di Andrea Giambartolomei

Senza i diritti per trasmettere tutte le Olimpiadi sfruttando i suoi canali, la Rai è stata in grado di compiere un piccolo miracolo. Da semplice spettatore, mi auguro possa tracciare una linea da seguire in un paese in cui di sport si parla sempre al singolare e significa sempre e solo calcio, come ci hanno dimostrato molti quotidiani sportivi anche ieri, dedicando le loro aperture alle solite notizie di calciomercato.

Faccio parte di quella marea di appassionati che, dopo le prime levatacce mattutine rese inutili da dirette a singhiozzo su Raidue, ha speso meno di 10 euro per un abbonamento di un mese a Discovery+: ho avuto così modo di seguire tutte le partite del mio sport preferito e anche altre discipline, in diretta o in differita.

Tuttavia la sera il pollice finiva sul secondo tasto del telecomando per seguire i programmi di Raidue, a cominciare dal preserale “Best of Tokyo” condotto da Jacopo Volpi, con Julio Velasco e Fiona May in studio a commentare. La possibilità di ascoltare Velasco, con la sua saggezza, per me appassionato di pallavolo valeva tutto. Superato lo scoglio del Tg2 delle 20.30, il Tg Salvini, arrivava poi “Il Circolo degli anelli” che mi ha subito conquistato quando ho visto che a condurre c’era l’eccezionale Alessandra De Stefano, la cui bravura (ahimè) ho scoperto soltanto al Giro di quest’anno, molto tardi.

Una trasmissione fatta da gente competente, grandi campioni tra i quali Yuri Chechi e Sara Simeoni, autentica scoperta televisiva. Oltre alla competenza, c’era poi quell’allegria naturale e quella franchezza che si crea in un gruppo di amici, con la possibilità di fare critiche senza cattiveria (riconoscendo le difficoltà e gli sforzi che ci sono dietro la partecipazione ai giochi olimpici), di accettarle e di discuterle, e anche la possibilità di parlare di temi delicati: psiche, integrazione, omosessualità e anche cicli mestruali.

Commuoversi poi di fronte alle vittorie o alle storie di sacrifici e passione degli atleti e delle atlete non era tabù, come hanno mostrato Simeoni e Chechi, che di medaglie ne hanno vinte. “Serietà, competenza e leggerezza”, sono le tre qualità che Adriano Panatta ha riconosciuto al Circolo degli anelli.

Lascerei ad alcuni parlamentari il compito di indagare perché la tv di Stato non abbia comprato tutti i diritti per Tokyo 2020 (è il mercato, guardare le Olimpiadi gratis non è un diritto primario dei cittadini e trasmetterle non è un dovere dello Stato).

Riconosciamo lo sforzo apprezzabile per colmare il divario. La Rai ha sfruttato il suo bagaglio di risorse umane, con i suoi telecronisti e giornalisti esperti come Franco Bragagna in primis, Donatella Scarnati, Francesco Pancalli, Auro Bulbarelli, Elisabetta Caporale e gli altri professionisti ammirabili, un patrimonio da valorizzare. Su Twitter, il giornalista Ferdinando Cotugno ha lanciato un’idea alla Rai, quella di far realizzare dei podcast sportivi a Bragagna: “Fai di lui l’Alessandro Barbero dell’atletica leggera”. Concordo. E rilancio.

Di fronte a un campionato di calcio a spezzatino e alla prospettiva che prima o poi nessuna partita di serie A si giocherà in contemporanea alle altre, una trasmissione come “Quelli che il calcio”, la domenica pomeriggio, si svuota di quello che dovrebbe essere il tuo tema principale, colmando i tempi con sketch talvolta imbarazzanti e alcuni rari collegamenti dedicati ad altri sport. Perché non recuperare allora Sara Simeoni, Yuri Chechi, Domenico Fioravanti, Elisa Di Francisca e tutti quei telecronisti solitamente “relegati” a orari improbabili o a canali tematici per continuare a raccontare sport, vittorie e anche sconfitte, gioie, sudore e dolori di chi pratica discipline olimpiche? Ricordando che, oltre al calcio, c’è un patrimonio di storie, di medaglie e anche di opportunità enormi: d’altronde fino a pochi anni fa Lorenzo Patta, oro nella staffetta 4×100 con Marcell Jacobs, Filippo Tortu e Fausto Desolu, rincorreva un pallone e non pensava a una medaglia a Tokyo.

Sono certo che alcune leghe, ad esempio quella del basket e quella della pallavolo, potrebbero anche prendere in considerazione l’ipotesi di anticipare una partita domenicale se ci fossero collegamenti e interviste a bordo campo in una trasmissione storica. I cosiddetti sport minori hanno sete di visibilità e pubblico, soprattutto dopo due stagioni di palazzetti e stadi chiusi. Perché non seguire il cammino degli atleti che aspirano a qualificarsi per i prossimi giochi? Quante storie come quella di Vito Dell’Aquila, Lucilla Boari o Irma Testa ci sono? Quante palestre come quella del maestro Lucio Zurlo a Torre Annunziata hanno bisogno di essere raccontate e valorizzate, come hanno fatto notare Alessandra De Stefano&Co. domenica sera?

Non dimentichiamo poi gli atleti e le atlete paralimpici. Tutte storie e persone che andrebbero raccontate con cura e passione, non nei ritagli tra una gag e un collegamento col vip di turno allo stadio. “Serietà, competenza e leggerezza”. Rai, pensaci: non c’è niente da perdere. È un podio facile facile. E Parigi è molto vicina.

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