I due record del mondo nei 400 ostacoli stabiliti da Karsten Warholm nella gara maschile e da Sydney McLaughlin in quella femminile hanno fatto deflagrare definitivamente il caso “nuove scarpe” di cui si era già ampiamente discusso prima delle Olimpiadi. Usain Bolt, intervistato da The Guardian, pochi giorni prima di Tokyo aveva detto la sua a riguardo: “Queste innovazioni sono ridicole. Le nuove scarpe danno un vantaggio sleale rispetto agli atleti che non le indossano”. Avere dei vantaggi competitivi grazie ai materiali è una storia lunghissima, che prima era solo una questione potremmo dire olimpica, oggi invece ballano miliardi e miliardi di fatturato e ci si scherza molto meno.

Questa ultima rivoluzione che ha sconvolto l’atletica leggera – e lo sta facendo adesso sotto gli occhi del mondo alle Olimpiadi di Tokyo – sotto traccia era già presente durante i Giochi di Rio 2016. Nessuno lo sapeva allora, ma alcuni atleti indossavano uno dei primi tipi di queste calzature, ora prodotte da 13 marchi diversi. Il “prototipo” sono state le Vaporfly Games della Nike e ad usarle sono stati anche Eliud Kipchoge, Feysa Lilesa e Galen Rupp, ovvero i primi tre classificati della maratona olimpica. Da quel momento in poi niente è stato più come prima.

L’interesse per le Vaporfly Games è esploso, per poi diventare quasi unico argomento di discussione fra atleti e addetti ai lavori dopo che sempre Eliud Kipchoge, indossando e sbandierando in maniera questa volta evidente l’uso delle Nike Vaporfly, aveva corso per la prima volta la maratona sotto le 2 ore (1 ora 59’40” il suo tempo). C’erano state anche 41 lepri, un’auto che teneva il ritmo e tanto altro, ma il grande focus comunicativo e tecnico dell’evento ha riguardato le scarpe e i vantaggi competitivi evidenti che poteva portare.

Appena si è sdoganata pubblicamente l’esistenza stessa di queste nuove scarpe, ora largamente prodotte e diffuse tra gli atleti – compreso Marcell Jacobs, che usa le Nike MaxFly, e diversi altri centometristi (altri due dei quali erano in finale) – molti si sono concentrati erroneamente sul suo “effetto molla” dovuto alla lamina ricurva in fibra di carbonio che ne fa parte. Studi successivi invece hanno accertato che i vantaggi della nuova scarpa sono da ricercare altrove. In primo luogo nell’aggiunta di uno strato di schiuma ammortizzante. Queste schiume, che includono materiali come PEBA (polietere a blocchi di ammide), TPU (poliuretano termoplastico) e varie altre miscele sono più leggere, più comprimibili e più resistenti, si espandono dopo essere state compresse durante la corsa e restituiscono la stessa energia usata per comprimerla. Le vecchie scarpe lo facevano allo stesso modo, ma queste lo fanno con una percentuale migliorativa del 15%, cioè danno un’energia d’espansione del 15% in più.

Altra differenza è nella geometria della scarpa. Hanno un tacco più spesso, una curvatura più evidente e spesso la punta rialzata. Il ricercatore dell’Università di Calgary, Benno Nigg, ha parlato di “effetto barcollante” della scarpa, capace di dare un effetto d’accelerazione. Al di là poi degli elementi tecnici, la Nike stessa ha creato una comunicazione intorno a queste nuove scarpe molto semplice. Aggiungeva al nome della scarpa il 4%, ovvero il vantaggio che le scarpe avrebbero dato in termini di efficienza.
Il 4% è tanto quando si ragiona in centesimi di secondo e alle scarpe bisogna aggiungere anche un altro elemento, ovvero la pista. La Mondo Spa di Alba, azienda leader nella realizzazione delle piste di atletica, ha creato per Tokyo una stupefacente pista elastica capace di rispondere perfettamente alla propulsione delle nuove scarpe, “accompagnandole” nel ritmo di corsa.

Detto questo, nasce il quesito: stiamo vivendo in atletica quello che nel nuoto abbiamo già vissuto con i “costumoni” in poliuretano, che ai Mondiali di Roma 2009 portarono a 43 record del mondo? La tecnologia è così impattante sui record e le statistiche, oltre che in parte anche sulla competitività (i costumoni aiutavano gli atleti molto muscolati come il francese Alain Bernard, scomparso appena i costumi in poliuretano furono vietati, è così anche per alcuni tipi di atleti con le nuove scarpe?).
Sono tutte questioni che questa Olimpiade ha messo sul tavolo e sulle quali bisogna discutere con grande attenzione. Intanto il 51”46 di McLaughlin e il 45″94 di Warholm ormai sono già storia.

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