"La tensione genera rigidità muscolare, e il corpo segue ciò che ordina la mente. A volte a Marcell si bloccavano le gambe prima delle gare. Era come se avesse un elastico che lo tratteneva da dietro", ha spiegato la dottoressa
Dietro il trionfo olimpico di Marcell Jacobs c’è lei, Nicoletta Romanazzi, la sua mental coach o meglio “sport training coach”, come si definisce. È stata la prima persona che l’atleta ha voluto ringraziare dopo la vittoria della medaglia d’oro e ora è lei ha parlare, svelando, in due diverse interviste a il Corriere della Sera e Il Messaggero, il segreto del successo dell’atleta. “Lavoriamo assieme da un anno – ha raccontato Romanazzi, che segue anche altri calciatori, canottieri, judoka e triathleti – ed è stato un periodo straordinario. Viene a trovarmi a Roma o ci sentiamo al telefono. Marcel aveva un enorme potenziale, con esercizi di respirazione siamo riusciti a sbloccare il rapporto irrisolto col padre. Parliamo di tutto mai di cose tecniche, per quello c’è il suo coach”.
Durante la gara di domenica, prosegue la dottoressa, “gli ho visto esprimere alla perfezione il lavoro fatto insieme, ha messo in pratica tutto ciò che ci eravamo detti in questi mesi. Quando ho visto il suo sguardo ai blocchi, mi sono detta: farà benissimo”. In concreto, “l’ho fatto respirare, abbiamo lavorato per recuperare le energie spese in semifinale – ha rivelato Nicoletta Romanazzi -. Dopodiché l’ho predisposto per essere potentemente ambizioso e focalizzarsi su qualcosa di grande. Ci siamo soffermati sulla centratura, il processo attraverso il quale mente e corpo sono perfettamente allineati: l’atleta rimane ‘dentro’ il momento e non si fa distrarre da tutto il resto“.
“La tensione genera rigidità muscolare, e il corpo segue ciò che ordina la mente. A volte a Marcell si bloccavano le gambe prima delle gare. Era come se avesse un elastico che lo tratteneva da dietro”, ha spiegato ancora la mental coach. Infine una riflessione: “Certo, questo oro è una possibilità pazzesca di visibilità per il mental coaching stesso. Dovrebbero insegnarlo a scuola, vivremmo tutti meglio se imparassimo a riconoscere e sfruttare il nostro potenziale accettando le debolezze interiori”.