Il testo finale è una specie di rebus, un groviglio quasi inestricabile frutto di emendamenti e contro-emendamenti. Ma a fare chiarezza sui termini dell’accordo di maggioranza sull’improcedibilità (o prescrizione del processo) interviene in serata un’apposita “scheda tecnica” redatta da palazzo Chigi. L’esordio ricorda che il testo “riguarda solo i reati commessi dopo 1° gennaio 2020” ed entrerà in vigore “gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi, anche tenendo conto dell’arrivo dei 16.500 assistenti giudiziari e delle 5mila unità di personale amministrativo”. Per questo motivo la riforma Cartabia definisce un regime transitorio, che riguarderà i processi scaturiti dalle impugnazioni sollevate fino al 31 dicembre 2024.
Inoltre, l’improcedibilità non si applicherà ai reati puniti con l’ergastolo, anche a seguito dell’applicazione di circostanze aggravanti: a queste fattispecie si applica solo la legge Bonafede, che blocca il corso della prescrizione (del reato) dopo la sentenza di primo grado.
I termini generici – Partiamo dai termini generici: due anni per il grado d’Appello, uno per la Cassazione. Per tutti i reati (e non più solo per alcuni) questi termini sono prolungabili dal giudice con ordinanza – nei giudizi di particolare complessità – rispettivamente di un anno e di sei mesi. Nel periodo transitorio, però, anche i termini di base aumentano: tre anni in Appello, 18 mesi in Cassazione. Con le proroghe, quindi, si potrà arrivare rispettivamente a quattro anni e a due anni nella prima fase di applicazione della riforma.
Associazione mafiosa, terrorismo, violenze sessuali, traffico di stupefacenti – Poi c’è l’elenco di gravi reati individuato dalla mediazione tra i partiti: l’associazione di stampo mafioso, il voto di scambio politico-mafioso, i reati di terrorismo, le violenze sessuali e l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Per queste fattispecie i termini di base sono gli stessi, ma le proroghe (sempre di un anno e di diciotto mesi) sono rinnovabili all’infinito. Di fatto, quindi, i processi possono non estinguersi mai. Il che consente a Conte di dire che per questi gravi reati il M5S ha portato a casa l’imprescrittibilità.
Reati con aggravante mafiosa – Infine, ecco i reati aggravati dal metodo mafioso o dall’agevolazione alla mafia (articolo 416-bis.1 del codice penale), al centro dell’ultimo scontro politico della giornata (nella prima bozza di accordo erano esclusi dalle proroghe, circostanza che aveva fatto infuriare il M5s). Per i relativi processi funzionerà così: dopo la prima proroga, comune a tutte le fattispecie, i termini possono essere prorogati fino a un massimo di altre due volte, per un totale di tre. Quindi, nel periodo transitorio si parte da tre anni in Appello e aggiungendo tre proroghe (un anno + un anno + un anno) si arriva fino a sei anni. A regime si partirà da due anni, quindi si scenderà a cinque. In Cassazione, invece, nel periodo transitorio si parte da 18 mesi: aggiungendo tre proroghe di sei mesi ciascuna (cioè altri 18 mesi) si arriva a un totale di tre anni. A regime bisogna calcolare una base di un solo anno, e quindi al massimo si potrà prolungare fino a due anni e mezzo.
Il Cts della giustizia penale – Un’altra novità riguarda il “Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale”, il nuovo organo consultivo del ministero già previsto dall’articolo 15-bis del testo Cartabia. In base al nuovo testo – in questo identico alla bozza del pomeriggio – il Comitato riferirà “al ministero della Giustizia con cadenza annuale, a far data dall’entrata in vigore della presente legge, in ordine all’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi”. E il ministero “assume le conseguenti iniziative (…) necessarie ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di ragionevole durata del processo“.