di Carblogger
Che mi compro, visto che Draghi ci ha ridato pure gli incentivi? Nulla. Giro in Vespa e poi tanto nel 2035, fra 14 anni, se non ho un’elettrica la mia macchina varrà zero. Non per vecchiaia: da lì in avanti, stando alla proposta della Commissione europea nel piano chiamato Fit for 55, i veicoli in produzione in Europa dovranno essere a zero emissioni, o non essere più. Coincidenza da brivido: la proposta è arrivata il 14 luglio, giorno che in Europa significa la vittoria della Rivoluzione francese con la presa della Bastiglia…
Ora, la larga previsione corrente è che il 2035 con Fit for 55 sia la fine dell’industria della mobilità così come l’abbiamo conosciuta (occupazione compresa). Da libero pensatore: fine di un’epoca sicuramente. Fine di tutto non credo.
Intanto, quella del 2035 è una proposta, dunque emendabile. Mi stupirei se la decisione definitiva non riabilitasse almeno l’ibrido plug-in, che prevede anche l’esistenza di un motore termico. La transizione all’elettrico puro comprende appunto una transizione: i più grandi cambiamenti nell’innovazione non sono on-off.
In bilico vedo il rientro dell’ibrido pieno o full senza il quale, se non fosse stato messo su strada da Toyota nel lontano 1997, oggi l’intera industria dell’auto non sarebbe arrivata nemmeno a questa transizione. Meriterebbe l’inclusione anche solo honoris causa.
Ma per un ripescaggio, temo sia piuttosto una questione di geopolitica, non di emissioni: in Europa più o meno tutti usano il full hybrid tranne il gruppo Volkswagen, che tuffandosi dal precipizio del dieselgate si è immersa nell’elettrico puro prendendo un po’ d’aria nel plug-in. È vero che Angela Merkel lascia a settembre, ma secondo voi a Bruxelles chi continuerà ad avere più influenza, tedeschi o giapponesi? Torno alla proposta così com’è. Solo auto elettriche dal 2035: troppo presto. O troppo tardi?
La maggior parte di coloro che si scandalizzano per un’idea effettivamente radicale, “una rivoluzione totale, simile allo sbarco sulla Luna” scrive l’amico Riccardo Ruggeri in questo suo brillante post, non mi sembra si siano mai scandalizzati per il calcio al barattolo con cui l’industria dell’auto d’intesa con il decisore politico ha finora rinviato scelte più decisamente sostenibili in fatto di mobilità. Cent’anni fa la partita sull’elettrico fra alcuni costruttori e i big del petrolio andò diversamente. C’era anche meno tecnologia. E meno catastrofi climatiche.
E ancora. Ok, il 2035 è troppo presto. Ma lo sarebbero anche il 2040 o il 2045 seguendo la stessa logica della fine di mondo, così come ci sarebbero gli stessi problemi in quella transizione industriale e commerciale che Riccardo Ruggeri, da ex Ceo, ha ipotizzato più lucidamente di tutti. La verità è che il punto a capo fa parte della grammatica della vita e forse non è più tempo di sole virgole.
Non sarà nel 2035 e forse nemmeno nel 2050: mi resta l’impressione che il nuovo mondo di cui si straparla preveda alla fine meno veicoli privati in circolazione, virtuosi o meno che saranno. “Non penso mai al futuro, arriva talmente in fretta” diceva Albert Einstein. Ecco. E scusate il ritardo.