Un ennesimo allarme dagli esperti di tutto il mondo sul clima che cambia. Con la netta sensazione che, anche questa volta, rimarrà inascoltato o sottovalutato. Gli scienziati hanno evidenziato segnali sempre più evidenti sul collasso della Corrente del Golfo, uno dei principali regolatori del clima sul nostro pianeta.

Secondo le ultime ricerche, si è registrata nel corso dell’ultimo secolo una quasi completa perdita di stabilità delle correnti, denominata Atlantic meridional overturning circulation (Amoc). Fatto molto critico, sapendo che le correnti sono già oggi al loro punto di minimo negli ultimi 1.600 anni e che nuove analisi mostrano che siamo vicini al collasso del sistema climatico. Tale evento avrebbe conseguenze catastrofiche in tutto il mondo: con lo sconvolgimento del regime delle piogge verrebbe compromessa la produzione alimentare e sarebbe messa a rischio la vita di miliardi di persone, in particolare in India, Sud America e Africa occidentale.

L’aumento degli uragani e l’abbassamento delle temperature in Europa provocherebbe un innalzamento del livello del mare al largo del nord America orientale e metterebbe in pericolo la foresta pluviale amazzonica, oltre alle calotte glaciali antartiche. Uno sconvolgimento climatico paventato da tanto tempo e che adesso è sempre più vicino, anche se facciamo finta di non capire, oppure di credere a finte soluzioni, quali ad esempio il Carbon capture and storage (Ccs), che in sostanza significa catturare le emissioni climalteranti in uscita dalle ciminiere e stoccarle da qualche parte sotto terra: tecnologia non semplice da attuare e da gestire, soprattutto in paesi come l’Italia che, a livello governativo, continua a dimostrare scarsa sensibilità sui temi ambientali.

Quindi, se da una parte è difficile prevedere con esattezza la data del futuro collasso, sappiamo per certo che esso avverrà, anzi per molti aspetti è già in atto e i segnali sono sempre più evidenti, come ricorda Niklas Boers dell’Istituto per la ricerca sull’impatto climatico a Potsdam per il quale i segni di destabilizzazione sono già visibili e dovrebbero preoccuparci seriamente. La soluzione è semplice: mantenere le emissioni al livello minimo possibile, ma secondo quanto indicato dagli scienziati e non dall’Eni o dalle altre compagnie energetiche fossili.

Ogni giorno di ritardo nell’affrontare seriamente il problema mette a rischio la qualità della nostra futura esistenza. C’è sempre maggiore preoccupazione sui potenziali cambiamenti del clima e i ricercatori ci ammoniscono che il ghiaccio della Groenlandia è sull’orlo del baratro, minacciando un aumento del livello dei mari difficile da gestire. Come se non bastasse, altre ricerche mostrano che la foresta amazzonica sta ora emettendo più anidride carbonica di quanta non ne assorba e che l’ondata di calore siberiana ha rilasciato quantità di metano veramente preoccupanti.

L’ultimo rapporto dell’Ipcc (Climate Change 2021: the Physical Science Basis), pubblicato proprio in questi giorni, certifica il peggioramento della crisi climatica. Il cambiamento (declino) dell’Amoc nelle ultime decadi può essere associato ad una quasi completa perdita di stabilità nel corso dell’ultimo secolo, avvicinandoci sempre più ad un livello di transizione molto critico. Altri scienziati, anche non coinvolti nella ricerca, hanno evidenziato che sebbene sia difficile prevedere i tempi esatti del possibile collasso, le analisi sono chiare, così come il trend, sottolineando che l’Amoc ha già perso stabilità e questo è un segnale da tenere in considerazione e che ci fa capire, o ci dovrebbe far capire, che il tempo a disposizione per agire è sempre meno.

Gli scienziati sono fondamentali per cercare di prevedere e poi prevenire potenziali disastri. Finora non è andata bene e già nell’ambito della stessa generazione notiamo cambiamenti che prima avvenivano con tempi assai più lunghi. Le conseguenze le stiamo subendo tutti e tutti devono agire, al di là della responsabilità oggettiva. Dobbiamo sentirci tutti responsabili e, in effetti, in qualità di consumatori, lo siamo. Chi più, chi meno, ma tutti.

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