I ricercatori temono la comparsa di nuovi serbatoi animali. Un gruppo di animali infetti può dare rifugio al virus, che può evolversi in modo tale da sfuggire alla protezione del vaccino, oltre che facilitare la diffusione del virus ad altre specie e ritornare all’uomo
Anche nei cervi dalla coda bianca (Odocoileus virginianus), i più comuni in Nord America, soprattutto vicino i centri urbani, è stato rilevato SarsCoV2. Almeno un terzo di loro ha gli anticorpi, segno che hanno avuto l’infezione. È la prima prova di una vasta diffusione del coronavirus negli animali selvatici, come indica lo studio pubblicato dai ricercatori dell’università canadese di Saskatchewan sul sito bioRxiv (dunque non ancora revisionato) e segnalato sul sito della rivista Nature.
Secondo il gruppo guidato da Arinjay Banerjee, la rapida esposizione di un vasto numero di animali al virus è preoccupante, anche se servono più studi per valutare se i cervi possono infettarsi tra loro e contagiare altre specie in natura. Precedenti esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che un cervo può infettarsi con il virus trasmetterlo a un altro cervo. Allo stato selvatico vivono in piccoli branchi, e quindi il virus può diffondersi naturalmente da un esemplare infetto.
I ricercatori temono la comparsa di nuovi serbatoi animali. Un gruppo di animali infetti può dare rifugio al virus, che può evolversi in modo tale da sfuggire alla protezione del vaccino, oltre che facilitare la diffusione del virus ad altre specie e ritornare all’uomo, anche dopo che la pandemia si sarà placata.
L’Ohio State University ha documentato la presenza di altri coronavirus capaci di saltare da una specie all’altra. In questo studio, Susan Shriner del Dipartimento Usa per l’Agricoltura ha testato 385 campioni di sangue raccolti nell’ambito delle regolari attività di sorveglianza in natura tra gennaio e marzo scorso in Michigan, Pennsylvania, Illinois e New York. Ha così scoperto che il 40% aveva gli anticorpi al anche se nessuno dei cervi mostrava segni della malattia. I ricercatori hanno trovato gli anticorpi anche in tre campioni raccolti all’inizio del 2020, quando il coronavirus aveva iniziato a circolare negli Usa. Visto che hanno contatti ravvicinati con le persone, è probabile che anche i cervi di altri stati siano stati esposti al virus, anche se rimane da chiarire come.