Ora il comunicato rischia di essere fastidiosamente ridondante. Giusto qualche riga di inchiostro nero per annunciare quello che tutti sanno già da qualche giorno. Lionel Messi sarà a breve un giocatore del Psg. Andate in pace, amen. Al resto ci penserà il tempo. Le sue lacrime per l’addio al Barça lasceranno presto spazio ai sorrisi. I suoi rimpianti si trasformeranno in nuovi sogni di gloria. D’altra parte non poteva finire diversamente. Perché il club parigino è l’unico in grado di potersi permettere quell’ingaggio. Trenta milioni netti a stagione. Un’enormità. Soprattutto dopo che la seconda estate di pandemia ha scarnificato i bilanci di quasi tutte le società sportive. Un buco nero che potrebbe ingoiare fino a nove miliardi di euro, che potrebbe far evaporare un terzo degli introiti dell’azienda calcio. I grandi club sono entrati in una nuova dimensione fatta di rose ingolfate, di esuberi incedibili perché ostaggio di contratti mostre, di occasioni da spacciare per affari, di rinnovi complicati. E quasi tutti hanno dovuto accettare sacrifici dolorosi. Al Psg, invece, è bastato sedersi sulla riva del fiume per veder passare i suoi rivali esangui. Senza dover neanche attendere troppo.
Con un cinismo senza precedenti ha accolto i parametri zero Donnarumma (9 milioni netti l’anno), Sergio Ramos (15 milioni più bonus), Wijnaldum (10), Messi (30). Senza dimenticare l’acquisto di Hakimi, arrivato a Parigi per 60 milioni grazie ai problemi finanziari dell’Inter. Mentre tutta Europa era costretta a tagliare, a ridimensionare, a convocare conferenze stampa di addio, a cercare una via che portasse alla tanto vagheggiata “sostenibilità”, in poco più di un mese i parigini hanno impiombato il proprio monte ingaggi con altri 72 milioni di euro. Netti. Che al lordo fanno praticamente il doppio. Ora il Psg spende 572 milioni di euro l’anno per gli stipendi dei suoi giocatori. Significa 141 in più del Real Madrid, 258 in più di Manchester City e Bayern Monaco, 336 in più della Juventus, 472 in più del Lille, che nella passata stagione era riuscito addirittura a strappare ai parigini il titolo di campione di Francia. O, se preferite, quanto tutta la Serie A senza le cinque squadre più pingui (Juventus, Inter, Milan, Roma e Napoli). È il superamento dell’idea di Super Lega.
D’altra parte il club di Al-Khelaifi è stato uno dei più convinti oppositori della nuova coppa sovranazionale. “Il Psg ha la ferma convinzione che il calcio sia uno sport per tutti“, aveva detto il patron dei parigini. Tutto giusto. Tutto ineccepibile. Tutto vero. Se non fosse per un piccolo dettaglio. Perché sfruttando quei buchi di bilancio che i dodici “fondatori” speravano di ripianare con la Super Lega, i francesi sono riusciti a costruire un’entità che travalica il concetto di squadra. Un occhio di Sauron che ha vegliato malevolo sul mercato internazionale elevando a sistema il concetto di mors tua vita mea. È l’accumulo applicato al calcio, un campione incastrato accanto all’altro, un fenomeno sovrapposto all’altro, al di là delle effettive necessità tecniche. Poi toccherà a Pochettino (o a qualsiasi altro allenatore) trovare un’idea sensata per mandarli in campo tutti assieme. La panchina non è più dannazione eterna, ma purgatorio momentaneo, incidente di percorso. Perché non esistono riserve quando in squadra hai solo campioni.
Harlem Globetrotters ma in una dimensione competitiva, il Psg sta fagocitando l’alea, sta annacquando il concetto di impresa sportiva. Vincere la Champions League non è più anelito, ma condanna. Per anni il club ha preso le sembianze di Sisifo. La coppa con le orecchie come masso da caricarsi sulla schiena, come fardello da trasportare in cima alla montagna. Solo che quando arrivava a un passo dalla vetta, ecco che quel peso rotolava giù a valle. Ancora. E ancora. E ancora. Adesso il trofeo non deve più sfuggire di mano. Soprattutto nell’anno che porta ai Mondiali in Qatar. Solo che quando i dollari si sostituiscono alle idee, il racconto perde tutta la sua epica. Resta la cronaca. Perché quando una squadra incredibilmente più forte delle altre è costretta a vincere, ci possono essere solo imprese al contrario. Non più calcio, ma calcio da videogame, dove si porta a termine una campagna acquisti con budget pornografici e poi ci si interroga su quanto sia effettivamente realistica la partita. E ci si sente anche un po’ in colpa.
Non c’è club al mondo che non abbia conquistato il suo blasone grazie al denaro (e alla politica). Real Madrid, Barcellona, Juventus, Milan, Inter, Manchester United, Manchester City, Bayern Monaco. Ma nessuno lo ha mai fatto in questo modo. Il Psg è andato oltre la costruzione per sottrazione berlusconiana, quando gli acquisti rafforzavano il Diavolo e indebolivano contemporaneamente le avversarie. Ha superato la logica dei galacticos, del colpo annuale da cento milioni, della prelazione sui nuovi fenomeni ottenuta per diritto divino. L’obiettivo è il monopolio, l’ammasso di successi. E lo sta ottenendo in maniera quasi volgare. Per le cifre spese, per le modalità di chiusura degli affari. Nell’agosto del 2017 l’acquisto di Mbappé era diventato qualcosa di molto simile a una barzelletta. Prestito con diritto di riscatto a 180 milioni di euro. Di più non si poteva fare, perché poco prima era stato chiuso l’affare Neymar. Per 251 milioni. E il fatto che un club storico come il Monaco abbia accettato un pagherò per un giocatore destinato a diventare il più forte del pianeta la dice lunga sul potere effettivo del Psg.
Da allora il divario si è addirittura allargato. La difficoltà dei broadcaster di onorare gli accordi sui diritti tv sta mettendo a rischio la sopravvivenza di diversi club transalpini. Non dei parigini, che invece hanno messo insieme una rosa che vale più di un miliardo di euro. Esattamente quanto le altre quattro grandi della Ligue 1. Ma tutte insieme (Lille 270, Lione 326, Olympique Marsiglia 257 e 388). Dopo Hakimi, il secondo colpo più costoso di tutto il mercato francese è stato Gerson al Marsiglia. Per 25 milioni di euro. Gli altri hanno dovuto dare nuovo senso alla parola oculatezza. Il popolo ha fame. Che mangino brioche. Il Psg non è più il pesce grande nello stagno piccolo. È la dimostrazione che il Fair Play non ha fallito, ma è diventato concausa di questa concentrazione di potere. Il calcio del popolo è stata un’illusione sbandierata per far naufragare la Super Lega. Ma ora è chiaro che servono risposte chiare, nette e impossibili da aggirare se si vuole mantenere alta la competitività di questo sport. Il salary cap potrebbe essere una soluzione. Ma ci vorrà tempo. Intanto i parigini sono i favoriti per alzare al cielo quella coppa che inseguono da anni. Un successo che avrebbe il sapore della liberazione. Per loro. Ma soprattutto per gli altri.
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Al Psg è bastato sedersi sulla riva del fiume per accumulare campioni
I francesi sono riusciti a costruire un’entità che travalica il concetto di squadra. Un occhio di Sauron che ha vegliato malevolo sul mercato internazionale elevando a sistema il concetto di mors tua vita mea. Non più calcio, ma calcio da videogame, dove si porta a termine una campagna acquisti con budget pornografici e poi ci si interroga su quanto sia effettivamente realistica la partita
Ora il comunicato rischia di essere fastidiosamente ridondante. Giusto qualche riga di inchiostro nero per annunciare quello che tutti sanno già da qualche giorno. Lionel Messi sarà a breve un giocatore del Psg. Andate in pace, amen. Al resto ci penserà il tempo. Le sue lacrime per l’addio al Barça lasceranno presto spazio ai sorrisi. I suoi rimpianti si trasformeranno in nuovi sogni di gloria. D’altra parte non poteva finire diversamente. Perché il club parigino è l’unico in grado di potersi permettere quell’ingaggio. Trenta milioni netti a stagione. Un’enormità. Soprattutto dopo che la seconda estate di pandemia ha scarnificato i bilanci di quasi tutte le società sportive. Un buco nero che potrebbe ingoiare fino a nove miliardi di euro, che potrebbe far evaporare un terzo degli introiti dell’azienda calcio. I grandi club sono entrati in una nuova dimensione fatta di rose ingolfate, di esuberi incedibili perché ostaggio di contratti mostre, di occasioni da spacciare per affari, di rinnovi complicati. E quasi tutti hanno dovuto accettare sacrifici dolorosi. Al Psg, invece, è bastato sedersi sulla riva del fiume per veder passare i suoi rivali esangui. Senza dover neanche attendere troppo.
Con un cinismo senza precedenti ha accolto i parametri zero Donnarumma (9 milioni netti l’anno), Sergio Ramos (15 milioni più bonus), Wijnaldum (10), Messi (30). Senza dimenticare l’acquisto di Hakimi, arrivato a Parigi per 60 milioni grazie ai problemi finanziari dell’Inter. Mentre tutta Europa era costretta a tagliare, a ridimensionare, a convocare conferenze stampa di addio, a cercare una via che portasse alla tanto vagheggiata “sostenibilità”, in poco più di un mese i parigini hanno impiombato il proprio monte ingaggi con altri 72 milioni di euro. Netti. Che al lordo fanno praticamente il doppio. Ora il Psg spende 572 milioni di euro l’anno per gli stipendi dei suoi giocatori. Significa 141 in più del Real Madrid, 258 in più di Manchester City e Bayern Monaco, 336 in più della Juventus, 472 in più del Lille, che nella passata stagione era riuscito addirittura a strappare ai parigini il titolo di campione di Francia. O, se preferite, quanto tutta la Serie A senza le cinque squadre più pingui (Juventus, Inter, Milan, Roma e Napoli). È il superamento dell’idea di Super Lega.
D’altra parte il club di Al-Khelaifi è stato uno dei più convinti oppositori della nuova coppa sovranazionale. “Il Psg ha la ferma convinzione che il calcio sia uno sport per tutti“, aveva detto il patron dei parigini. Tutto giusto. Tutto ineccepibile. Tutto vero. Se non fosse per un piccolo dettaglio. Perché sfruttando quei buchi di bilancio che i dodici “fondatori” speravano di ripianare con la Super Lega, i francesi sono riusciti a costruire un’entità che travalica il concetto di squadra. Un occhio di Sauron che ha vegliato malevolo sul mercato internazionale elevando a sistema il concetto di mors tua vita mea. È l’accumulo applicato al calcio, un campione incastrato accanto all’altro, un fenomeno sovrapposto all’altro, al di là delle effettive necessità tecniche. Poi toccherà a Pochettino (o a qualsiasi altro allenatore) trovare un’idea sensata per mandarli in campo tutti assieme. La panchina non è più dannazione eterna, ma purgatorio momentaneo, incidente di percorso. Perché non esistono riserve quando in squadra hai solo campioni.
Harlem Globetrotters ma in una dimensione competitiva, il Psg sta fagocitando l’alea, sta annacquando il concetto di impresa sportiva. Vincere la Champions League non è più anelito, ma condanna. Per anni il club ha preso le sembianze di Sisifo. La coppa con le orecchie come masso da caricarsi sulla schiena, come fardello da trasportare in cima alla montagna. Solo che quando arrivava a un passo dalla vetta, ecco che quel peso rotolava giù a valle. Ancora. E ancora. E ancora. Adesso il trofeo non deve più sfuggire di mano. Soprattutto nell’anno che porta ai Mondiali in Qatar. Solo che quando i dollari si sostituiscono alle idee, il racconto perde tutta la sua epica. Resta la cronaca. Perché quando una squadra incredibilmente più forte delle altre è costretta a vincere, ci possono essere solo imprese al contrario. Non più calcio, ma calcio da videogame, dove si porta a termine una campagna acquisti con budget pornografici e poi ci si interroga su quanto sia effettivamente realistica la partita. E ci si sente anche un po’ in colpa.
Non c’è club al mondo che non abbia conquistato il suo blasone grazie al denaro (e alla politica). Real Madrid, Barcellona, Juventus, Milan, Inter, Manchester United, Manchester City, Bayern Monaco. Ma nessuno lo ha mai fatto in questo modo. Il Psg è andato oltre la costruzione per sottrazione berlusconiana, quando gli acquisti rafforzavano il Diavolo e indebolivano contemporaneamente le avversarie. Ha superato la logica dei galacticos, del colpo annuale da cento milioni, della prelazione sui nuovi fenomeni ottenuta per diritto divino. L’obiettivo è il monopolio, l’ammasso di successi. E lo sta ottenendo in maniera quasi volgare. Per le cifre spese, per le modalità di chiusura degli affari. Nell’agosto del 2017 l’acquisto di Mbappé era diventato qualcosa di molto simile a una barzelletta. Prestito con diritto di riscatto a 180 milioni di euro. Di più non si poteva fare, perché poco prima era stato chiuso l’affare Neymar. Per 251 milioni. E il fatto che un club storico come il Monaco abbia accettato un pagherò per un giocatore destinato a diventare il più forte del pianeta la dice lunga sul potere effettivo del Psg.
Da allora il divario si è addirittura allargato. La difficoltà dei broadcaster di onorare gli accordi sui diritti tv sta mettendo a rischio la sopravvivenza di diversi club transalpini. Non dei parigini, che invece hanno messo insieme una rosa che vale più di un miliardo di euro. Esattamente quanto le altre quattro grandi della Ligue 1. Ma tutte insieme (Lille 270, Lione 326, Olympique Marsiglia 257 e 388). Dopo Hakimi, il secondo colpo più costoso di tutto il mercato francese è stato Gerson al Marsiglia. Per 25 milioni di euro. Gli altri hanno dovuto dare nuovo senso alla parola oculatezza. Il popolo ha fame. Che mangino brioche. Il Psg non è più il pesce grande nello stagno piccolo. È la dimostrazione che il Fair Play non ha fallito, ma è diventato concausa di questa concentrazione di potere. Il calcio del popolo è stata un’illusione sbandierata per far naufragare la Super Lega. Ma ora è chiaro che servono risposte chiare, nette e impossibili da aggirare se si vuole mantenere alta la competitività di questo sport. Il salary cap potrebbe essere una soluzione. Ma ci vorrà tempo. Intanto i parigini sono i favoriti per alzare al cielo quella coppa che inseguono da anni. Un successo che avrebbe il sapore della liberazione. Per loro. Ma soprattutto per gli altri.
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Islamabad, 21 dic. (Adnkronos/Afp) - Sedici soldati sono stati uccisi e cinque gravemente feriti in un attacco a una base militare pachistana vicino al confine con l'Afghanistan. Lo hanno riferito fonti di intelligence all'Afp. Nella notte tra ieri e oggi, “più di 30 combattenti hanno attaccato una postazione militare” nella regione di Makeen, nella provincia di Khyber-Pakhtunkhwa”, ha dichiarato un alto funzionario dell'intelligence.
L'attacco, durato due ore, è avvenuto in una zona montuosa a circa 40 chilometri dal confine afghano, secondo la fonte, che ha detto che i combattenti hanno bruciato documenti, apparecchiature di comunicazione e altri oggetti. I talebani pachistani hanno rivendicato l'attacco, affermando in un comunicato che si trattava di "una ritorsione per il martirio degli alti comandanti".
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - La Gazzetta del Sud avrà un nuovo direttore, Nino Rizzo Nervo. Subentrerà, dal 30 dicembre, ad Alessandro Notarstefano che lascia la direzione del quotidiano edito dalla Società Editrice Sud Spa dopo 12 anni e mezzo di intenso proficuo lavoro. Si tratta di un ritorno per Rizzo Nervo, che proprio alla Gazzetta del Sud ebbe il suo primo contratto, da praticante giornalista. Laureato in Scienze politiche all’Università di Messina, nella sua lunga carriera giornalistica è stato direttore della Testata Giornalistica Regionale della Rai, del Tg3, del TgLa7 e del quotidiano Europa. E’ stato membro del Consiglio di amministrazione della Rai per 7 anni, per poi diventare presidente della Scuola di Giornalismo radiotelevisivo di Perugia. Nel biennio 2017/2018 ha ricoperto, durante il governo Gentiloni, il ruolo di Vice segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri con delega sull’area della comunicazione e dell’informazione. Il presidente e direttore editoriale della SES Spa (che edita anche il Giornale di Sicilia), Lino Morgante, ha espresso profonda gratitudine al direttore Notarstefano per il lavoro svolto e augurato buon lavoro a Nino Rizzo Nervo.
Mosca, 21 dic. (Adnkronos) - Le difese aeree russe hanno abbattuto nella notte 19 droni nei cieli di quattro regioni russe. Lo ha riferito il ministero della Difesa di Mosca, precisando che "i tentativi del 'regime' di Kiev di condurre attacchi terroristici contro strutture sul suolo russo utilizzando Uav ad ala fissa sono stati sventati. Le forze di difesa aerea in servizio hanno distrutto 19 veicoli aerei senza pilota ucraini, tra cui nove sulla regione di Belgorod, cinque sulla regione di Voronezh, tre sul Mar Nero, uno sulla regione di Kursk e uno sulla regione di Krasnodar".
Berlino, 21 dic. (Adnkronos) - Il sospettato saudita dell'attentato di ieri sera contro un mercatino di Natale a Magdeburgo, in Germania, è un attivista anti-Islam che aveva condiviso contenuti pro-Israele sui social media in seguito agli attacchi del 7 ottobre. Lo riporta il Wall Street Journal.
Secondo il quotidiano, l'uomo gestiva un sito web e canali di social media in cui metteva in guardia contro l'Islam e discuteva dei diritti delle donne. Avrebbe inoltre mostrato sostegno al partito tedesco di estrema destra anti-immigrazione Afd.
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - Una donna di 40 anni è morta in un incidente stradale avvenuto la notte scorsa tra gli svincoli autostradali di Giostra e Boccetta, sull'autostrada A20 Palermo-Messina. L'incidente è avvenuto all'altezza del Torrente Trapani, al chilometro 10+800. L'auto sarebbe uscita all'improvviso fuori strada e si sarebbe ribaltata finendo su un terrapieno accanto al guardrail. A bordo c'erano altre due persone rimaste ferite. La donna è morta sul colpo.
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - “Le sentenze di assoluzione di Renzi e Salvini sono la riprova, semmai ce ne fosse bisogno considerando i quotidiani esiti dei processi in tutti i tribunali d’Italia, che le decisioni dei giudici non sono influenzate dalla comunanza di carriera coi pubblici ministeri”. Così il magistrato Gaetano Bono, sostituito procuratore generale a Caltanissetta. “Un buon auspicio natalizio mi porterebbe a sperare che tali decisioni inducessero il legislatore a rivedere l’impianto della riforma sulla separazione delle carriere che, nella sua attuale formulazione in discussione alla Camera, non risolverebbe alcun problema della giustizia, men che meno l’asserita mancanza di terzietà del giudice. Purtroppo, però – continua il Pg Bono – che nel libro “Meglio separate” edito da Le lettere, ha indicato quelle che, a suo avviso, sarebbero le condizioni imprescindibili per potere realizzare una separazione delle carriere rispettosa dell’indipendenza della magistratura, oltre che utile per un miglioramento del sistema giudiziario – è speranza vana, visto che finora il legislatore si è dimostrato indifferente ai rilievi critici, provenienti in special modo dalla magistratura, proseguendo su un percorso che porterà a una riforma non solo inutile, ma dannosa in quanto indebolirà l’azione della magistratura requirente e giudicante e altererà l’equilibrio tra i poteri dello Stato in favore di quello esecutivo, senza nemmeno apportare alcun beneficio in termini di efficienza delle indagini, garanzie difensive, durata dei processi e accertamento della verità processuale".
"Eppure ci sarebbe il modo per raggiungere tali risultati, ma occorrerebbe intervenire non solo e non tanto sulla separazione delle carriere, che in quest’ottica diverrebbe un mero tassello di un ben più completo e generale intervento di riforma, quanto piuttosto sull’ammodernamento del sistema penale – sostanziale e processuale – che dovrebbe portare a meno reati e meno processi, a una maggiore specializzazione professionale dei magistrati, a una migliore esplicazione del ruolo della difesa di imputati e parti civili, alla revisione della geografia giudiziaria con la chiusura dei tribunali e delle procure di piccole dimensioni, alla velocizzazione dei giudizi, eccetera. Epperò sarebbe imprescindibile che siffatta riforma avvenisse preservando tutte le garanzie di autonomia e indipendenza che i padri costituenti hanno ritenuto di assicurare alla magistratura e che non servono a tutelare i magistrati, ma la funzione giudiziaria e dunque i diritti delle persone”.
Kiev, 21 dic. (Adnkronos) - La Russia ha perso 772.280 soldati in Ucraina dall'inizio della guerra, il 24 febbraio 2022. Lo ha riferito lo Stato maggiore delle forze armate ucraine, aggiungendo che nella cifra sono incluse le 1.860 vittime subite dalle forze russe nell'ultimo giorno.
Secondo il rapporto, la Russia ha perso anche 9.594 carri armati, 19.841 veicoli corazzati da combattimento, 31.891 veicoli e serbatoi di carburante, 21.252 sistemi di artiglieria, 1.256 sistemi di lancio di razzi multipli, 1.027 sistemi di difesa aerea, 369 aerei, 329 elicotteri, 20.685 droni, 28 imbarcazioni e un sottomarino.