La controriforma ciellina Cartabia-Draghi sarà approvata con due effetti sicuri: abolisce il concetto stesso di diritto penale e cassa definitivamente l’illusoria pretesa della ex presidente della Corte Costituzionale di salire al Colle. Con tutte le giravolte che ha fatto, intestandosi la prima stesura, la seconda, la terza “l’un contro l’altra armate”, la Marta ex Consulta ha solo dimostrato di non conoscere la macchina dell’amministrazione della Giustizia italiana, di non avere mai messo piede in un tribunale “fisico”, di non avere chiaro il codice di procedura penale, altrimenti non avrebbe detto che i reati di mafia sono esclusi dalla tagliola cartabiota, perché questa esclude i reati puniti con l’ergastolo, facendo sobbalzare le matricoli di giurisprudenza. L’affermazione fa drizzare i capelli anche ai calvi e fa godere con bonus incorporato le mafie e tutti i collaterali e affini.

Errare humanum, perseverare diabolicum, e la Marta imperterrita non solo persevera, ma ne pare anche convinta. Dovevano essere “i migliori”, ma si sono superati alla grande: in pochi mesi hanno saputo dimostrare di essere gli ottimi dei pessimi. A pensare male si fa peccato, ma talora ci si azzecca, soleva dire un competente doc come Andreotti. Penso che l’obiettivo primario di lorsignori sia proprio lo smantellamento della Giustizia a servizio della legalità per favorire la protezione “dei loro pari” e quindi anche di se medesimi (non si sa mai).

Come mai la ministra ex-costituzionale ha insistito così tanto in cambiamenti che, oggettivamente, vanno a esclusivo beneficio di mafiosi, colletti bianchi, corrotti, evasori e delinquenti contro onesti cittadini e fedeli osservanti della Legge? Perché ai delinquenti si offrono ponti d’oro, mentre ai cittadini, che la Costituzione chiama “popolo”, si toglie semplicemente la possibilità di avere giustizia, per il semplice fatto di essere vittime di un reato? Perché per velocizzare i processi – obiettivo sacrosanto – non si assume il personale necessario, i funzionari indispensabili per eliminare tutto quello che ritarda l’iter processuale? Perché non si riforma la geografia dei tribunali, potenziando quelli esposti e unificando quelli “senza clienti”? Perché non si instaura la domiciliazione telematica per le comunicazioni giudiziarie via e-mail e quella legale presso il proprio avvocato per procedere anche in assenza dell’imputato, impossibilitato a presenziare, quasi sempre espediente per allungare il brodo e arrivare alla prescrizione (vedi strategia di B.)?

Perché la sentenza di primo grado non deve essere immediatamente esecutiva, indipendentemente dall’Appello o dalla Cassazione, come avviene negli Usa, spesso elogiati da chi vuole la botte piena, la moglie ubriaca e la suocera morta? Perché chi ricorre ad esse non deve depositare una cauzione (in civile) o non deve incorrere nel rischio di una pena maggiore (reformatio in peius), con blocco della prescrizione? Solo così i processi calerebbero del 60% (stima personale).

“Lo chiede l’Europa” è il mantra cretino di chi vuole fare il furbo perché è la stessa Europa che ha elogiato la riforma Bonafede (la prima volta nella storia dell’Europa!) e comunque l’Europa chiede solo processi celeri, non l’abolizione di esso o dei reati. La santa madre vergine Europa al contrario chiede, invano, “certezza della pena”. Tutto quello che Marta Cartabia vuole fare non c’entra nulla col processo più veloce, perché, come ho detto, le soluzioni sono altrove, a meno che non abbia scritto quella penosa e vergognosa riformetta nel quadro di una visione d’insieme per altri interessi o altri mondi.

Un segnale dell’andazzo generale lo si è avuto, mi pare, giovedì 28 luglio su La7 nel siparietto di In Onda, dove Concita De Gregorio e Davìd Parenzo hanno giocato al ribasso con una superficialità che è figlia del loro pregiudizio strutturale contro i 5Stelle. Parlando del varo governativo unanime dell’ultima versione, spuntata da Giuseppe Conte, solo contro tutti (da Draghi a Cartabia e a tutti i partiti di destra: da Renzi a Salvini, passando per il Pd), hanno ripetuto più e più e volte che il vero sconfitto era il M5S e Conte, andando alla ricerca di sostegno nei loro ospiti. Quando il procuratore Gratteri ha detto, papale papale, che la riforma Cartabia, secondo lui, era “la peggiore mai vista in vita mia”, il panico ha serpeggiato nello studio e Concita non sapeva più dove guardare (anche per la difficoltà di vederci bene con gli occhiali a rombo).

I giornalisti «di sistema» non tollerano che Conte da solo abbia smontato la Cartabia e gli abbia rovinato il giochino, per cui l’insistenza che “era abolita la Bonafede” doveva essere la notizia del giorno. È malafede o ingenuità allo stato puro? Tutti gli invitati di questa stagione di In Onda sono tutti dello stesso stampo, con presenze continue come Paolo Mieli, la cui sbanalità non ha confronti. D’altra parte, sia Concita sia Mieli fanno parte di quel mondo editoriale (meglio, padronale) che ha tutto l’interesse a non disturbare il Draghi manovratore che è stato scelto, complice il Presidente della Repubblica, proprio per quello: fare certi interessi e non altri.

Per costoro va bene pure Salvini “statista di grande spessore e aperitivi”, pur di mettere al sicuro il malloppo del Recovery. Diversamente, perché gli Agnelli avrebbero dovuto comprare giornali alla deriva come Repubblica e satelliti? Étienne de la Boétie parlava di “servi volontari”, ma si riferiva solo al suo tempo, al secolo XVI. Of course!

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