Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso dell’azienda campana di Polla Sviluppo, da cui i rifiuti provengono, contro la sentenza del Tar che aveva confermato l’ingiunzione della Regione Campania a rimpatriare i rifiuti. "Il rimpatrio va eseguito con urgenza"
Deciderà un arbitrato sui 212 container di rifiuti stoccati nel porto di Sousse, in Tunisia, carichi di rifiuti spediti dall’azienda campana Sviluppo risorse ambientali alla tunisina Soreplast (dove si trovano un’altra settantina di container), e sotto sequestro preventivo da più di dieci mesi con un costo di 26mila euro al giorno per la Regione Campania. Una vicenda che ha portato prima alle dimissioni e poi all’arresto di dodici persone, tra cui l’ex ministro dell’Ambiente, Mustapha Aroui, il 21 dicembre 2020. Ma nella bufera sono finiti altri nomi eccellenti, come l’ex ministro Shukri Belhassen, diversi fra dirigenti e funzionari del ministero e dell’Agenzia per la gestione dei rifiuti e di quella per la Protezione dell’Ambiente e anche l’ex console tunisino a Napoli. Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso dell’azienda di Polla, specializzata nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti, contro la sentenza del Tar che aveva confermato l’ingiunzione (appoggiata dall’Esecutivo) della Regione Campania a rimpatriare i rifiuti. A marzo scorso, la stessa Regione aveva ammesso le omissioni sui controlli dei container partiti da Salerno, dopo l’interrogazione della consigliera regionale M5S Maria Muscarà, che da tempo aveva segnalato il caso.
LA VICENDA – Ad aprile e luglio 2020, in effetti, con due decreti dirigenziali la Regione Campania aveva autorizzato la Sra srl di Polla a spedire per una “maggiore economicità del processo di recupero rispetto al paese d’origine”, 12mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi alla Soreplast (di cui 7.900 arrivate in Tunisia prima che le spedizioni venissero bloccate), dando l’ok anche alla fideiussione di 3,3 milioni di euro stipulata dall’azienda in favore del ministero dell’Ambiente. Una trasmissione televisiva tunisina aveva poi filmato alcune anomalie, confermate da un’ispezione delle Dogane tunisine: nei container (arrivati a bordo di più navi, tra maggio e luglio 2020) non c’erano rifiuti plastici come dichiarato, ma scarti di ogni tipo da differenziata domestica e, soprattutto, rifiuti ospedalieri che non sarebbero destinati al recupero bensì allo smaltimento in discarica o all’incenerimento. Tipologia che per le convenzioni di Basilea e di Bamako non può essere esportata tra paesi UE ed extra UE.
LE INCHIESTE E IL RICORSO – Dalle inchieste di IrpiMedia e Inkyfada è emerso che qualcosa è andato storto nella procedura che per gli scarti di rifiuti urbani e misti (che si possono esportare, ma solo se effettivamente destinati al riciclo) prevede che siano i rappresentati della Convenzione di Basilea, dipendenti dal ministeri dell’Ambiente italiano e tunisino, ad autorizzare la spedizione. I rifiuti, invece, erano partiti solo con l’ok della Regione Campania. Così, i container sono stati bloccati e, nel frattempo, sono venite alla luce diverse irregolarità. Perché se la Soreplast (il cui proprietario, nel frattempo, ha lasciato il Paese per rifugiarsi in Germania) avrebbe dovuto riciclare la frazione plastica dei rifiuti per poi avviare in discarica solo quella non differenziabile, risulta che la società tunisina non abbia impianti, ma solo due depositi temporanei. Gli elementi emersi giorno dopo giorno hanno portato, in Tunisia, ad arresti eccellenti, mentre il parlamentare tunisino Majdi Karbai ha contattato la commissione ‘Terra dei fuochi’. Da qui la prima interrogazione, quella della consigliera M5S alla giunta regionale della Campania. A dicembre 2020, la Regione Campania ha emesso una serie di atti, tra cui un ordine con cui si obbligava l’azienda di Polla a rimpatriare la spedizione transfrontaliera dei 212 container ancora stipati sulla banchina del porto di Sousse. La società ha fatto ricorso, ma il 9 febbraio scorso, la quinta sezione (Napoli) del Tar della Campania ha dichiarato “inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione” il ricorso di Sviluppo Risorse Ambientali.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO – E il Consiglio di Stato ha fatto proprie le motivazioni dei giudici di primo grado, prevedendo il ricorso ad un arbitro o, in alternativa, alla Corte Internazionale di Giustizia e ricordando che, secondo la Convenzione di Basilea è lo Stato di destinazione della spedizione “l’unica autorità competente ad assumere la determinazione relativa alle sorti dell’avvenuto trasferimento, mentre “lo Stato di esportazione né si opporrà né ritarderà né impedirà il ritorno dei rifiuti il cui traffico è stato dichiarato illecito”. Ed è questo il caso. “Una buona notizia per la giustizia, la collaborazione internazionale e l’ambiente. Il Consiglio di Stato conferma, dunque, che il rimpatrio dei rifiuti italiani illecitamente esportati in Tunisia va eseguito con urgenza. Ci auguriamo si passi rapidamente all’azione” hanno commentato Rossella Muroni, deputata di FacciamoECO e Majdi Karbai, deputato del Parlamento tunisino del Gruppo Democratico eletto nel partito Corrente democratica.