Marilyn mito e mistero. Non passa anno che nel ricordare il giorno della morte di Marilyn Monroe – 5 agosto 1962 – non emerga il dubbio, l’ipotesi, l’idea che quella notte nella camera da letto della sua casa di Los Angeles alla star di A qualcuno piace caldo sia accaduto qualcosa che ancora non è stato raccontato. Del resto quelli sono gli anni dell’omicidio di JFK, legato tra l’altro a doppio, triplo filo con Marilyn (leggasi il fratello Bob Kennedy). E la scena per chi ritrovò il cadavere di una Marilyn nuda, a faccia in giù, con la cornetta del telefono in mano, pillole per la depressione disseminate ovunque, è sempre sembrata un set cinematografico di uno stereotipato noir ricreato ad arte.
Il “probabile suicidio” di un immortale sex symbol, di una sfavillante icona pop dall’anima segreta e dolente, continuerà a titillare la curiosità e il principio del dubbio di ogni persona di buona creanza. Intanto quello che c’è da dire su Marilyn in queste ore l’ha pubblicato Variety qualche giorno fa: Blonde, il biopic attesissimo sulla Monroe ha una nuova data d’uscita. Netflix che produce ha intanto declinato l’invito all’ultimo Festival di Cannes (faccia tosta Fremaux prima snobba le produzioni Netflix poi si genuflette che nemmeno a Canossa) e ha rilanciato al 2022 l’uscita di un film attesissimo. Intanto ad interpretare la diva c’è Ana de Armas (per il ruolo sono passate anche Jessica Chastain e Naomi Watts), mentre alla regia c’è un autore sofisticato come Andrew Dominik.
Il film è tratto dal libro omonimo della pluripremiata scrittrice Joyce Carol Oates. Certo, il libro – pubblicato in Italia da La Nave di Teseo – non offre dati di cronaca sensibili (a quelli ci penseranno puntualmente i tabloid) ma una rievocazione tra biografia e fantasia di una donna fragile e allo stesso tempo determinata immersa nel gorgo hollywoodiano e nella America bigotta anni cinquanta.