Mentre la città di New York si appresta, prima negli Usa, a chiedere il certificato di vaccinazione per l’ingresso nelle palestre e nei ristoranti, in Italia continua il dibattito tra parti sociali e la discussione politica con la presentazione di oltre 1300 emendamenti al decreto che in Italia introdurrà il green pass. “Bisogna essere chiari e onesti con i cittadini per evitare fraintendimenti. Perché sicuramente i casi non diminuiranno dopo l’implementazione” di questo strumento “e chi è contrario potrà dire che non serviva a nulla. L’utilità è convincere le persone a vaccinarsi” dichiara all’Adnkronos Salute, Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova.

Il microbiologo offre il suo punto di vista sul certificato dopo che le proteste ‘no pass’ hanno accesso diverse piazze d’Italia. Al tema Crisanti ha dedicato anche un intervento pubblicato ieri sulla Stampa, in cui entra nel dettaglio rispondendo a chi sostiene che il Green pass crei una discriminazione di fatto, privando di diritti una categoria di persone che diventano cittadini di serie B, e che sia un primo passo verso una transizione autoritaria. “A me sembra – obietta il virologo – che i cittadini di serie B siano coloro che si sono vaccinati, hanno accettato tutti i rischi che coloro che rifiutano la vaccinazione non vogliono correre, hanno superato paure e pregiudizi e devono subire le conseguenze di possibili future restrizioni, danni economici e didattica a distanza causate dal comportamento di coloro che non si sono vaccinati. L’uso del Green pass per controllare l’accesso a luoghi pubblici (bar, ristoranti, palestre, teatri e cinema), argomenta Crisanti, “non è una misura di sanità pubblica; non è stato mai determinato quale potrebbe essere il suo effetto sull’indice di trasmissione del virus ovvero il valore Rt”. “I benefici del Green pass sulla trasmissione, anche alla luce delle evidenze che suggeriscono come anche i vaccinati possano infettarsi con le nuove varianti virali e quindi essere in grado di trasmettere – ha continuato Crisanti nel suo intervento di ieri – sono limitati a proteggere dall’infezione coloro che non sono vaccinati”.

Per lo scienziato “non vi è alcun dubbio che la frequentazione di luoghi affollati senza indossare la mascherina crei situazioni che favoriscono la trasmissione del virus. Quindi coloro che non sono vaccinati in queste situazioni sono a rischio di infettarsi e se anziani di sviluppare una forma grave di malattia. Con l’esercizio della libertà individuale questi cittadini trasferiscono le conseguenze del loro comportamento in termini di allarme sociale e costi delle cure sulla comunità – incalza nel suo intervento – Lascio ai filosofi discettare se questo sia moralmente accettabile”. Insomma, Crisanti osserva che “sarebbe bello che tutti si vaccinassero con l’obiettivo di dare un contributo per proteggere se stessi, la propria famiglia, le persone care e la comunità in cui si vive. Purtroppo non è così e quindi si deve ricorrere all’adozione di misure come il Green pass per aumentare la percentuale di persone vaccinate“. Indurre le persone a vaccinarsi “ha conseguenze importanti sulla possibilità di controllare la diffusione e l’impatto sociale ed economico dell’epidemia, ora così come nel passato”.

“Negare che i vaccini siano le misure in termini di costi/benefici che hanno permesso all’umanità di sconfiggere decine di malattie trasmissibili che causavano milioni di morti e sofferenze di cui abbiamo perso memoria equivale ad affermare che la Terra è piatta”, afferma. Il conflitto tra libertà individuali e salute pubblica, conclude, “non è nuovo, è stato affrontato ripetutamente in passato e risolto sempre nella direzione degli interessi della collettività senza che le comunità che li hanno adottati scivolassero in restrizioni della libertà personale o cambiamenti istituzionali in senso autoritario”. “In situazioni emergenziali e di pericolo collettivo – fa notare il virologo – c’è sempre qualcuno che in nome della libertà ritiene di trovare soluzioni personali: se ognuno adottasse questo approccio, la comunità ne uscirebbe distrutta. Dall’epidemia non si esce da soli, ma tutti insieme”.

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