Calcio

Ti ricordi… L’oro delle Super Eagles nigeriane che nel 1996 batterono Argentina e Brasile: prima squadra africana a trionfare ai Giochi

Madeleine: una data, un ricordo, un personaggio - La rubrica del venerdì de ilfattoquotidiano.it: tra cronaca e racconto, i fatti più o meno indimenticabili delle domeniche sportive degli italiani

C’è Hale-Bopp nei cieli nell’estate del 1996: è una cometa, sarebbe visibile a occhio nudo ma figuriamoci, con l’inquinamento luminoso qualcuno resta col naso per aria per qualche minuto, non vede nulla e la liquida a “roba per telescopi”. Non doveva essere una cometa, nella stessa estate, la Nigeria, ma rappresentare la definitiva esplosione del calcio africano, teorizzata da O Rey Pelè solo due anni prima, ai mondiali americani. E sempre dagli Stati Uniti, ma due anni dopo, Oliseh Sunday, per gli amici Mimmo, dice che sì, O Rey ha sbagliato di poco. D’altronde per comete e calcio due anni sono nulla e di questo Mimmo ha anche le prove, due per l’esattezza: una zolla del campo di calcio di Athens, Georgia, nella tasca della tuta e una medaglia al collo, d’oro massiccio.

Sì, perché 25 anni fa la nazionale nigeriana di calcio vinceva l’oro olimpico ad Atlanta: un trionfo totalmente inaspettato. Non che la squadra allenata dall’olandese Bonfrere fosse scarsa, e neppure sottovalutata, questo no: i Mondiali di 2 anni prima avevano insegnato molto in tal senso e la rosa, pur giovane, era tutt’altro che sconosciuta. Celestine Babayaro 18 anni, ma già devastante sulla fascia sinistra con l’Anderlecht, idem Tiani Babangida che di anni ne ha 22 ed è un’ala che già fa sfracelli in Olanda, al Roda, c’è Ikpeba, imprendibile al Monaco, Oliseh che ha già giocato in Italia, alla Reggiana (dove è diventato Mimmo), e soprattutto due gioielli come Nwankwo Kanu, centravanti già campione d’Europa con l’Ajax e appena acquistato dall’Inter di Moratti, e Jay Jay Okocha, che dribbla praticamente tutto ciò che si trova davanti.

Insomma una buona nazionale ma… già, c’è un “ma” che si palesa nelle immagini dei Mondiali di due anni prima: strapotere fisico, buona tecnica, ma zero strategia e parecchia ingenuità e nelle avversarie ben più dotate e smaliziate, su tutte l’Argentina di Javier Zanetti, del Piojo Lopez, di Burrito Ortega, del Cholo Simeone, del Valdanito Crespo. E poi il Brasile che ha dentro Bebeto, Aldair, Rivaldo, Roberto Carlos e dove splende la stella assoluta di Luis Nazario Da Lima, Ronaldinho per l’occasione. Già: non Ronaldo, perché in squadra c’è già Ronaldo Guiaro, difensore che sparirà dai radar di una nazionale in cui comunque è stato Ronaldo per sei gare. Insomma: da pronostico sarà una finale di Copa America, più che di olimpiade.

Però Kanu e compagni vogliono divertirsi, d’altronde il girone non è ostico. C’è il Brasile, sì, ma Giappone e Ungheria non sembrano irresistibili. Infatti da pronostico le Super Aquile battono magiari e asiatici e si fermano col Brasile, con un gol di Ronaldo (quello vero). E non è una gran sorpresa neppure ai quarti che Okocha e Babayaro regalino la vittoria sul Messico. Non è una sorpresa, ma i riflettori sono puntati su quei due attaccanti che si sfidano a suon di gol: Crespo fa doppietta nel 4 a 0 dell’Argentina sulla Spagna, Ronaldo fa lo stesso sul Ghana (che ai gironi aveva eliminato l’Italia).

E tocca proprio Ronaldo, di nuovo, alle Super Eagles in semifinale. Nell’altra l’Argentina supera agevolmente il Portogallo e il quotidiano Olè lancia il guanto di sfida con uno sgradevolissimo titolo Se vengan los macacos, dove il riferimento ai primate, per il giornale, sta bene sia agli odiati brasiliani che ai nigeriani. Robaccia.

Tutt’altro che robaccia è la partita tra Kanu e Ronaldo: i verdeoro arrivano all’80esimo in vantaggio per 3 a 1, coi gol di Flavio Conceicao (doppietta) e Bebeto, e un autogol di Roberto Carlos a tenere a galla i nigeriani. Ma gli uomini di Zagallo si sentono già in semifinale e perdono una palla sanguinosa a centrocampo che arriva a Ikpeba sulla sinistra che fa secco Dida. Il telecronista brasiliano lo sa: “Ora sono 13 minuti di inferno”. E negli Stati Uniti il 13 è un brutto numero, Kanu infatti addomestica una palla sporchissima mettendo fuori causa Dida solo col controllo e da due passi la appoggia in rete per il 3 a 3. È una mazzata per i brasiliani: il golden gol, sempre ad opera di Kanu, arriva come naturale epilogo della sfida, portando i nigeriani alla storica finale.

Di fronte, come detto, l’Argentina: una sfida tra dribblomani, Jay Jay Okocha e Burrito Ortega, una sfida tra centravanti diversi, Kanu e Crespo, una sfida tra la tradizione e gli emergenti. La Seleccion passa subito col Piojo Lopez, ma poi Babayaro pareggia su calcio d’angolo. Collina è generoso quando Ortega, sfiorato dall’avversario, va giù e dà un rigore che Crespo trasforma riportando l’Argentina in vantaggio. Ma le Super Eagles non sono quelle di due anni prima: di Yekini appeso alla rete e del palleggio a centrocampo, e ci provano ancora e ancora, fin quando Amokachi pareggia con un pallonetto e Amuneke, probabilmente in fuorigioco, regala il vantaggio, la vittoria e un oro storico alla Nigeria, oltre che una zolla di campo a Mimmo Oliseh.

Dopo? Le giovani super aquile non hanno mantenuto le attese nel mondiale del 1998 e nell’olimpiade successiva, a Sidney, il Camerun di Eto’o ha tolto il primato di unica squadra africana vincente a Kanu e compagni. Almeno per ora: un po’ come Hale-Bopp, difficile prevedere quanto sarà luminosa, quando passerà.