di 3 anni (a 5.609 tra i 2 e 3 anni, a 6.705 tra 1 e 2 anni e a 6.957 meno di un anno). “Questi ultimi, se si eccettuano i condannati per reati ostativi, avrebbero potenzialmente accesso alle misure alternative. Se solo la metà vi accedesse il problema del sovraffollamento penitenziario sarebbe risolto”, si legge ancora. Rispetto al periodo precedente alla pandemia, secondo Antigone, c’è una diminuzione del numero di persone detenute con pena inflitta inferiore ai 3 anni. A fine 2019 erano il 23,5% del totale, oggi sono il 19%. Si è dunque fatto un minore ricorso al carcere per reati lievi, per quanto in misura non sufficientemente significativa.
IN ATTESA DEL PRIMO GRADO DI GIUDIZIO – Al 30 giugno 2021, il 15,5% dei detenuti in Italia era recluso in attesa di primo giudizio, il 14,5% era condannato ma non ancora definitivo e il 69,4% stava scontando invece una condanna definitiva. Gli internati rappresentavano lo 0,6% del totale. Dei condannati non definitivi il 48,4% sono in attesa della pronuncia della sentenza d’appello, il 39,2% invece della Cassazione. Il 12,4% ricade invece nella categoria dei cosiddetti “misti”, ovvero sono detenuti i quali hanno più procedimenti aperti per i quali cioè non vi sono condanne in via definitiva. Il numero dei detenuti definitivi, negli ultimi 18 mesi è cambiato in maniera considerevole: se al 31 dicembre 2019 questi rappresentavano il 68,3% della popolazione reclusa totale, a giugno 2020 erano scesi al 66,9% per poi tornare a salire al 67,8% al 31 dicembre 2020 fino a raggiungere il picco del 69,4% di giugno 2021. Se si guarda ai soli detenuti stranieri – prosegue il rapporto – la percentuale dei condannati in via definitiva scende di due punti percentuali, rappresentando il 67,2% sul totale appunto dei detenuti stranieri.
BAMBINI CHE VIVONO CON MADRI DETENUTE – Sono 29 i bambini di età inferiore ai tre anni che vivono insieme alle loro madri detenute all’interno di carceri ordinarie o di Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). Di questi, 21 sono bambini di origine straniera e 8 bambini con cittadinanza italiana. Il gruppo più consistente si trova nell’Icam di Lauro, in provincia di Avellino (12), seguito dalla sezione nido di Rebibbia femminile (7), dalla Casa di reclusione di Venezia Giudecca (4), dalla Casa circondariale Femminile di San Vittore (2), dalla Casa circondariale di Torino Lo Russo e Cotugno (2) e dalla Casa circondariale di Firenze Sollicciano (2). Negli ultimi 12 mesi, il numero di bambini in carcere si è mantenuto sempre intorno alle 30 presenze, quota ben inferiore rispetto ai numeri registrati negli anni precedenti quando le presenze si attestavano nella fascia compresa tra i 50 e i 70 bambini.
PRESENZA STRANIERA – C’è poi la componente straniera da non trascurare. Al 30 giugno 2021 si registra una presenza del 32,4%, quindi 17.019 persone, che è in costante flessione dal 31 dicembre 2018 , quando la percentuale sfiorava i 34 punti. Si tratta anche del secondo dato più basso nell’ultimo decennio, solo successivo al 32,22% registrato al 30 giugno 2018. Una tendenza in diminuzione quella che viene fuori comparando i dati dell’ultimo decennio, che è iniziato con valori che sfioravano il 36%. Le detenute donne straniere, al 30 giugno 2021, risultano 2.228, rappresentando il 4,15% dei detenuti presenti e il 12,8% rispetto ai detenuti stranieri. Una presenza straniera femminile che si è mantenuta pressoché costante nell’ultimo decennio dove la media delle donne straniere recluse ha rappresentato il 4,25% delle presenze. Tra gli stranieri, i detenuti in attesa di condanna definitiva risultavano essere il 32,3% dei reclusi non italiani totali, i condannati il 67,2% e gli internati lo 0,4%. Le donne straniere – continua il rapporto dell’associazione impegnata nella protezione dei diritti umani – si trovano ad attendere in carcere la condanna definitiva meno degli uomini stranieri rappresentando il 30,5% delle detenute straniere totali.
COSTI – Ogni anno vengono spesi i circa 3 miliardi per il funzionamento delle carceri per adulti e i 280 milioni per il sistema di giustizia minorile e alle misure alternative alla detenzione. Dei 3 miliardi che sono stati destinati al carcere per il 2021, il 68% è impiegato per la polizia penitenziaria, la figura professionale numericamente più presente con oltre 32.500 agenti. Il divario con l’organico previsto dalla legge (37.181 unità) si attesta a circa 12,5%.
MORTI IN CARCERE – Nel 2021, fino al 15 luglio, secondo il dossier Morire di carcere di Ristretti, i suicidi sono stati 18, di cui 4 commessi da stranieri e i restanti da italiani. Il più giovane aveva 24 anni e il più anziano 56. Nel 2020 i suicidi sono stati 62 e il numero di suicidi ogni 10.000 detenuti è stato il più alto degli ultimi anni, raggiungendo gli 11. Per quanto riguarda i casi di autolesionismo, per il primo trimestre del 2021 la relazione al Parlamento del Garante nazionale ne riporta 2.461. Nel 2020 sono stati 11.315, in aumento rispetto agli anni passati.