La novità è in vigore dal 25 luglio, quando la legge di conversione del decreto Sostegni bis è uscita in Gazzetta ufficiale. Gli effetti, dunque, si vedranno nei dati Istat in arrivo a settembre: probabile un ulteriore aumento dei contratti precari, che rispetto al crollo di aprile 2020 sono già cresciuti di 380mila unità. Viale dell’Astronomia festeggia: in una nota inviata il 26 alle rappresentanze territoriali e settoriali rivendica che “il legislatore ha accolto una proposta avanzata da lungo tempo da Confindustria“. Il Movimento 5 stelle tace. Dopo settimane dominate dalla trattativa sulla giustizia, ora è emersa la reale portata delle modifiche al decreto Dignità approvate in commissione Bilancio alla Camera. In poche parole, è stato smantellato il provvedimento che come rivendicato dall’allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio “licenziava il Jobs Act“. E che, come riconosciuto anche da un grande critico come il predecessore Carlo Calenda, ha avuto un impatto molto positivo sulle conversioni di contratti a termine in rapporti di lavoro stabili: secondo l’Inps, prima della pandemia sono aumentate del 60% rispetto al biennio precedente.
Il combinato disposto di un emendamento del Pd (identico ad altri di Forza Italia, Lega e Fdi) e di una successiva aggiunta dei relatori M5s e Lega consente infatti d’ora in poi di prorogare i rapporti a termine senza indicare causali. E, fino al 30 settembre 2022, di stipulare nuovi contratti a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi anche con lavoratori che la stessa azienda abbia già impiegato a termine per due anni: la durata massima fissata dal decreto Dignità approvato tre anni fa durante il governo Conte 1 non vale più. La ratio dichiarata era quella di favorire la ripresa occupazionale post pandemia. Ma una deroga temporanea alle causali già c’era: se l’intento fosse stato quello, sarebbe stato sufficiente prolungarla ancora per un po’. Invece il corto circuito andato in scena in Commissione ha prodotto una modifica permanente, che non verrà meno una volta centrato il recupero dei posti di lavoro pre Covid. Così si perde l’occasione per spingere sulla creazione di lavoro stabile con il traino del Piano di ripresa e resilienza. E si finisce per aprire la strada alla sostituzione di lavoratori licenziati (ora che il blocco è finito) con precari. A dispetto del fatto che, come ebbe a ricordare Mario Draghi nel 2010, la precarietà tende ad andare a scapito della produttività. Un pasticcio che i 5 Stelle non hanno evitato e che probabilmente sarà una delle prime grane che Giuseppe Conte, capo del governo che varò il decreto Dignità, dovrà affrontare non appena prenderà ufficialmente la guida del Movimento.
Ma torniamo alle nuove norme. La prima modifica, firmata dal dem Antonio Viscomi ma identica a quelle presentate dalle destre, è passata l’8 luglio con il via libera del relatore M5s Giuseppe Buompane, vicepresidente della Commissione. Afferma che attraverso la contrattazione nazionale, territoriale o aziendale sarà possibile concordare con i sindacati “specifiche esigenze” che giustificano il prolungamento del contratto precario, anche in somministrazione, al posto di un’assunzione stabile. E quelle esigenze consentiranno proroghe o rinnovi dopo i primi 12 mesi senza necessità di fornire motivazioni: le famose “causali” reintrodotte dal decreto Dignità di Luigi Di Maio nel 2018, invise all’universo confindustriale che ha sempre lamentato l’eccesso di rigidità. Ora basterà un passaggio con le rappresentanze sindacali interne, che sono spesso inclini ad accettare prolungamenti dei contratti a termine a fronte di alcune stabilizzazioni o di esigenze temporanee. O peggio, sotto minaccia di tagli se non accettano, come ha fatto notare l’associazione di giuslavoristi Comma2. L’unico vincolo è che la durata complessiva non superi i 24 mesi. Viene quindi normalizzato il ricorso alle deroghe già consentite attraverso i cosiddetti “accordi di prossimità”.
Nelle ore successive all’approvazione i pentastellati e Leu, che evidentemente non avevano compreso il rilievo della norma, ci hanno ripensato. E hanno tentato di correre ai ripari con un emendamento che, stando al resoconto della seduta in Commissione, avrebbe dovuto limitare l’estensione temporale della deroga al 30 settembre 2022. Ma al momento di coordinare i due testi qualcosa è andato storto. Letto il testo finale, gli addetti ai lavori si sono resi conto che quel termine non si applica alla modifica precedente, quella su proroghe e rinnovi. “Il legislatore”, annota Confindustria nel suo documento, “ha esteso il campo di applicazione delle “causali contrattuali” che non limiteranno i loro effetti alla sola disciplina dei rinnovi e delle proroghe ma che consentiranno anche di avvalersi di una nuova ipotesi di lavoro a termine“. Tradotto: lungi dal circoscrivere la prima deroga – che resta senza scadenza – l’emendamento firmato dai relatori Buompane e da Massimo Bitonci si aggiunge e finisce per creare una nuova fattispecie. Ora per le aziende, sempre sulla base di contratti collettivi o aziendali, è possibile ricorrere al lavoro precario stipulando fin dal principio un contratto di durata superiore a 12 mesi (fino a 24). Viale dell’Astronomia incassa, e fa capire di essersi resa conto dell’errore (voluto o meno): “Da quanto si è potuto apprendere in ambito parlamentare, sembra che la volontà iniziale di chi aveva presentato l’emendamento fosse quella di apporre il limite temporale anche alla disposizione che ha introdotto le “causali contrattuali””, scrive. Ma “la pubblicazione del testo ufficiale e la collocazione della seconda modifica in un autonomo comma hanno definitivamente chiarito che la volontà è stata (…) soltanto di limitare nel tempo l’efficacia della seconda modifica”.
La conferma arriva da Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma, fan del Jobs Act e consulente di viale dell’Astronomia. Che aggiunge un ulteriore dettaglio. In un intervento sulla rivista Labor, Maresca parla di “una nuova ipotesi di lavoro, del tutto speciale, che consente l’assunzione temporanea nei casi previsti dalla contrattazione collettiva”. Il giuslavorista lo chiama “contratto a termine a durata minima garantita” e elogia questa “opportunità” che dal suo punto di vista favorirà “l’occupazione temporanea, ma di qualità perché durevole nel medio tempo”, visto che il contratto dovrà durare almeno 12 mesi. Ma la ciliegina sulla torta riguarda un altro aspetto: dall’analisi del testo emerge che “il datore di lavoro potrà concludere il nuovo contratto non solo con i lavoratori da lui in passato assunti a tempo determinato, ma anche quando questi lavoratori abbiano già raggiunto il limite dei 24 mesi o il diverso limite previsto dai contratti collettivi”. Che potranno anche prevedere una durata complessiva superiore ai 2 anni. Il tutto entro il 30 settembre 2022, con la conseguenza, esemplifica Maresca, che un lavoratore assunto con un contratto di 12 mesi l’1 agosto 2021 potrebbe poi firmarne un altro di 24 mesi a fine settembre 2022. Estendendo il periodo di precariato fino all’autunno 2024.
Giuseppe Buompane, contattato da ilfattoquotidiano.it, non ha voluto commentare il pasticcio. Nessun altro esponente del Movimento si è espresso contro la nuova norma.