Il capitano della Fiorentina Davide Astori poteva essere salvato. E’ quanto si legge, nero su bianco, nelle motivazioni della sentenza del gup, Angelo Antonio Pezzuti, che sostiene che la malattia cardiaca che uccise il calciatore 31enne nella notte tra il 3 e il 4 marzo 2018 avrebbe potuto essere diagnosticata, ma non lo fu per un errore del medico sportivo, che tralasciò di effettuare alcuni esami violando i protocolli sanitari previsti.
Il professor Giorgio Galanti, all’epoca dei fatti direttore sanitario del centro di medicina dello sport di Careggi a Firenze, è stato infatti condannato per omicidio colposo a un anno di reclusione, con pena sospesa.
“Con la sua condotta – si legge nelle motivazioni – l’imputato ha impedito l’accertamento della malattia, avendo omesso il primo necessario atto” che avrebbe avviato un iter diagnostico in grado di salvare la vita di Davide Astori.
Il giocatore morì per un arresto cardiaco dovuto a una cardiomiopatia aritmogena, una malattia genetica del muscolo mai diagnosticata. Secondo quanto sostenuto nella sentenza, il professor Galanti avrebbe commesso proprio “un errore diagnostico” decidendo di non effettuare ulteriori controlli nonostante le extrasistolia ventricolare emersa ripetutamente durante le prove da sforzo annuali a cui veniva sottoposto il capitano della Fiorentina.
La presenza della patologia riscontrata avrebbe dovuto indurre a effettuare ulteriori accertamenti, nello specifico bastava un Ecg holtel 24 ore. L’esame, sostengono i periti nominati dal gup, non avrebbe permesso di diagnosticare la malattia ma avrebbe consentito di rilevare ulteriori anomalie che avrebbero portato alla sospensione cautelativa di Astori dall’attività agonistica, e a effettuare esami di terzo livello.
Nella sentenza il gup contesta anche alcune conclusioni dei periti incaricati che sostengono che “la sospensione dell’attività sportiva avrebbe sicuramente rallentato la progressione della malattia, ma non avrebbe escluso con certezza l’arresto cardiaco”. Per il gup “tale argomentazione non appare condivisibile”, in quanto “una corretta diagnosi, effettuata all’esito di tutti i necessari accertamenti, avrebbe comportato l’installazione di un impianto di defibrillazione e ciò avrebbe escluso la morte del calciatore”.
Il difensore di Galanti, avvocato Sigfrido Fenyes, ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello. Per Galanti la procura di Firenze ha chiesto anche un altro rinvio a giudizio nell’ambito di un’inchiesta bis nata dalla morte di Astori, relativa alla presunta falsificazione di un certificato medico.