Nessuno stop all’improcedibilità, ma soltanto “ulteriori proroghe” alla durata dei processi più complessi, di non più di un anno (in Appello) e sei mesi (in Cassazione) ciascuna, per una serie di reati: quelli di associazione mafiosa e terroristica, il voto di scambio politico-mafioso, le ipotesi di violenze sessuali e l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Non è incluso però l’articolo 416-bis.1 del codice penale, che prevede l’aggravante per i reati commessi avvalendosi dell’organizzazione mafiosa o al fine di agevolarne l’attività: ad esempio il tentato omicidio, l’estorsione, la corruzione, il riciclaggio, il sequestro di persona, il contrabbando, il favoreggiamento (come quello per cui è stato condannato a 7 anni di carcere l’ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro) o il depistaggio (come quello delle indagini sulla strage di via d’Amelio, per cui si indaga a Caltanissetta).
Ecco il contenuto più importante della bozza di accordo sulla riforma del processo penale in discussione in queste ore. In sostanza si escludono dall’ampliamento dei termini i reati dei “colletti bianchi della mafia“, che restano soggetti alla ghigliottina dopo tre anni in Appello e 18 mesi in Cassazione. Ed è questo il punto decisivo, su cui sono più forti le resistenze del Movimento 5 Stelle che valuta l’astensione in Cdm. “I processi che riguardano i reati del 416-bis.1, che agevolano l’attività delle associazioni di tipo mafioso o si avvalgono dell’appartenenza alla mafia oltre al concorso esterno, non possono concludersi con un nulla di fatto. Cioè sulla mafia non si transige“, spiegano fonti grilline all’AdnKronos.
La mediazione studiata dal premier Draghi e dalla ministra Cartabia è diversa da quella aspettata e chiesta dal M5s. Nella bozza non viene ampliato il novero dei reati per cui è esclusa l’improcedibilità, che rimangono soltanto quelli puniti con l’ergastolo. Si stabilisce invece che le possibili proroghe (singole) di un anno e di sei mesi “quando il giudizio di impugnazione è particolarmente complesso“, già previste per un elenco di reati, siano estese alla generalità dei processi. E che possano essere concesse potenzialmente all’infinito nei procedimenti per associazione mafiosa, terrorismo, violenza sessuale e traffico di stupefacenti. Contro il “fine processo mai” per questi reati, secondo Repubblica, hanno insistito in particolare il Pd e Forza Italia, che già stamattina con Antonio Tajani aveva chiesto “correttivi garantisti”. Ok anche dalla Lega per bocca di Matteo Salvini e Giulia Bongiorno. Accolto anche il cosiddetto “lodo Serracchiani”: per consentire al sistema di andare a regime, i processi nati dalle impugnazioni svolte fino al 31 dicembre 2024 possono durare fino a quattro anni in Appello senza bisogno di proroghe.
Un’altra novità riguarda il “Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale”, il nuovo organo consultivo del ministero già previsto dall’articolo 15-bis del testo Cartabia. In base all’emendamento, il Comitato riferirà “al ministero della Giustizia con cadenza annuale, a far data dall’entrata in vigore della presente legge, in ordine all’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi”. E il ministero “assume le conseguenti iniziative (…) necessarie ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di ragionevole durata del processo“.