Gridava Viviana Parisi. In una stanza, da sola, gridava rivolgendosi a dio, chiedendo “deve morire qualcuno qui? Perché è stato toccato un tasto troppo scottante, come una pentola a pressione?”. È questa una delle registrazioni fatte dal marito, Daniele Mondello, che nella stanza accanto la registrava per inviare al padre di lei l’audio e fargli capire che Viviana stava male.
Una registrazione agli atti della procura che oggi ha depositato la richiesta di archiviazione sull’indagine aperta il 3 agosto del 2020, quando si persero le tracce della donna e del piccolo Gioele. La procura ha ricostruito quel 3 agosto arrivando a due ipotesi: la donna era in piena crisi psicotica, ha avuto un incidente, ha temuto di essere perseguitata o che il marito le togliesse la potestà del piccolo, è quindi uscita dall’autostrada, inoltrandosi nella campagna di Caronia. Ed è qui che si divaricano le due ipotesi: la prima è che abbia ucciso il bimbo e che poi si sia uccisa gettandosi dal traliccio, la seconda è che vagando il piccolo Gioele o per una caduta accidentale o per un malore sia morto e lei dopo avere deposto il corpo si sia uccisa a sua volta per disperazione. Non ha dubbi la procura, invece, sul fatto che Viviana si sia gettata dal traliccio con la volontà di uccidersi. Sono questi gli esiti di un anno di indagini. La procura di Patti, guidata da Angelo Cavallo, ha voluto rivolgersi a un pool di esperti che hanno setacciato il terreno, i corpi, i tabulati, i referti medici e i testimoni. Sono stati intercettati i proprietari delle case della zona, così come i lavoratori di sughero. Secondo la procura non c’è traccia di un loro coinvolgimento e nessuno ha visto Viviana quel giorno. La morte di entrambi, secondo gli esperti, è avvenuta il 3 agosto, ovvero lo stesso giorno in cui sono scomparsi. Gioele non è stato aggredito da animali mentre era in vita solo dopo la morte il suo corpo è stato aggredito da alcune volpi della zona. Una ricostruzione drammatica e toccante, che rivela come la sensibilità emotiva della donna fosse ormai compromessa. Non c’era in Viviana una volontà lucida di nuocere al figlio o a se stessa, secondo l’ipotesi della procura, si tratta dell’esito di una grave difficoltà non curata, aggravata dal lockdown, e sulla quale ormai la donna non aveva alcun controllo, né quindi alcuna colpa.
Le risposte date dalla procura fanno luce sulla vicenda senza puntare il dito. Questo sebbene sia stato sottolineato come i familiari fossero consapevoli della precarietà dello stato di salute della donna. Uno stato tuttavia di incredibile complessità, ma la procura non ha dubbi che sia stato determinante per l’esito degli eventi: “Le indagini hanno permesso di accertare in modo incontrovertibile le precarie condizioni di salute mentale di Viviana Parisi”, scrive Cavallo. Sottolineando perfino “L’intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti”.
È stato un lungo anno di indagini che non di rado ha visto contrapporsi gli avvocati dei familiari e la procura di Patti, che arriva a questo esito solo a ridosso dell’anniversario. Tempi lunghi rimarcati più volte dai familiari che non hanno ancora potuto seppellire la donna e il suo piccolo. Saranno adesso restituite le salme e sarà finalmente possibile celebrare i funerali. Ad un anno di distanza. Tempi, dovuti, secondo la procura, per non svolgere un’indagine che non lasciasse grandi dubbi e per rispondere a tutti i rilievi mossi nel tempo dai legali dei familiari. Per questo nel lungo e dettagliato comunicato inviato dalla procura, si riportano i due momenti in cui Viviana fu trasportata all’ospedale, uno dei quali, – come rivelò il fatto ad agosto dell’anno scorso – dopo avere ingerito delle pillole: “Già in data 18.3.2020, era stata trasportata di urgenza presso il pronto soccorso dell’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, con richiesta di assistenza sanitaria obbligatoria in paziente con “… riferita agitazione psicomotoria e con delirio mistico e di persecuzione” – così riporta il comunicato del procuratore – il medico del Pronto Soccorso intervenuto ha ricordato di aver visto Viviana sdraiata per terra, che ripeteva la frase: “Abbiamo consegnato i nostri figli al demonio!!”. Circa tre mesi dopo, in data 28 giugno 2020, la donna era stata nuovamente condotta presso il pronto soccorso del Policlinico di Messina, con la seguente diagnosi: “Riferita ingestione volontaria di farmaci”, con chiaro intento autolesivo. La donna, nell’occasione, aveva manifestato la volontà di non sottoporsi ad alcuna visita psichiatrica, che pure appariva necessaria; il certificato medico redatto dal sanitario dava atto della situazione: “… La paziente, resa ampiamente edotta sui possibili rischi e complicanze, in presenza del marito, rifiuta ricovero in osservazione per eseguire monitoraggio elettro cardiogramma e rifiuta di attendere la consulenza psichiatrica”. Episodi non isolati ma confermati da amici e vicini di casa.
“Le precarie condizioni di salute della donna, peraltro, sono state confermate dalla risultanze dell’ “autopsia psicologica” operata dal professore Picozzi, il quale ha stabilito come costei soffrisse di “una patologia di importante valenza psicotica”, ha continuato il procuratore. Ed ecco cosa ha scritto nella consulenza il professionista: “Viviana, quel giorno, “…si allontanava dalla propria abitazione senza lasciare segni di un progetto autolesivo”, ma, in ogni caso, poco dopo, “… l’incidente stradale ha rappresentato per costei uno stress acuto che ha valicato ogni capacità di elaborazione e risoluzione”; tale situazione è stata causata da “una interpretazione persecutoria dell’evento”, come se il sinistro fosse stato “causato intenzionalmente, per nuocerle, da inesistenti aggressori”, oppure, in alternativa, dall’ “innescarsi del timore inaccettabile che il marito ne approfittasse per toglierle la potestà genitoriale, allontanandola per sempre dal suo bambino”.
La procura riporta pure uno scambio di messaggi tra Viviana e il marito Daniele che scriveva alla moglie: “Prendi le pillole, se ami tuo figlio”. Ed ancora: “Hai rovinato la nostra famiglia, vergognati, mi dispiace solo per mio figlio che non si meritava questo.”. “Curati!”. “Nella medesima data Mondello Daniele – riporta la procura di Patti – inviava il seguente screenshot alla moglie Viviana: “Centro di Terapia Strategica aiutare e stai distruggendo la vita di nostro figlio, la tua e la mia e stai facendo soffrire la tua famiglia e la mia, per una volta ascolta chi ti vuole veramente bene!”. Daniele aveva provato più volte e con veemenza a convincere la moglie a curarsi, facendo appello anche alla famiglia di lei. Ma dopo giorni in cui si era mostrata più calma, quella mattina del 3 agosto, la donna si allontanò mentendo al marito, dicendo che sarebbe andata a Milazzo per comprare delle scarpette nuove a Gioele. Troppo difficile prevedere l’esito drammatico che di lì a poco si sarebbe consumato. Dopo un anno di dolore e attesa, Daniele potrà seppellire la moglie e il figlioletto, morto a soli 4 anni.