Resta a Milano Paolo Storari in servizio come pubblico ministero. Il Consiglio superiore della magistratura ha rigettato la richiesta del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, di trasferimento cautelare d’urgenza e di cambio di funzioni per il pm, nell’ambito del caso dei verbali dell’avvocato Amara. Una vicenda complessa che ha innescato più inchieste da Perugia a Brescia e ha provocato un clima di tensione degli uffici del Palazzo di giustizia di Milano. Un caso che si intreccia anche con il processo per corruzione internazionale Eni Nigeria che ha visto l’assoluzione di tutti gli imputati con strascichi anche a livello disciplinare.
Ieri il magistrato, che sembrava aver denunciato una presunta inerzia dei vertici della procura sui verbali di Piero Amara, era stato sentito per due ore dalla commissione disciplinare dopo che nei giorni scorsi aveva presentato una memoria. Storari è indagato a Brescia insieme a Piercamillo Davigo per rivelazione del segreto d’ufficio perché nell’aprile del 2020 consegnò all’ex pm di Mani pulite e all’epoca consigliere del Csm i verbali (in formato word) dell’ex legale esterno dell’Eni, già condannato per corruzione in atti giudiziari e coinvolto in diverse inchieste, che ha sostenuto l’esistenza di una loggia segreta di cui farebbero parte personaggi delle istituzioni, magistrati e forze dell’ordine nonché due consiglieri del Csm. Amara, sentito più volte a partire dal dicembre del 2019, ha fatto una lista di almeno 74 nomi eccellenti presunti componenti della Loggia Ungheria. Storari sosteneva di dover approfondire subito le affermazioni in alcuni casi già smentite e calunniose di Amara già indagato per despistaggio e condannato per corruzione in atti giudiziari ma potenziale testimone nel processo Eni Nigeria.
Diversi atti di indagine comunque, stando alla relazione del 7 maggio presentata dal procuratore Greco al Csm e al pg della Cassazione, erano stati fatti e c’era comunque una non poco rilevante questione di competenza territoriale visto che l’associazione segreta avrebbe la sua sede a Roma. E in questa ottica che l’indagine è da diversi mesi in mano al procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone. I magistrati perugini sono coinvolti perché fanno parte del distretto giudiziario competente per le toghe che possono essere autori di reati o esserne vittima. Ma non c’è solo Perugia a indagare, in campo sono entrati anche i pm di Roma che cercano di fare luce su chi, da mesi, invia i dossier anonimi con le dichiarazioni dell’ex legale alle redazioni dei giornali: tra l’ottobre del 2020 e i primi mesi del 2021 sono stati recapitati al Fatto Quotidiano, al Domani, a Repubblica. Per cui è stata indagata l’ex segretaria di Davigo.
Il procuratore di Brescia, Francesco Prete, ha iscritto anche Francesco Grego, procuratore di Milano, nel registro degli indagati per il presunto ritardo dell’apertura del fascicolo d’inchiesta sulle dichiarazioni di Amara, già indagato per depistaggio nell’inchiesta sul falso complotto ai danni dell’Eni ma che i pm, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, volevano far testimoniare nel processo Eni Nigeria per cui è arrivata una sentenza di assoluzione. Contro quel verdetto la procura ha presentato ricorso, ma nel frattempo in secondo grado chi aveva scelto il rito abbreviato, proprio sulla base della sentenza di quella sentenza di assoluzione, ha visto ribaltato in appello il verdetto di condanna di condanna incassato nel primo grado.
Per il Csm non c’è stato un “comportamento gravemente scorretto” da parte di Storari nei confronti Greco e dell’aggiunto Laura Pedio e nessuna accusa nei loro confronti di “inerzia investigativa”. Semmai nei colloqui con Piercamillo Davigo, ha espresso una “preoccupazione (…) sulle modalità di gestione del procedimento” relativo ai verbali Piero Amara “in presenza di una chiara divergenza di vedute”. Il Csm ritiene che la consistenza degli indizi sottoposti con la richiesta “non conduca a un giudizio prognostico di sussistenza dell’illecito”. La situazione che si è determinata “non è sintomatica di una situazione che possa pregiudicare la buona amministrazione della giustizia” né “si riverbera sull’esercizio delle funzioni specifiche”.
“Siamo soddisfatti perché molte delle nostre ragioni sono state recepite, e questo ci conforta sulla solidità e sulla funzione di garanzia delle istituzioni” dice all’Adnkronos l’avvocato Paolo Della Sala, difensore del pm. Che ha dichiarato: “Sono soddisfatto, solo questo”.