I vaccini attualmente disponibili contro il Covid-19 sono vari e sono stati sviluppati sia utilizzando tecnologie molto classiche che altre altamente innovative. I più efficaci sono anche i più innovativi e questo ha portato al paradosso per cui le persone spesso hanno espresso perplessità: sono forse farmaci sperimentali? Modificano il genoma? Per fare il punto su questo argomento occorre premettere alcune nozioni sulle malattie infettive e sui vaccini.
Quando ci ammaliamo di una malattia infettiva, un germe (virus, batterio o altro) colonizza il nostro organismo, o almeno alcuni organi, e ne uccide le cellule. Le difese più efficaci che il nostro organismo può utilizzare per uccidere il germe sono quelle dell’immunità specifica: gli anticorpi, molecole prodotte dai linfociti B e dalle plasmacellule, e i linfociti T citotossici. Questo tipo di immunità si chiama specifica perché non è presente prima dell’infezione e si sviluppa in risposta a questa e nei soli confronti del germe responsabile.
Lo sviluppo dell’immunità specifica nei confronti di un germe in precedenza sconosciuto al sistema immunitario è lenta e richiede due o tre settimane almeno; questo è il tempo che il germe ha a disposizione per colonizzare il nostro organismo ed eventualmente ucciderci, e la malattia infettiva è una gara di corsa tra il germe e il sistema immunitario (questa regola presenta eccezioni: ci sono germi che causano malattie croniche perché sono in grado di nascondersi alle difese immunitarie).
Se il nostro sistema immunitario vince e debella l’infezione, i linfociti B e T specifici rimangono a lungo nel nostro organismo, spesso per tutta la vita, e creano la nostra memoria immunitaria: ogni successivo incontro con lo stesso germe scatenerà una risposta difensiva molto rapida, entro uno-tre giorni, e questo di solito farà sì che la malattia non si svilupperà affatto o sarà molto lieve. Quelle malattie che possono colpirci più di una volta nella vita, in genere, sono dovute al fatto che il germe muta e si ripresenta in forme che la nostra nostra memoria immunitaria non riconosce; l’influenza ne è un esempio, e ogni epidemia annuale è dovuta a un ceppo antigenico distinto o quasi.
Un vaccino non è in senso stretto un farmaco, ma un componente molecolare del germe o una sua variante inattiva che noi assumiamo e presentiamo al sistema immunitario allo scopo di costruirci senza rischio la memoria immunitaria specifica. Ci sono molti modi di produrre un vaccino e non tutti funzionano con tutti i germi. Il primo vero vaccino fu quello contro il vaiolo introdotto nell’uso clinico da Edward Jenner in vari esperimenti condotti tra il 1780 e il 1800: Jenner aveva notato che gli allevatori di bestiame che si contagiavano col vaiolo delle vacche (vaiolo vaccino), che nell’uomo dà soltanto una infezione locale, in genere della mano, erano poi protetti dal vaiolo umano e iniziò una sperimentazione inoculando col vaiolo vaccino i bambini. Il successo fu enorme, ma purtroppo all’epoca esisteva soltanto questo caso di una malattia benigna che proteggeva contro una malattia molto più grave (un fenomeno chiamato immunità crociata).
Un secolo dopo Pasteur sviluppò dei metodi per rendere innocui dei germi e produrre quindi i primi vaccini artificiali. Essenzialmente i metodi provati da Pasteur erano due: uccidere il germe ad esempio con la formalina e inoculare al paziente una sospensione di germi uccisi (inattivati); oppure coltivare il germe su terreni per lui anomali per molte generazioni fino a quando, a causa di mutazioni casuali non controselezionate a causa dell’ambiente anomalo, perdevano la capacità infettante nei confronti dell’uomo, ma non l’antigenicità (germi vivi attenuati).
Un tipico esempio di vaccino con virus ucciso è il vaccino di Salk contro la poliomielite, sviluppato negli anni 50 del secolo scorso e ancora in uso; un tipico vaccino vivo è quello di Sabin, sempre contro la polio, o quello contro il morbillo. Un terzo tipo di vaccino, più recente è quello che si ottiene isolando la o le proteine del germe che sono riconosciute dal sistema immunitario (gli antigeni) e iniettando soltanto quelle (se necessario in forme inattivate); un esempio di questo tipo di vaccino è quello contro l’epatite B.
Per la precisione aggiungo che un siero non è un vaccino. Il siero immune è ottenuto dal plasma sanguigno di un animale o un uomo che per vaccinazione o malattia ha sviluppato gli anticorpi specifici contro il germe. La trasfusione di siero immune nel malato realizza una immunizzazione passiva dovuta agli anticorpi e può guarire la malattia in atto, ma non crea memoria immunitaria, che semmai viene creata dalla malattia che si intendeva curare.
Il principale vantaggio dei vaccini a virus ucciso o basati su parti di esso è la ridotta pericolosità; il loro principale svantaggio è che stimolano soprattutto una componente della risposta immunitaria, gli anticorpi presenti nel sangue (IgG); meno le altre componenti. Il principale vantaggio dei vaccini a virus vivo è che simulano meglio la malattia e stimolano meglio tutte le componenti della risposta immunitaria (molto importanti i linfociti T specifici); il loro svantaggio è che a volte il virus del vaccino può “revertire” al virus selvatico per mutazione e causare la malattia che si intendeva prevenire; inoltre questi vaccini devono essere usati con estrema cautela in pazienti che abbiano deficit immunitari sempre per il rischio che causino la malattia o una sua variante.
Tra i vaccini attualmente in uso contro il Covid-19 nessuno utilizza un coronavirus vivo attenuato. Il Novavax è prodotto utilizzando una proteina virale (proteina Spike) isolata e assemblata in particelle submicroscopiche, ed è quindi concettualmente simile al vaccino contro l’epatite B, mentre i vaccini Sinopharm, Sinovac e Bharat Biotech utilizzano un coronavirus ucciso, e sono quindi concettualmente simili al vaccino di Salk.
Chi ha paura dei possibili effetti imprevisti delle nuove tecnologie vaccinali può attendere l’ormai prossimo arrivo del Novavax che sfrutta una tecnologia collaudata. Non si prevede che arrivino in Italia gli altri tre. I vaccini Pfizer-Biontech, Moderna, Astra-Zeneca, Johnson & Johnson, Gamaleya e CanSino (questi ultimi non usati in Italia) utilizzano tecnologie più moderne che descriverò nel prossimo post.
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