Un’atleta bielorussa a Tokyo è al centro di un caso internazionale che ha creato contrasti tra il Comitato olimpico internazionale (Cio) e il governo autoritario bielorusso di Lukashenko. La sportiva in questione è la velocista Krystsina Tsimanouskaya che nei giorni scorsi aveva criticato gli allenatori del team bielorusso attraverso un post su Instagram in cui raccontava la loro negligenza, tra controlli antidoping insufficienti e sostituzioni improvvise delle atlete iscritte alle competizioni olimpiche. Dopo che la denuncia aveva cominciato a circolare tra i media di tutto il mondo, per Tsimanouskaya è arrivato dal governo l’ordine di rimpatrio immediato: domenica 1 agosto, poco prima di scendere in pista per la staffetta 4×400, l’atleta è stata prelevata dal Villaggio olimpico e portata all’aeroporto di Haneda. Ma Tsimanouskaya ha rifiutato di imbarcarsi e ha chiesto protezione al Comitato olimpico.

“C’è pressione contro di me. Stanno cercando di farmi uscire dal Paese senza il mio permesso. Sto chiedendo al Cio di essere coinvolto”, ha detto la velocista in un video pubblicato da Belarusian Sport Solidarity Foundation (BSSF), l’associazione che si occupa di proteggere gli atleti bielorussi minacciati dal governo per le loro posizioni ideologiche o politiche. Dopo ore di incertezza, lo stesso Comitato olimpico ha twittato di aver posto Tsimanouskaya sotto la propria tutela: “Ora si sente sicura – si legge nel post – Il Cio e Tokyo 2020 continueranno il confronto con l’atleta e le autorità per decidere i prossimi step”.

In una nota, la delegazione bielorussa ha comunicato di aver estromesso Tsymanouskaya dalle gare rimanenti “a causa del suo stato emotivo e psicologico”. Intanto, dalla Polonia il vice Ministro degli esteri Marcin Przydacz ha reso noto di aver concesso un visto umanitario all’atleta.

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