Nella terra di confine tra il Kenya e la Somalia la pandemia Covid-19 viene contrastata con una radiolina alimentata a energia solare. Ad accenderla, spostandosi di villaggio in villaggio, sono le donne kenyote, unite nell’opporsi alla campagna di disinformazione sui vaccini messa in atto dal gruppo jihadista di Al – Shabaab, che da tempo tiene sotto minaccia la popolazione con bombardamenti e punizioni esemplari e che adesso ha deciso di imbracciare l’arma delle fake news per “far morire la popolazione in massa e usare la nostra Terra per le loro attività egoistiche”, racconta al giornale locale Nation, Aday Ibrahim, una delle donne impegnate nella campagna pro-vaccinazione.
Il gruppo terroristico somalo di Al – Shabaab non vuole che la popolazione diventi immune al Coronavirus. Per mesi, dopo aver cacciato dai villaggi più isolati del nord-est del Kenya il personale sanitario straniero e aver fatto chiudere alcuni ospedali, ha inviato tramite cellulare una serie di falsità sui vaccini, servendosi del sostegno di simpatizzanti e di cellule segrete. Una propaganda fatta di sms, diffusasi a macchia d’olio nella regione, in cui si sostiene che le fiale siano un’arma occidentale funzionale a sradicare i musulmani dai loro territori. Secondo la vulgata di Al – Shabaab, i vaccini conterebbero infatti derivati suini, renderebbero sterili le ragazze, infettando le persone e facendole al contempo diventare più promiscue. Ma le donne del viaggio di Alinjughur hanno deciso di opporsi. “Ci siamo incontrate, nonostante la resistenza degli anziani che hanno messo in dubbio il nostro ruolo nella lotta alla disinformazione e nel dire la verità sul vaccino Covid-19″, afferma Ebla Ahmed, membro dell’Associazione delle donne di Alinjughur. Così, sfidando apertamente il gruppo jihadista, le donne di Alinjughur hanno acquistato una radio a energia solare, dato che nella regione l’elettricità scarseggia, per portare avanti una campagna informativa che contrastasse quella diffusa dai terroristi. “Ci siamo rese conto che la radio ci avrebbe aiutato a educare e a mobilitare altre donne. Oltre che a contrastare le fake news messe in circolo dagli spargitori di disinformazione”, afferma Asli Hussein, altro membro dell’associazione. E così è stato. Spostandosi a piedi o sul cammello, le donne hanno sistematicamente fatto riunire in cerchio gli abitanti dei vari villaggi riproducendo gli ultimi aggiornamenti sul Covid-19 e diffondendo le voci registrate di medici ed esperti. Un rito quotidiano che ha salvato probabilmente migliaia di persone. In questo modo, infatti, sono riuscite non solo a sensibilizzare la popolazione sulle misure di contenimento, tra cui il lavaggio delle mani, l’uso della mascherina e il distanziamento sociale, ma hanno anche preparato il terreno per convincere le persone a vaccinarsi, quando le fiale arriveranno.
La scintilla dal villaggio di Alinjughur si è messa in viaggio per accendere altre luci. Il villaggio di Nunow, vicino al confine somalo, ha infatti proseguito nella lotta coinvolgendo giovani, altre donne e soprattutto gli anziani del villaggio, la cui voce è fondamentale per convincere la popolazione ad accettare i vaccini. Ottenuta la loro benedizione, le donne di Nunow si sono mosse a loro volta per costruire nel villaggio un centro vaccinale e un deposito per lo stoccaggio delle fiale, realizzando un tradizionale rifugio a cupola fatto di paglia e pezzi di legno, provvisto di un tetto d’erba che renderà impermeabile lo spazio durante la stagione delle piogge. Dopo di loro, un’altra fiammella si è propagata nel villaggio di Abdisamet, che ha trasformato una struttura sanitaria in disuso in un altro centro vaccinale. Una volta arrivati i vaccini, come spiega a Nation Saadiya Abdullahi, membro dell’Associazione delle donne Nunow, gli operatori sanitari della comunità insegneranno ai guaritori tradizionali del villaggio come somministrare le fiale: “Useremo i cammelli per trasportare i vaccini da un villaggio all’altro e verso i punti d’acqua”, ha affermato.
Ma l’eco della lotta delle donne kenyote non si è fermata e, dopo aver raggiunto i villaggi più isolati del Nord-Est del Kenya, è arrivata anche nei palazzi, trovando il favore dell’amministrazione della Contea di Garissa, situata nell’ex provincia Nord-Orientale del paese. “Apprezziamo il ruolo delle donne nell’intraprendere la promozione dei vaccini Covid-19 nella regione di confine”, dichiara a Nation Mohamed Salat, direttore dei servizi sanitari preventivi della Contea di Garissa, “Siamo pronti a collaborare con loro nelle aree remote. Vogliamo esplorare modi per espandere il loro lavoro e le iniziative sull’educazione alle vaccinazioni Covid-19 e promuovere le misure di contenimento“, aggiunge. Dal canto loro, le associazioni delle donne, riunitesi sotto un unico cappello per essere più incisive, chiedono adesso protezione, sicurezza, altre radio e refrigeratori, essenziali per lo stoccaggio del vaccino. “Abbiamo bisogno di assistenza locale, regionale e nazionale”, afferma Abdullahi, “Il nostro sogno è raggiungere ogni singolo membro della nostra comunità con il vaccino Covid-19 e salvare la nostra gente”.