A due giorni dagli arresti dell'amministratore delegato della sua azienda, Fabio Franceschi esce allo scoperto con una lettera e se la prende con l'"incresciosa campagna diffamatoria nei confronti di Grafica Veneta e dei suoi vertici"
Dopo gli arresti e gli interrogatori di garanzia sul fronte dell’inchiesta per caporalato che ha coinvolto Grafica Veneta, il patron dell’azienda padovana ha deciso di uscire allo scoperto. Fabio Franceschi lo ha fatto con un comunicato stampa che riguarda il coinvolgimento del colosso editoriale e gli arresti domiciliari che hanno colpito l’amministratore delegato e un direttore tecnico.
“Mi trovo costretto a denunciare l’incresciosa campagna diffamatoria nei confronti di Grafica Veneta e dei suoi vertici. Nonostante la vicenda giudiziaria sia ancora in una fase istruttoria, siamo già travolti da sentenze pubbliche e mediatiche. Tali comportamenti non sono degni di uno Stato che vuole dichiararsi ‘di diritto’ e che garantisce costituzionalmente la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva”. L’inizio della dichiarazione se la prende con la risonanza sui mass-media (ma anche politica) di un’istruttoria che ha portato in carcere anche nove cittadini pakistani. “Grafica Veneta – continua Franceschi – è stata e sarà sempre un’azienda che rigetta qualsiasi penalizzazione o sfruttamento di tutti i lavoratori. Ciò sarà dimostrato in sede giudiziale, facendo luce sulla trasparenza dell’operato delle persone coinvolte e di tutti i dipendenti dell’azienda. E, eventualmente, condannando coloro i quali, esterni a Grafica Veneta, hanno compiuto simili, vergognosi, reati”.
Il patron ribadisce, quindi, la linea di sostegno ai suoi dirigenti. “A tutte le persone che si sono trovate a subire la menomazione della propria umanità, prima ancora che della propria professionalità, rivolgo la mia più sentita solidarietà. In questi giorni sono giunte a diversi rappresentanti aziendali, me compreso, messaggi intimidatori, talvolta diffamatori e addirittura contenenti minacce di lesioni o di morte. Non posso e non possiamo restare inermi di fronte a tutto questo. Non accetterò mai un processo sommario, in pubblica piazza, e una messa alla gogna di tali dimensioni su una vicenda che, sono certo, presto sarà chiarita e che vedrà Grafica Veneta e tutte le sue persone estranee a qualsiasi ipotesi di reato”. In conclusione, Franceschi non vuole che siano “messi in discussione decenni di lavoro svolto da parte delle oltre 600 persone del mio Gruppo che io considero come una grande famiglia. Un operato che si è sempre contraddistinto per chiarezza, onestà e trasparenza”.
E per la prima volta, oggo è intervenuto sul tema anche il governatore Luca Zaia. “Penso che siano fatti non gravi, ma gravissimi. Il racconto di una persona trovata lungo una strada con le braccia legate, picchiata, e poi di altri che hanno subito la stessa roba, meriti assolutamente giustizia”. Poi ha aggiunto: “I processi si celebrano nei tribunali, non in strada e tanto meno nei giornali”. E riferendosi alle mascherine anti-Covid prodotte un anno fa dall’azienda, ha concluso: “Io posso solo parlar bene di Fabio Franceschi e della sua azienda, per come l’ho conosciuto e per come la conosco. Non faccio l’avvocato difensore perché non è il mio ruolo, però non posso neanche accettare di vedere commenti che vanno a riesumare un atto di assoluta, pura donazione, che lui ha voluto fare. Ha avuto l’intuizione di utilizzare il ‘tessuto non tessuto’, ha realizzato delle mascherine di comunità previste da un articolo di legge fatto dal governo Conte 2, e ce le ha letteralmente regalate, 13 milioni di pezzi”.