40 anni fa erano 1.500 le sale in Italia, 800 i dipendenti e 20 milioni i metri di pellicole sexy stampate nel solo 1981, poi la crisi. Il gestore del cinema Ariston di Forlì: “Finché resiste il cinema, resisterà il cinema porno. Il sesso non va in pensione”
Italia. Terra “di santi, di poeti, di navigatori” e… di cinema porno, diffusi negli anni Ottanta in tutte le città. Tanto che lo stesso nomignolo “a luci rosse” è nato grazie al Majestic vicino a Porta Venezia a Milano: “Fu il suo proprietario a inventarsi le luci rosse nel 1977”, ha raccontato lo storico Giuseppe Rausa in un’intervista. Ma l’età d’oro è da tempo tramontata. Nel capoluogo lombardo non c’è più nemmeno un luogo pubblico dove si proiettano film erotici: il Pussycat ha chiuso nel 2019. E nelle principali città italiane ne restano ancora solo alcuni. Come il Cinema Roma Blue di Torino o l’Ambasciatori Sexy Movie, a 10 minuti dalla Stazione Termini di Roma. I titolari, contattati, preferiscono non essere intervistati in questo momento.
È disponibile a parlare, invece Cristina P. che gestisce il cinema Ariston di Forlì. “In Emilia Romagna sono rimasti sei cinema a luci rosse: il mio, uno a Miramare di Rimini, il Modernissimo di San Giovanni in Marignano, il Mignon di Ferrara (che si trova in una cattedrale soppressa da Napoleone, ndr), il Nuovo Cinema Odeon di Modena e il Corallo di Bologna”. Proprio nel capoluogo emiliano-romagnolo a dicembre ha chiuso l’Excelsior tra le polemiche. Sempre durante la pandemia, anche Palermo ha detto addio all’ultimo cinema porno in città. Mentre Padova e Castelfranco di Sotto (Pisa) hanno visto le loro sale a luci rosse trasformate nelle ultime settimane: in Veneto l’ex Ducale è diventato una palestra mentre in Toscana l’ex Lux ospiterà rappresentazioni per i bambini.
40 anni fa, invece, l’apertura di un cinema porno non faceva notizia. Erano 1.500 le sale in Italia, 800 i dipendenti e 20 milioni i metri di pellicole sexy stampate nel solo 1981. C’erano 26 cinema a Milano, una ventina a Roma. Ma – raggiunto il vertice – il settore ha iniziato a declinare. La prima scrematura con le vhs. Poi, videocassette e dvd. Infine, il porno online a distanza di un clic. Tutte innovazioni che hanno portato maggiore privacy, scelta e comodità: sembra così lontano il Novecento. E proprio alla fine del secolo Franco Montini si chiedeva su La Repubblica: “Ma per non morire chi è già sul mercato dovrà tornare alle luci rosse”?
La famiglia di Cristina P. si è trovata di fronte alla stessa scelta. “La ditta di Bologna che aveva affittato la sala ha cercato una diversificazione con il porno. Sono le nicchie a salvare le piccole attività. Nel 2004, ripresa la gestione del cinema, abbiamo deciso di continuare su questa strada”. Una strada che ha fatto aggiungere un altro tratto ad una storia secolare: “La mia famiglia è stata la prima a portare il cinema in Romagna grazie ad una licenza dei fratelli Lumière: nel 2016 abbiamo celebrato i 120 anni di attività in questo settore”. Scommessa vinta, dunque. Come già pronosticava Francesco, il padre della 56enne gestrice: “Quello delle luci rosse è un mercato che avrà sempre il suo pubblico…”
Già, il pubblico. Chi entra in un cinema a luci rosse nel 2021? “Per lo più uomini con più di 60 anni. Ma vengono anche dei giovani maggiorenni”. L’estrazione sociale? Un po’ di tutto. Tra le forze armate, i militari hanno ancora un’offerta speciale a loro dedicata sul sito Internet: “Ricordo che un tempo il 4 novembre li facevano entrare gratis in divisa”. Cristina non può dimenticare anche cosa le disse un giovane carabiniere: “Per fortuna che esistono posti come quello che lei gestisce. Per gli uomini il sesso è un tarlo”. Le forze dell’ordine possono essere tra il pubblico ma non sono però necessarie per l’ordine pubblico: “La nostra non è una platea esaltata. Sono peggio i ragazzini che bevono davanti ad un multisala di sera”. L’Ariston, invece, lavora soprattutto nel pomeriggio. Continuerà a farlo anche in futuro? “Finché resiste il cinema, resisterà il cinema porno. Il sesso non va in pensione”.