“Dopo le parole di Cafiero de Raho, di Gratteri e di altri magistrati, le modifiche introdotte per quanto riguarda i reati di mafia rappresentano il minimo sindacale. Continuo ad essere favorevole alla riforma Bonafede per quanto attiene la disciplina della prescrizione, mentre la riforma Cartabia sulla improcedibilità non mi convince. L’accordo mi sembra un colpo al cerchio e uno alla botte“. A dirlo all’agenzia AdnKronos, il giorno dopo il compromesso sulla riforma penale trovato ieri in Consiglio dei ministri, è l’ex procuratore di Torino e Palermo Gian Carlo Caselli. “L’accordo – osserva – consente a questo progetto di riforma di decollare, anche se la strada è ancora molto lunga e tortuosa. Gli obiettivi mi sembrano sacrosanti, ambiziosi e giusti, ma le modalità sono delineate con una certa timidezza, troppa prudenza. Gli obiettivi di qualunque riforma della giustizia, compresa la riforma Cartabia, sono fondamentalmente quattro: ridurre il carico complessivo degli uffici giudiziari, ampliare il ricorso ai riti speciali, in particolare il patteggiamento, ridurre il numero dei dibattimenti, che rappresentano il rito più lungo, e sfoltire le impugnazioni. Su ciascuno di questi versanti ci sono delle novità ma non mi sembrano molto decisive“.
Quanto all’”obiettivo proclamato di ridurre il tempo dei processi del 25%“, Caselli sottolinea che “i tempi dei processi non si stabiliscono e non si regolano per decreto, il processo non è una catena di montaggio, le sentenze non sono bulloni che si producono a cottimo. Dicono inoltre, quando si parla di prescrizione, che “ce lo chiede l’Europa”. Premesso che io continuo ad essere favorevole alla riforma Bonafede, mentre questa mi sembra un colpo al cerchio e un colpo alla botte, l’Europa ci chiede un processo celere, non ci chiede la riforma della prescrizione. Non ce l’ha mai chiesta. La riforma della prescrizione, lo dice la relazione Lattanzi, non era per niente urgente, perché gli effetti della riforma Bonafede sarebbero scattati soltanto fra quattro o cinque anni, a seconda del tipo di reato”. Infine, conclude Caselli, “molto pericoloso nella riforma Cartabia è il punto in cui si attribuisce al Parlamento il compito, il potere di stabilire le priorità di trattamento degli affari giudiziari da parte delle procure. È un vulnus all’indipendenza della magistratura e quindi un vulnus a quello che è un patrimonio non dei magistrati ma dei cittadini, perché una magistratura indipendente è quantomeno una speranza di legge uguale per tutti“.